Dedica
Dedico il disco a una serie incoerente di persone e visioni del mondo, all’energia invisibile e talvolta inquietante che ci fa sentire vivi. Esattamente come il beat di questo pezzo, uno dei miei pattern ritmici preferiti in assoluto.
Ho visto un dio
Piero Umiliani ha gentilmente fornito i campioni che si sentono nel pezzo. Il testo è arrivato spontaneo, volando leggero nella mia testa. Parla di rischio, di coraggio, di allucinazioni, rivelazioni, gioie disperate. Andrea Suriani ha tirato fuori una produzione e un mix che già prima del master avevano una botta pazzesca.
Le cose più rare
Una canzone che parla della morte, del funerale e della sopravvivenza alla morte. È a tratti naif, diretta, ingenua. E non sapevo nemmeno se inserirla nel disco. Ma è la preferita di Carlo dei Drink to me. Quindi eccola qui. Una curiosità: il primo tappeto-loop-campione che si sente all’inizio è contenuto anche in Future Days. Ed è una devastazione de “Il mio canto libero”.
Wittgenstein
Una delle prime che ho abbozzato. Sono rimasto incollato davanti alle casse, in studio, appena ho tagliato quel campione e l’ho messo in loop. Ho costruito il testo in modo da lasciare non dette le cose più importanti. Ogni frase non è completa, si interrompe proprio laddove si potrebbe svelare un senso. Questo senso è accennato, si intuisce, ma non è “violato”. Volevo dire cose grandi e importanti e mi sono reso conto che la mia capacità di esprimerle naufragava, veniva sommersa dalla difficoltà. Poi ho pensato al limite tracciato dal primo Wittgenstein: “Su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”. Non solo: per questo pensatore le cose più importanti della nostra vita cadono tutte al di là di quel limite. A volte si può solo fermarsi a guardare, in silenzio. Regalare uno sguardo o stringere una mano. Oppure chiudere gli occhi e lasciarsi cadere. O ridere o urlare o lanciare qualcosa per aria. O piangere. O sputare. O agire senza spiegare. Energia insomma. O tentare di scriverci una canzone con un testo zoppicante.
Numeri e parole
Un altro pezzo che si avvicina al problema dell’inesprimibilità. Il mio amico Giacomo Laser (Gioacchino Turù), che ha anche curato le grafiche del disco, un giorno mi ha detto che avrebbe voluto dare un nuovo nome alle cose. Questa cosa mi ha colpito. Per capire, per capirmi, avrei proprio voluto farlo. I campioni sono, non a caso, di un brano di Perotinus cantato dall’Hilliard Ensemble. Un pezzo su cui ho versato qualche lacrima.
Ecco la felicità
Il testo più esplicito di tutto il disco, non ha bisogno di spiegazioni. È nato da un’improvvisazione che iniziava con la tastiera che a tentoni cercava le note giuste. Mi piaceva così tanto l’idea che ho chiesto ad Andrea Suriani, il quale ha suonato parecchie parti nel disco, di imparare a memoria Quell’esitazione iniziale per registrarla così! Come in tutti gli altri pezzi, Andrea ha fatto un lavoro estremamente curato sui suoni. Ad esempio ha migliorato gli elementi percussivi con generatori di forme d’onda o noise, ha aggiunto un omnichord, cercato accuratamente il suono giusto di basso… Insomma bravo Suri.
Continente
Un pezzo in cui metto a nudo il modo in cui mi sento rispetto ai grandi movimenti della Storia. Il nostro continente è in declino eppure non sento nulla, continuo ad occuparmi della mia dimensione privata. Non credo di essere il solo, comunque. La batteria consiste in un po’ di campioni di scricchiolii di legno sovrapposti.
Il digiuno
L’ultima canzone che ho scritto. Musicalmente forse la mia preferita. Ci sono tanti elementi che me la fanno amare: la ritmica, il tappeto di campioni confuso e armonico, la “pacca”… E la melodia. Il testo parla di me e di quelli che come me hanno sentito o sentono di aver fallito in qualche modo, ma non smettono di dare un senso a ciò che vivono. Un misto tra utopia, poesia, sogno e disillusione, amoralità e ingiustizia. È una logica paradossale quella in cui siamo costretti a pensarci. Leggere Žižek per capire cosa intendo!
Disordine
Il pezzo preferito da mia mamma. Mi piace sentire che esisto. E mi piace sentire che esistono le persone che amo. Mi fa sentire ricco e fortunato. Quando mi angoscio perchè non so di cosa camperò da qui ai prossimi anni, mi aggrappo a tutto questo. E mi sento più tranquillo. E mi sento felice. Inoltre tutto il caos che mi scuote da dentro assume le sembianze di una vibrazione che mi accomuna a tante altre persone. Questa canzone mi sembra, tra l’altro, un bizzarro incontro tra Shakira e Battisti. Mi diverte da morire.
Esistere
È dedicata a Pietro, il bimbo che si nasconde nel pancione di Antonietta. L’ho composta con un ipad sul furgone in tour coi Drink to me. E le ho dato una svolta al ritorno dalla prima ecografia che l’ha mostrato ai nostri occhi. Esisteva davvero. Che botta. Bellissimo. Gli urletti che si sentono nel pezzo sono di Rob dei DTM e Jacopo Borazzo, registrati al volo in furgone. La produzione della ritmica del pezzo è tutta di Suriani. Gli ho lasciato carta bianca e mi ha fatto felice!