Dura la vita di chi fa folk nel 2013. Da una parte i puristi ed il loro snobismo, il loro bisogno di sentirsi avvalorati attraverso l´esibizione delle credenziali di artista tormentato ed indigente, e per questo “vero”, da parte di chiunque abbia avuto la bizzarra idea di esprimersi attraverso le sei corde di una chitarra acustica ed i tre accordi di una progressione in C dopo la morte di Woody Guthrie. Dall´altra gli hipsters dell´ultima ora, che passata la sbornia data dalla penultima moda delle camicie a quadri e delle barbe da padri fondatori sono già alla ricerca del prossimo carrozzone da saccheggiare.
Al centro, chi ha deciso di dare l´assalto agli stadi ed alle classifiche di vendita a suon di banjo. Ci stanno riuscendo che piaccia o no, ma a che prezzo? Sono solo canzonette, ma davvero.
A chi sta al di fuori o al di sopra delle parti non resta che accordare la propria chitarra e continuare a raccontare le proprie storie, perché così si è sempre fatto e così sempre si farà. Perché qualcuno lo deve pur fare. E se non lo fa un altro ragazzo armato di tre accordi ed una verità, chi lo fa allora? Prestate orecchio ad artisti come Wes Tirey. Hanno delle storie da raccontare. E le loro storie sono un po’ anche le nostre.