Possiamo imputare all’eccesso di marijuana assunta il proliferare della nuova generazione di weird-rapper? Certo che possiamo, dobbiamo. Questi ragazzini in high socks e sneaker Vans spendono le loro giornate immaginandosi fare skate con lenti specchiate al sole californiano, ma fisicamente son stravaccati su divani in pelle color cammello scambiandosi sorrisi grotteschi come a dire “Hey, ce la stiam godendo”. Grazie a dio ciò (solo tramite la nostra libera interpretazione) accade e permette loro di riversare tutta l’alienazione immagazzinata in studio di registrazione. Fondamentale il fatto che i più di loro siano produttori oltre che rapper, questo permette così di rovesciare le speculazioni prodotte nell’atto del getting high all’interno delle orchestrazioni oltre che nelle liriche. Cannolo dopo cannolo i nostri eroi son così fatti che non possono far altro che arrendersi alle seduzioni di una musica che sia indulgente, procrastinatrice, avvolgente e soprattutto high quanto loro. Mac Miller sta per pubblicare quello che è solo l’ultimo esempio del rap nato da serate di “sballo totale raga… ma viaggi che proprio non ci stavamo più dentro… cioè abbiam rollato tipo aeroplani”, il suo secondo Lp, Watching Movies With the Sound Off, in uscita il 18 Giugno. Lui è essenzialmente un weirdo, e dichiaratamente una scimmia rauca quando si tratta di rollare cannoli di weeda, e a questo giro pare lo sballo gli sia stato di particolare inspirazione per partorire un disco, a detta sua, molto introspettivo e personale, sebbene un po’ alla cazzo, aggiungiamo noi. Se infatti è vero che le liriche trattano temi significativi e impegnati, è altrettanto vero che spesso le riflessioni appaiono inconcludenti e intraprese in modo disorganizzato, così da finire con l’infilare una serie di sentenze spesso senza legame e successione, come farebbe una qualsiasi scimmia fumata. Le atmosfere sono quindi quelle tipiche del trippy rap di ultima generazioni, a metà strada tra Flying Lotus e Tyler The Creator, tant’è che entrambi appaiono come collaboratori nell’album. Il primo è responsabile della produzione del singolo d’apertura estratto ,S.D.S., piacevole esperienza wonky in cui il flow appena sostenuto e appena monotono di Mac Miller rincorre le manipolazioni strumentali di FlyLo. Il secondo è invece dietro la produzione della bonus track O.K., all’interno della quale appare anche come guest, e insieme se la urlano un po’ a caso su di un beat uptempo, contraddistinto da isteriche percussioni, che rappresenta uno dei rari momenti funny-weird dell’album. Tutte le tracce infatti sono legate da un malinconico filo conduttore che tesse le orchestrazioni e le tiene salde alle liriche pensierose recitate da Mac Miller, fatta eccezione per le bonus track, che mostrano invece il lato più goliardico e confusionario del disco. La prima di queste è Goosebumpz, un groviglio di fiati e richiami esotici creato da Diplo, che ad un primo approccio suona ostica, ma cresce terribilmente con gli ascolti fino a convincere al punto da lasciar chiedere per quale motivo sia stata relegata tra le bonus track invece di campeggiare nel mezzo della standard tracklist. Si suppone che il motivo sia la ricerca di atmosfere più fumose, letteralmente, e distese, operata per la produzione dell’album; ambienti sonori confortevoli abbastanza da poter ospitare tematiche anche sofferte come la perdita di un amico d’infanzia, tema evocato nella nebbiosa REMember, o i voli pindarici pregni di richiami alle religioni, alle soluzioni escatologiche, i significati della vita e altre elucubrazioni da iguana fumato esposti in Aquarium. Persino un po’ d’amore da cartolina di S.Valentino trova spazio tra le tematiche, all’interno della traccia Objects In The Mirror, uno dei pochi brani della cui produzione non è Mac Miller ad occuparsi; la composizione dannatamente classy delle percussioni è infatti opera, come intuibile, di Pharrell Williams. Lontano dal recar noia, nonostante composto in quasi la sua interezza da una sola mente creativa, l’album si lascia scoprire tramite l’abbondanza di suoni e strumenti differenti utilizzati e accordati tra loro in una nuvola di fumo denso e cannabinoide, traccia dopo traccia, in un lungo discorso mentale più immaginifico che reale. Un flow alla lunga leggermente ridondante, e per questo mai aggressivo, lo rende ideale per quegli ascolti volutamente posti in background durante le parentesi di stand-by quotidiane. Watching Movies With the Sound Off ribadisce così il bisogno di un approccio alla musica guidato da pochi impulsi, mono-sensoriali e trainanti, per assecondare i momenti in cui si fugge da ogni sorta di sforzo, come in una pausa dal resto, lunga poco più di un’ora.