Ogni volta che parlo con un illustratore mi meraviglio di quante cose ci siano da imparare da loro. La prima è l’enorme sensibilità attraverso cui filtrano il mondo fuori che finisce per impregnare le loro parole. La seconda è l’ironia che gli permette di rispondere col sorriso a chi stenta a credere che disegnare possa essere un lavoro. Ilaria Grimaldi nelle sue illustrazioni beffarde e sature mette tutta se stessa e anche qualcosa in più. Ci mette la fatica di chi deve spiegare che realizzare un sogno è possibile. E che non sta certo parlando di sé in terza persona.
Disegnare è un modo per liberarsi da?
Dai piccoli mostri che risiedono nel cervello. Quando compaiono sul foglio, prendono la loro strada e mi salutano. E qualche volta è meglio così.
Ci sono dei fumettisti a cui ti ispiri? A me alcuni tuoi disegni ricordano un sacco quelli di Hergé in Tin Tin.
Vengo spesso associata a lui, forse per la morbidezza di certe linee. Sarà che anche TinTin, come i miei omini calvi, aveva un problema di capelli, con il suo ciuffo. In realtà l’immaginario di un illustratore si nutre di tutto quello che vede, quindi potrei spararti una serie a raffica di nomi di illustratori e fumettisti con cui sono cresciuta, che vanno da Schulz e Quino a Istvan Banyai, a Steinberg, Matticchio, fino a Chris Ware. E il babbo di tutti, Winsor McCay.
Un cartone animato che ancora ti perseguita. Io, ad esempio, avevo un sacco paura degli elefanti rosa di Dumbo.
Pollyanna.”Il cielo è sempre sereno per chi ti conoscerà?”. La detesto. Il suo ottimismo rasenta la psicosi e mi ha sempre messo di cattivo umore.
Se avessi un foglio ma non una penna, con cosa ti arrangeresti?
Con un caffè, grazie. Con il cucchiaio escono fuori cose che neanche io immagino.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Che faccia fanno le persone quando alla domanda ”che lavoro fai?”, rispondi ”disegno”?
La faccia di chi non ha sentito la risposta. Non è un caso che anni fa il mio primo blog si intitolava Edilavorochefai e questo nome mi è rimasto incollato addosso in rete, come un soprannome. Perché la storia è sempre quella. Come una gag da Bagaglino. Alla domanda “di lavoro che fai?”, quando rispondo “disegno”, dopo qualche secondo di silenzio, il più delle volte scatta un “SIIIII MA…di lavoro che fai??”. Allora rispondo l’idraulico.
Cosa sognavi di fare da bambina?
In realtà ero costantemente indecisa tra disegnatrice e commessa in un negozio di scarpe.
Raccontaci qualcosa di Napoli che non sappiamo.
Ti direi che l’unico modo per raccontare Napoli senza cadere nei luoghi comuni è farci un giro. Oppure ti deluderei dicendoti che il babà in realtà è di origine polacca. Ma se passi per il centro storico potresti incappare in una teca dove è custodito un ricciolo di Maradona.
Hai un passatempo insospettabile tipo levare le spine ai cactus, collezionare fantasie di carta igienica o mangiare pezzi di ceramica (sono tutte vere, liberamente tratte da Real Time)?
Questi che hai elencato sono decisamente interessanti. I miei sono quasi passatempi da disadattata. Fotografo macchie sui muri che mi ricordano facce di persone e guardo sempre attentamente le persone in Metro domandandomi se le ritroverò sul sito di “chi l’ha visto”. E ora che te li ho detti vado a cancellarmi da facebook.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?