Non si può cominciare a parlare di Derwin R. Powers, meglio noto ai più con il nome di Gold Panda, senza aver prima posto l’accento sulle sue origini, il suo background e tutte quelle influenze che irrimediabilmente tendi a riversare nelle tue produzioni. Derwin, alto come il Kangchenjunga, sembra avere un’ unione inscindibile con l’Asia che costantemente si riversa nelle sue produzioni; un doppio legame profondo e sincero, viscerale a tratti, che rende la musica di Darwin così unica ed eccezionale.
Sarà l’effetto di un’influenza inconscia che le sue radici indiane hanno sul suo sound, sarà per gli studi di giapponese che il producer di South London parla fluentemente, ma nella sua musica c’è un continuo rimando e richiamo alla sconfinata bellezza e grandezza del territorio asiatico. Un territorio così vasto ed inesplorabile nella sua interezza da spingere Derwin a raccontarne la storia in maniera malinconica, quasi non potesse averlo e sentirlo proprio nella sua interezza. Le ritmiche di brani come Junk City II o My Father in Hong Kong 1961 richiamano inevitabilmente il continente bagnato da tre oceani; ne lasciano immaginare i luoghi e le sensazioni che si potrebbero provare attraversandone le strade. Sempre campionando vecchi dischi Gold Panda riesce a trovare il modo di trasportarci da un continente all’altro: così se i Brazil la componente ritmica acquista un particolare flavor proprio dell’immaginario sudamericano, con An English House la mente torna momentaneamente in Europa, giusto il tempo di disfare e ricomporre velocemente la valigia dalle sensazioni fortissime. Ricomincia il viaggio.
Ogni brano è costruito su scheletri minimali, non estremamente complessi e proprio in questo sta la maestria dell’autore di You; riuscire a rendere unico un brano dalla struttura semplice e scarna è caratteristica e marchio di fabbrica di Gold Panda il quale riuscirebbe a venderti un’emozione anche suonandoti all’infinito la stessa identica nota. In effetti è ciò che fa in un brano come Community, in cui un sample ed un campione vocale ossessivo bastano a creare un immaginario proprio e preciso. I brani di questo Half of Where You Live sono costruiti secondo la stessa medesima logica, essenziale eppure ineccepibile, una serie di campioni che ti segnano nel profondo, qualche synth a fare da corredo, voci in loop all’infinito ed una cassa, possibilmente dritta con cui le percussioni giocano a chi avrà la meglio in una guerra per il comando del ritmo.
Tracce come We Work Nights e Flinton riescono a creare mondi assolutamente nuovi davanti agli occhi, lasciano la possibilità di partire per un viaggio verso posti sconosciuti, creano istantanee sbiadite di un passato pieno di colore e luce. The Most Livable City appare come il brano dell’ addio, del saluto ad una terra ospitale, frenetica ma gentile, con una cassa impazzita che sfugge alle logiche del tempo ed una serie di suoni che sembrano simulare il suono dell’aria che smuove tutte le cose. Il cuore si gonfia e gli occhi bruciano, i secondi scorrono inesorabili. La conclusiva Reprise, con quel campione vocale eccezionale ha la capacità di strapparti via l’anima nel caso non ci fossero già riusciti i brani precedenti, è il ritorno a casa dopo un addio, la calma che ritorna dopo un cammino lungo e faticoso.
Questo Half of Where You Live, seconda fatica sulla lunga distanza di mr.Panda dopo il fortunato debutto di Lucky Shiner, lo consacra al ruolo di maestro del cut and sample, del riutilizzo fecondo di brani fuori dalla memoria. Se il secondo album è il più difficile, Derwin riesce ancora una volta a superare la prova più complessa grazie a quel caleidoscopio intensissimo di emozioni che il disco riesce a suscitare. Bada bene, non è solo nell’artwork che questa sensazione di multiforme sentire viene fuori, ascoltando l’intero lavoro ci si ritrova trasportati in una serie di luoghi differenti eppure così vicini, legati insieme dal tocco di Gold Panda che, come un abile pilota, ci guida attraverso il proprio mondo.
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