Kelpe è un produttore inglese attivo dal 2003 che per qualche controversa motivazione non è mai riuscito a sfondare sui rotocalchi digitali nonostante le innegabili doti da beatmaker e la copiosa collezione di EP ed LP rilasciata negli ultimi dieci anni. Non parliamo di un nome totalmente sconosciuto agli abituali lettori dell’attenta stampa internazionale, sia chiaro, ma del fatto che il suo nome non sia mai rimbalzato da un blog all’altro con la stessa facilità con cui succede a tanti altri ventenni figli dell’internet. Kel McKeown ha reso da poco disponibile l’ascolto per intero del suo ultimo lavoro – The Golden Eagle – che si presenta come un labirinto di strumenti a volte appena sfiorati, altre violentemente percossi, riverberati all’infinito e poi sotterrati in layer stratificatisi l’uno sull’altro. ”Ha odore di già sentito” è stato il commento di qualche amico intenditore, eppure non mi sono sentita di dargli ragione. Un po’ perché dopo la meraviglia suscitata da quell’ Until The Quiet Comes di Flying Lotus a cui questo album liberamente si ispira, tutto sembra già sentito; un po’ perché nelle corde di Kelpe si insinuano certe influenze riconducibili alla Warp Records che rendono quest’opera ben più complessa da sviscerare. Il risultato finale è una miscela di sonorità analogiche, beat fatti a mano e missaggi digitali che ti incastrano in un corridoio senza ingresso né uscita. Ma sta’ tranquillo che non ti dispiacerà questo smarrito peregrinare.