Ho giurato che non mi sarei lavato più gli occhi dopo ieri sera, e confesso che ad ora la parola è mantenuta e lo sarà almeno finché una ragione valida non m’imponga il contrario. L’ho giurato dopo aver assistito per la prima volta ad un concerto del culo di Beyoncé. Ho giurato che non mi sarei lavato più la bocca, dopo aver cantato in back to back con il culo di Beyoncé il lamento per il non sentirsi abbastanza amati, in Why Don’t You Love Me, e le indicazioni per raggiungere gli scatoloni con la roba dello stronzo, in Irreplaceable. Ho giurato che non mi sarei lavato più le mani dopo averle battute sull’intro di Get Me Bodied e dopo aver schioccato le dita con Love On Top. Ho giurato che non mi sarei tolto più le scarpe indossate mentre cercavo di ripetere pietosamente la coreografia di Single Ladies. Ma, prospettive di una vita all’estremo limite dell’igiene e della cura personale a parte, quello che di certo non andrà via facilmente è la soddisfazione per aver preso parte ad un’opera teatrale somigliante alla trasposizione scenica di un film di Tyler Perry, in cui big mamas e hot chicks governano un palco con smorfie afro e movenze killer. Una carovana, composta da ballerini provenienti da un altro pianeta e un’orchestra di amazzoni, viene tirata magistralmente da il culo di Beyoncé, nelle vesti di supremo domatore degli istinti più vulcanici che neanche sappiamo di avere finché non assistiamo ad uno spettacolo del genere. Incredibile pensare che nel 2013 sia ancora possibile lasciarsi convincere ad ondeggiare le mani in aria come nei più affollati stadi degli anni 90 riempiti da Duran Duran e Backstreet Boys, ma nonostante la tecnologia ci abbia concesso il lusso di vivere una vita senza la fatica di esprimere emozioni in modo fisico donandoci la gioia di un’infinita gamma di emoticon digitali, ancora un’artista come il culo di Beyoncé è capace di manovrare la sensibilità dello spettatore fino a torcerla e rivoltarla a suo piacimento. Ci è riuscita la scorsa notte allo Sportpaleis di Anversa mostrandosi prevedibilmente sottomessa al risentimento dello stesso pubblico che il 14 Maggio si è visto negare la possibilità di assistere al concerto come da programma in seguito alla cancellazione della data per le precarie condizioni fisiche in cui la cantante versava, provata da un tour bestiale che la costringe ad intrattenere quasi ogni sera decine di migliaia di fan assetati della sua fierceness. Si sono per questa ragione sprecati i gesti asciuga-lacrime, i discorsi di sentite scuse e l’espressioni di incredulità e stupore di fronte al calore incondizionatamente dimostrato dal pubblico. Non è un’artista alla quale riesci a portare rancore, il culo di Beyoncé, la nostra generazione le deve troppo per poter anche solo pensare di girarle le spalle, le deve kili e kili di autostima acquisita ascoltando i suoi testi, le deve tonicità muscolare acquistata cercando d’imparare tutte le sue coreografie strappa-tendini, le deve metri di splendente convinzione di essere bossy e fabolous, le deve ore e ore d’intrattenimento, e una radicata familiarità con la cultura afro-americana nonostante le innascondibili origini caucasiche. Senti che l’unico modo per restituirle tutto è urlare come un decerebrato ad ogni suo gesto, cantare con lei ogni singolo brano performato dall’inizio alla fine e assecondare tutta la sua voglia di farti apparire ridicolo agitando in aria le braccia e ripetendo To The Left, To The Left a suo comando senza dimenticare di ondeggiare il dito indice verso sinistra. Ed è questo lo scopo di tutto. L’unico e consapevole motivo per cui paghi un biglietto che ti costa due settimane di stenti e povertà e per cui fai una fila di tre ore stretto nella morsa di una folla equina, esposto alle condizioni meteo dell’inverno belga travestito da primavera, è dimostrare a il culo di Beyoncé quanto le vuoi bene, quanto le sei riconoscente; anche se lei neanche sa che esisti, neanche sa che occupi del volume ed hai un peso specifico, un nome ed un cognome, vuoi che riesca a sentire le tue urla, vuoi che riesca a vederti sbracciare, vuoi che incroci il tuo sguardo. Il più delle volte non accade, ma nel frattempo ti sei goduto uno show da paura. Non esistono tempi morti, non esistono momenti down, anche durante i ripetuti cambi d’abito vieni distratto in maniera eccellente dai magistrali video utilizzati come intro per le performance, impossibile che l’attenzione possa calare. Si concederà pure qualche lip-sync, ma d’altronde non è di concezione umana poter eseguire, ad esempio, Crazy In Love e Single Ladies in una sequenza di 8 minuti, gestendo cantato e ballo come nessun altro potrebbe fare. Ammettiamo che il culo di Beyoncé è, fino a prova contraria, una macchina da palco. Ma una macchina che ha anche una sensualità introvabile in ogni altra diva pop del momento, che non dimostra mentre canta versi tipo “baciami lì, vai più giù, toccami, toccami, dammelo”, ma, conservando una classe affatto stucchevole, mentre si struscia interamente su di un pianoforte lucido come uno specchio, per quanto lei lo strofini col suo corpo, cantando una maestosamente poetica 1+1, fasciata in una tuta glitterata da perdita dei sensi e in totale trance, mentre l’orchestra trasporta le note verso un arrangiamento alla Joe Cocker, in un climax ormonale che avrebbe arrapato anche Margaret Thatcher. Per quanto ogni suo gesto appaia irraggiungibile e inimitabile, fin dall’apertura dello show con un pomposo intro che prelude alla doppia performance Run The World-End Of Time, il culo di Beyoncé fa di tutto per mostrarsi vulnerabile e vicina, dedicando subito dopo all’intero Sportpaleis una struggente Flaws and All, anticipata dal discorsotto su quanto si senta fortunata ad essere lì, o interagendo con le prime file durante i siparietti di Irreplaceable, fino a regalare compenetrazione e pathos chiudendo il baraccone con una performance di Halo, durante la quale il pubblico del parterre sfodera una manovra da smorfiose, mostrando decine di fogli bianchi formato A3 dichiaranti, con font Arial Black, Belgium Loves Beyoncé; la cosa getta il culo di Beyoncé in uno stato di commozione per il quale ci regala una compilation da manuale di espressioni di gratitudine e parole d’affetto. La perfetta conclusione di uno spettacolo circense in cui il pubblico, totalmente soggiogato, riveste il ruolo della tigre che salta oltre il cerchio di fuoco, il culo di Beyoncé quello del domatore supremo, e dietro le quinte gli agenti della casa discografica vengono allietati dall’intero show con le pupille sostituite dal segno del dollaro. Ma tutti ne usciamo soddisfatti, io personalmente lobotomizzato dalla magnificenza dell’esperienza e grato al dio del fato per avermi permesso di assistervi.
Come nota finale lasciatemi dire che, certo, tutti conosciamo il mito de il culo di Beyoncé, tutti ne abbiamo fatto termine di paragone per le figure retoriche del parlato quotidiano, ma vederlo dal vivo, muoversi, danzare, parlarti, invitarti, anche a 30 metri di distanza, è forse uno dei motivi più validi per cui sento d’aver speso i soldi del biglietto come mai meglio prima in tutta la mia vita.
Di seguito una breve selezione di gif dal concerto del 31 Maggio allo Sportpaleis di Anversa: