Esce il 20 aprile, appositamente in concomitanza con il Record Store Day, lo split 12 pollici tra i toscani Chambers e gli emiliani The Death Of Anna Karina.
Andrea e Andrea, rispettivamente cantante e cantante di Chambers e The Death Of Anna Karina. Ognuno dei due fa cinque domande all’altro, ognuno dei due risponde a cinque domande. Lo split da oggi è ascoltabile in streaming e scaricabile gratis.
Andrea \ Chambers domanda, Andrea \ TDOAK risponde:
1 – Ciao Andrea, com’è tornare a cantare dopo tanto tempo (Mourn, giusto?)
Ti ci sei ritrovato un pò per caso o se non fosse stato con Anna K lo avresti rifatto comunque? Mai pensato che gli anni che compiamo e le scelte che facciamo ci raccontino qualcosa?
Sì, ho cantato nei Mourn. E pure nei Mindless Collision. E non per ultimo il progetto grind-core Egotismo… Non ho mai creduto al caso. Piuttosto credo ci siano legami inossidabili che nella giusta commistione d’idee ed intenti si rinforzano risorgendo come un’araba fenice dalle ceneri di tortuosi percorsi e lunghe assenze. Ritornare a cantare per me è stata unʼesperienza durissima, soprattutto a livello mentale. Difatti
per quasi nove anni sono rimasto intrappolato in una sorta d’impasse esistenziale, una situazione di stallo che si è improvvisamente mutuata nell’avvento di una primavera condivisa con persone che ho sempre stimato: sia sul piano umano che su quello musicale. In realtà non ho mai abbandonato del tutto lʼidea di suonare, ma non riuscivo a trovare lo stimolo giusto per ripartire. Poi un giorno mi chiama Adriano, il mio ex batterista, dicendomi che ha urgenza di parlarmi: devi assolutamente farmi ascoltare un disco: “Lacrima/Pantera”. La cosa buffa è che i
ragazzi mi hanno contattato esattamente una settimana dopo che io avevo acquistato una nuova chitarra. Dunque, non potevo tirarmi indietro!
Abbiamo fatto un paio di prove, e poi ci siamo guardati in faccia dicendo: “ok, andiamo”?
2 – Diamo per assodato che, nell’ambito musicale nel quale “cammini”, qualcosa sia inevitabilmente cambiato in questi anni. Ritrovi situazioni\persone\luoghi della tua esperienza precedente o vedi le cose come prevalentemente scisse dal passato? E la politica, in tutto ciò, in che casella sta?
Inevitabilmente è cambiato. Ma anche no… è la solita storia del tutto cambia e tutto resta uguale in fondo. Sono cambiati I luoghi, le mode il linguaggio e sicuramente lʼaffluenza ai concerti, ma non è ancora cambiato lʼatteggiamento tribale, questo continuo creare micromondi, macrogruppi, improbabili cricche sempre più lontane
dal fare per promuovere chi veramente ha merito contribuendo attivamente ad una reale crescita culturale e sempre troppo vicini al favoritismo finalizzato al ritorno personale. La politica è morta, e la cultura è in rianimazione.
3 – Cantare dopo Giulio, e dopo il suo “peso” all’interno di TDOAK, com’è?
Lacrima/Pantera è un album denso: così vitale e disperato. Devo ammettere che lʼesecuzione live mi sconvolge fisicamente, ogni cellula reclama attenzione e sostegno da parte mia a tal punto da non lasciare molto spazio al resto… Sicuramente allʼinizio del tour ho avvertito la pressione dellʼeredità lasciata da Giulio, e considerata la situazione anomala in cui mi ritrovavo, ossia raccogliere e riproporre un lavoro non mio, direi che ci stava. Sono ormai due anni che siamo in giro. Abbiamo sudato, riso, urlato e srotolato km dal Belgio alla Puglia. Va tutto bene!
4 – La domanda tecnica: come ti avvicini e come operi in ambito “compositivo”? Ed inoltre, tendi a far nascere le voci insieme alla musica o le cose procedono con tempi diversi?
Il processo compositivo non possiede regole, ma segue lʼevolversi dei brani in modo naturale e a tempo debito. Quello che faccio è cercare di essere sempre presente alle prove. In caso contrario mi faccio mandare i pezzi via mail e li ascolto, poi ci confrontiamo e quando siamo convinti che la bozza può iniziare la fase di istogenesi a quel punto mi metto a scrivere istintivamente. Poi lascio decantare ed inizio a sottrarre.
5- Sta per uscire uno split, un formato che forse oggi è in disuso, forse qualcuno manco sa che cosa significhi e che cosa ci sta dietro. Pensi che sia un formato ancora efficace, o che altro? Che cosa ti aspetti da questa release e che significato ha per te?
