Quando abbiamo saputo alcuni mesi fa dello Spring Attitude Festival, scorrendo con l’indice la lineup, uno dei primi pensieri è stato: per una volta essere a Roma sarà come essere al centro del mondo. La bella rassegna capitolina non ha avuto nulla da invidiare ai festival medio-piccoli che si tengono ogni anno in tutt’ Europa, portando artisti e pubblico all’interno di una location che non ha né il fascino del fango sulle scarpe né quello di una comune sponsorizzata Quechua, ma ti confonde per il contrasto tra il monumentalismo fascista al primo impatto e la scanzonata giocondità per cui eravamo tutti riuniti lì. Qualcuno ci è piaciuto più, qualcuno meno, nessuno ci ha fatto schifo. Ma è sempre bello sintetizzare tutto con una lista di act UP & DOWN e noi non ci siamo certo tirati indietro. Ciao Romolo e Remo, ci vediamo l’anno prossimo.
Venerdì 10/05:
UP
Giraffage
Il migliore del venerdì, djset solido e sognante. Attento alle reazioni della folla, quando vira troppo sul chillato si riprende subito─vedi quando ha messo nella mischia Clockworks di Canblaster per prenderci a schiaffi.
Vince anche il premio invasioni di palco.
xxyyxx
Personalmente, arrivo quando droppa About You e i bassi sembrano far crollare tutto, ma siamo solo all’inizio e l’unica cosa a crollare sono i dubbi sulle sue capacità.
Beat Culture
Mentre nel Main c’è Slow Magic, nella piccola Back Room Beat Culture affascina e ipnotizza. Perfetto nel lanciare la volata per Blackbird Blackbird e il suo set molto dinamico, con spazi dreamy.
NORMALI
Talabot & Pional
Il fatto di suonare dopo quel live di Slow Magic aiuterebbe chiunque, figuriamoci uno con la classe di Talabot. Finisce nella categoria “normali” sia per le troppe pause per ringrazie il pubblico che spezzano il viaggio che lui stesso crea magistralmente, sia per il troppo 80s buttato dentro.
Tensnake
Tra i “normali” finisce anche lui. Fa il compitino, niente di più, niente di meno. Gasa il pubblico alla grande; i volumi altissimi del Main Stage sono la metafora perfetta: quantità più che qualità.
Dusky
L’ossigeno manca nel Main Stage, ma loro picchiano duro ed aprono col mio brano preferito dell’anno scorso, Don’t Go di Justin Martin. Li ho consigliati ad una ragazza che cercava roba pesa, ma non saprò mai se il consiglio sia stato gradito.
DOWN
Slow Magic
Lo si capiva già leggendo le altre due categorie, qui argomento brevemente: live debole con sequenze già registrate e picchiate di tamburo che in un momento di distrazione sembravano preannunciare l’inizio de L’ombelico Del Mondo. Non ci sono dubbi sulla sua qualità come producer e i lavori che trovate on line lo confermano. Un po’ meno su quella da performance.
La sala affianco alla Back Room
Non c’entra nulla con il festival, ma si intromette prepotentemente con una qualità di selecta che ti fanno ringraziare di essere al di là del divisorio.
Le braccia e i gomiti alzati mentre balli
Gomiti Alti è il motto di Digi G’Alessio che mi piace far mio, ma rischi seriamente un occhio o l’incontro ravvicinato con degli odori che vorresti non conoscere mai.
Sabato 11/05:
UP
Disclosure
Impagabili. House e Garage come piace a noi, non hanno sbagliato mezzo passaggio e sono stati bravissimi nel dosare ricerca e successi mainstream (White Noise, Latch) che la gente si aspettava a fine serata di cantare. Mi hanno aperto il cuore quando hanno passato Reverse Skydiving nella versione remix di Shadow Child.
(SCUSATELO SE GLI PIACE L’EFFETTO POSTER)
Gesaffelstein
Qualcuno in redazione, ferito nell’intimo perché il bel francese ha rifiutato di farsi strappare una foto (alla fine è pure brutto, quattr’oss e una siringa di sangue, quanto se la tira? cit.), non l’ha particolarmente apprezzato. Da queste parti abbiamo avuto modo più volte di ascoltarlo e l’unica descrizione che merita è: BOMBE, BOMBE E ANCORA BOMBE. Era così preso bene che si è addirittura sbottonato il secondo bottone della camicia a na certa.
UABOS
Soby strikes again. Dilungarci vorrebbe dire essere di parte e raccontarti quello che già ti raccontiamo ogni venerdì. È riuscito nell’impresa di estorcere una bella fetta di pubblico alle casse di Gesaffelstein, attrazione assoluta della serata contro cui gareggiava in termini di scaletta, e di farla ballare fino alle 5 del mattino. Avete presente il concettualismo con cui Shigeto ha aperto il festival? UABOS ti ha fatto capire esattamente cos’è il suo contrario.
Perseus
C’è gente che s’è ammalata d’amore dopo aver ascoltato Love in Zanzibar. Altri contributor della reda si sono ritirati col tatuaggio della French Express. Quelli che ci sono stati trovano che qualsiasi aggettivo positivo per descrivere il suo set sia imbarazzante rispetto a ciò che le orecchie ricordano.
NORMALI
Esperanza
Si confermano ad ogni concerto uno dei migliori live in Italia. Hanno quella magica capacità di unire analogia e contemporaneità, senza ricercare mode pretestuose a cui appigliarsi, ma semplicemente facendo quello che il cuore suggerisce loro. Un po’ di monotonia sopraggiunta non ce li fa collocare tra gli UP assoluti della rassegna.
Shigeto
Aprire un festival è sempre difficile, soprattutto se è sabato notte e devi far ballare 2000 persone che in queste serate investono un po’ l’entusiasmo di un’intera settimana. Subito dopo AD Bourke, che ci perdiamo perché eravamo a magnà er crumble de mele alla Garbatella, si esibisce l’artista americano dai tratti eurasiatici (i somatismi da cinesi hanno dominato i migliori set del festival, ci hai fatto caso?). Avvolto in una spettrale e fredda luce blu, ci regala un set profondo ed intimista, un warm up che non riscalda ma lentamente eccita.
DOWN
Vondelpark
La band conta tutti validissimi membri, capaci con le loro strumentazioni di ricreare atmosfere invernali e plumbee interrotte da vocal self-made qui e lì. Giudicati da alcuni poco consoni ad aizzare un pubblico ancora appesantito dalla cena con la loro elettronica abissale e concettuale, troviamo che abbiano dato comunque sfoggio di degnissime capacità artistiche. E poi regà, se li avessero piazzati alla fine o peggio ancora in mezzo alla scaletta, o ti facevi le pere o svuotavano la sala.