Credo che sia una soluzione tra le più stimolanti sia per gli esecutori che per il fruitore finale. I primi hanno un terreno fertile per il confronto e lʼeventuale sperimentazione. Mentre i secondi, nel caso conoscano già una delle band hanno modo di scovare senza fatica altre realtà musicali. Personalmente auspico un riuso consistente di questo formato che ho sempre apprezzato molto. Questa release la vedo come un nuovo punto di partenza per entrambe le parti e questa è la cosa più importante… Non mi aspetto nulla di più, a parte volumi alti ed ancora tanto sudore.
Andrea \ TDOAK domanda, Andrea \ Chambers risponde:
1- Chi è Andrea [Cela] Celandroni con e senza i Chambers?
Andrea è un diversamente diciottenne, ingegnere, che ogni tanto ama l’inverno, ogni tanto l’estate, e poi sbuffa tutto l’anno, che in questo periodo è la cosa più facile da fare.
Andrea canta in gruppo, o almeno ci prova. E probabilmente se non cantasse farebbe qualcosa di diverso con però le stesse finalità: divertirsi, esprimersi, comunicare, viaggiare, interagire, e anche blah blah blah. Sempre con la stessa attitudine e sempre con lo stesso tempo da dedicarci. Che spesso non è mai abbastanza.
2- Non passa molto dall’uscita de “La mano sinistra” che già vi ritrovate in studio per registrare nuovi pezzi, sempre in Italiano… com’è andata la gestazione? rapida e indolore?
Rapida no, indolore neppure. No nel senso che più cresci, cioè più che diventi meno giovane, più che il tempo manca. Gli impegni invece non mancan mai, e finisce che il tempo si ruba pure le idee, alle volte.
Dopo anni che più o meno premi sempre sui soliti tasti, tocca di impegnarsi il doppio per ottenere il meglio dai numericamente risicati spunti ispirati che ti si manifestano, perché quello che in certi momenti usciva fuori spontaneo, poi si inceppa perché il tempo si mangia tutto.
Da un lato la gran voglia di non star fermi dopo il disco, tornare in saletta e buttar giù tutto quello che potevamo buttar giù, per non far la muffa; da un lato una dedizione sempre maggiore, perché senza metodo e senza dedizione, a far certe cose, dopo un po’ di anni si muore. Però siamo qua, pezzi nuovi-gente vecchia, siamo carichi.
3- Sappiamo entrambi quanto sia difficile far sposare le melodie dure di stampo anglosassone con l’idioma italiano e di quanto sia sottile il limite fra il ridicolo e l’accettabile… come la vivi?
La vivo benissimo, almeno da un po’ di tempo. Non so se sia perché siamo diventati un paese occidentale con alcuni problemi più consueti ad altri mondi che ha creato una certa empatia con chi si rimbocca le maniche, o perché ho sviluppato un certo affetto incondizionato verso certe sonorità italiche, ma la convinzione di cantare in italiano è ormai piuttosto radicata in me. Cerco di viverla in maniera molto empirica, molto istintiva: riesco ad esprimere certi concetti, giochi di parole, divertissement, come voglio. E poi mi va così, senza farmi troppe domande.
Sorrido per almeno due motivi quando mi sento dire “ah certo, l’italiano va di moda”: un motivo è perché sono italiano, parlo italiano da quando son nato, e stop. Certo, non suoniamo musica tradizionale italiana, ma non trovo niente di inusuale, o di “tendenza” nel cantare in italiano. L’altro non lo dico, umiltà, ma dico solo che è sufficiente dare uno sguardo al passato.
La vivo benone insomma, da qualche tempo mi son detto che se volevo provarci (ancora una volta, visto che 5\6 anni fa già lo feci con il gruppo vecchio nel quale urlavo, i Violent Breakfast, ma in quel caso l’intento era quello di scappare da qualsiasi melodia possibile) dovevo farlo studiandone nel miglior modo possibile metriche, accenti, melodie, grida. E quindi so che il prezzo da pagare, a prescindere da eventuali questioni legate alla conoscenza della teoria e pratica musicale, è il tempo da doverci dedicare: ricercare, adattare, montare e rismontare. Fino a che non ti rendi conto che la cosa gira come vorresti. È un po’ come se il cantare in italiano non ti desse la possibilità di essere approssimativo, a meno che uno non decida di scendere al compromesso con la
pupù. Cantare in italiano paga lo scotto di diventare grottesco quando hai dei testi di merda e\o quando finisci per scimmiottare l’inglese. E poi ci sta pure la fetta “cantato alla Sanremo”, certo, quella non manca mai, la musica indiependente ha mille esempi di questo tipo, il problema è che essi vivono nell’incoscienza, perdonali perché non sanno che cosa fanno. E se lo sanno, allora puniscili. Poi c’è che dal vivo, le cose che facciamo, escono sempre più sporche di come sono, con le chitarre a mille e la batteria suonata come si deve, e questo aiuta di brutto, gli regala amalgama, impasta, ne attutisce una certa spigolosità ed indigeribilità intrinseca.
Quindi sì, il mio cantare è grottesco, non se ne esce.
4- Cosa ne pensi dell’attuale panorama indipendente italiano? Cosa non ti piace maggiormente?
Non mi piace la sovrabbondanza di gruppi “spenti”.
Mi spiego meglio, o almeno ci provo: sembra che ci sia una rinuncia diffusa a far casino, e che si sia scelto di vivere sottovoce. E questa cosa prescinde dal genere che fai, puoi essere moscissimo anche facendo grindcore. Personalmente non mi piace l’italiano che parla a voce altissima, ma è carattere anche quello, c’è poco da fare, “love it or leave it”. Ci stiamo riempendo di gruppi che dureranno 1\2 anni, poi si scioglieranno e faranno qualcosa d’altro, che magari andrà in quel momento. Perchè così hai tutto e subito. Magari ti metti 100 euro in tasca e ti senti il più figo di tutti. E non fa una grinza coi tempi che viviamo, che vanno a settemila all’ora.
Penso che suonare oggi, soprattutto se vuoi finir per suonare in certi ambiti, sia più che mai ancora una scelta “politica”, una scelta dove ti metti in gioco e metti in gioco la credibilità di un contesto sociale. Perchè alla fine tu stai su un palco, la gente ( se va bene ) ti ascolta e ti sei creato una cazzo di opportunità per comunicare qualcosa. Fallo. Vuoi farci capire che non abbiamo speranza? Fallo. Credo che questa santissima crisi si avverta anche in ambito musicale, assolutamente come lo specchio della realtà.
Noi per esempio copiamo i gruppi degli anni ’90, che sono stati degli anni abbastanza orribili. Facciamo cacare infatti (tuttavia cerchiamo di non vestirci con i ciclisti e i colori fluo, a volte ci riesce).
Però forse è sempre meglio che copiare gli anni 2010. Penso all’architettura fascista (ripeto, architettura, e non altro), considerata dal dopoguerra in poi brutta ed indegna, quasi da doversi vergognare a parlarne; pensa poi invece che cazzo son riusciti a fare negli anni ‘50\’60\’70 nelle nostre periferie. Allora cos’è che ci piace davvero? I luoghi dove suonare chiudono, in alternativa sgomberati. La gente si lamenta che la sera non si dorme, che il centro storico è una giungla, ed il rumore, e gli ubriachi. Sembra che siamo destinati a suonare (male) la chitarra sulla spiaggia a ferragosto ed a romperci i coglioni per il resto dei giorni, ascoltando la musica solo su Spotify tipo il noto programma “Sarabanda”. Bene no?
5- Nel maggio del 69 Jim Morrison fa il veggente e dichiara: [fra 4/5 anni la musica sarà tutta elettronica e un unico musicista suonerà dietro un sacco di macchine]…
Mi pare che non sia stato necessario né esser musicista né sian servite un sacco di macchine. Magari sufficiente, quello sì. Per certi versi direi anche “per fortuna”: penso a certa elettronica, ad un certo krautsintetizzato, ed a certe cavalcate wave. Oggi addirittura basta un laptop od un mp3 player per dire che suoni, no?! Sti cazzi, se alla gente gli piace questo e ti riempe il locale, vuoldire che un po’ ce lo meritiamo. E va bene così, perché a 60 anni sarò un dj famosissimo, questo è ovvio. Fortuna che la musica non è tutta elettronica, sai che palle. Personalmente cerco di ascoltarmi poche cose ma bene, e se c’è una cosa che oggi possiam fare è mischiare tante cose, oppure avere questo rock così o questo loop cosà. Quindi Jim, che vedeva certa tecnologia andare in un verso, ha po’ svaccato come suo solito. O forse parlava di noi che stiamo in coda e suoniamo con l’ipad
nell’autoradio? This is the end my friend, grazie milioni. Ah, e a me Jim Morrison sta sul cazzo a priori, quindi non ci provare più.
CHAMBERS / THE DEATH OH ANNA KARINA /
BLINDE PROTEUS / SHOVE / TO LOSE LA TRACK