Prima di iniziare a formulare le tesi per le quali questo disco è una presa per il culo, ci tengo a felicitarmi con Kanye per il suo recuperato rapporto con il divino. Agli inizi della sua carriera come rapper i colloqui tra le parti erano diventati sempre più rari e difficili da condurre, a causa di un lungo periodo in cui presenze maligne han cercato di portarlo verso il baratro. In Jesus Walks, Kanye affermava con umiltà: I want to talk to God but I’m afraid because we ain’t spoke in so long. Oggi, dopo un cammino di 9 anni verso l’ascensione allo stato di co-divinità, il buon Yeezy può con fierezza lasciar trapelare dettagli sul rapporto confidenziale che lo lega a Gesù, citando in I Am A God uno stralcio di conversazione tipo tra i due, in cui con fare annoiato se la sbatte come si usa tra miliardari: I just talked to Jesus He said, “What up Yeezus?” I said, “Shit I’m chilling Trying to stack these millions”. E come se lo sa, Gesù, quanto sia estenuante accatastare quei milioni, e come se lo sa. Nella sua sesta fatica in studio, Kanye, si mostra esattamente come una consumata divinità troppo ricca e stanca per cercare di correre ancora dietro i consensi della gente e le procedure standard dell’industria musicale. Nessun singolo estratto, nessun artwork per il packaging, nessuna moina per amicarsi i media, il disco è questo, prendetene e fatene tutti quel che volete. Qualcuno potrebbe dire che sia tutto frutto di una mente illuminata ed elevata al di sopra delle mere politiche commerciali, qualcun altro potrebbe dire che è solo approssimazione. La verità forse sta nel mezzo. O forse la verità è che Kanye è inciampato nelle sue stesse idee cercando di proporre ancora una volta qualcosa che fosse unico e scioccante. Personalmente, come fan di vecchia data, a me frega poco che a lui freghi poco delle vendite, improvvisamente. Quest’uomo non si è tirato indietro quando gli è stato chiesto di collaborare con Justin Bieber, né tanto meno con Katy Perry o Madonna (citati non perché siano parentesi di cui vergognarsi, ma perché rappresentano la quintessenza del meccanismo pro-vendite dell’industria discografica), ha usato il proprio nome per sponsorizzare prodotti al limite del merchandising basico come un Krusty qualsiasi, è una popstar nella sua definizione più alta. Particolare acume nel circondarsi dei migliori collaboratori, direzioni artistiche perseguite con dinamismo, vivido bisogno di esprimersi attraverso il maggior numero di canali possibili hanno sempre contraddistinto tutti i lavori di Kanye, e lo hanno meritatamente reso il musicista più vulcanico degli ultimi 10 anni. Il fatto che si presenti oggi in un certo senso a mani vuote, non m’impressiona, mi delude. D’altra parte far leva su questo punto potrebbe essere prematuro, il disco è uscito solo oggi, e la Yeezus era non può nascere e concludersi col semplice lancio sul mercato dell’album. Prossimo step dell’epifania di Kanye infatti è il cortometraggio proiettato qualche giorno fa sugli esterni dei Milk Studios di Los Angeles mentre si svolgeva il listening party per l’album e ora caricato sul sito, nel quale pare diverse star siano rimaste estasiate dall’ascolto in anteprima delle tracce, in particolar modo Justin Bieber. Il corto, che vede come protagonisti due bellimbusti noti al pubblico americano solo per essere nella cerchia Kardashian in quanto fidanzato di una e amico di un’altra, è ispirato al film culto American Psycho e questo porta a domandarci se Kanye abbia voluto citare se stesso, avendo già nel video per Love Lockdown (2008) utilizzato le stesse ispirazioni, o semplicemente abbia riciclato la citazione per pigrizia, o magari American Psycho è l’unico film del quale possegga un blu-ray originale a casa. In ogni caso la preview ci ha rivelato già che siamo in presenza di un lavoro per nulla eccitante. Cerchiamo comunque di capire perché Justin Bieber si sia mostrato così entusiasta all’ascolto di questo benedetto Yeezus. E a questo punto è d’obbligo precisare che nonostante mi senta offeso dalla nuova politica I-dont-give-a-fuck-about-music-industry, giudicare con oggettività il contenuto dell’album significa prendere coscienza del fatto che, sì, Kanye ci ha di nuovo serviti un lavoro di qualità superba ed estrema accuratezza, ma nonostante ciò due parole meglio spese sono necessarie. Musicalmente il menefreghismo che l’intero progetto trasuda è riversato nella scelta da parte di Kanye di lasciare che gran parte del lavoro compositivo venisse fatto da ospiti selezionati tra gli act più in vista dell’elettronica del momento, mentre lui dall’alto della sua divinità probabilmente supervisionava come l’allenatrice mascolina che sorveglia le ragazze della squadra di pallavolo negli spogliatoi. Daft Punk, TNGHT, Gesaffelstein, Evian Christ han svolto gran parte del lavoro che in ogni suo precedente album Kanye ha diligentemente portato a compimento con risultati eccelsi. Tutti messi in riga dalla mente coordinatrice per creare un inedito sound black-industrial addomesticato in modo impeccabile dal flow vomitato sulle produzioni nere come i suoi pantaloni in pelle. Il problema è che, nella maggior parte dei casi, le tracce suonano come prodotti strettamente legati all’identità del produttore ospitato, caso unico nella carriera di Kanye, che nonostante i continui mutamenti di pelle è sempre riuscito a confezionare lavori totalmente cuciti su di sé, ed è carino pensarlo sebbene tutti i suoi tentativi di essere riconosciuto come fashion designer siano falliti. Per cui il disco risulta introdotto da una traccia Derezzed-inspired, composta dai Daft Punk, On Sight, che mostra macchinazioni tese e aggressive, salvo liberare nel mezzo un breve campionamento di voci in coro in totale contrasto col mood cupo e contratto del brano; espediente che più volte s’incontra lungo l’ascolto dell’album. E torna a citare se stesso, Kanye, nelle ultime battute di On Sight, ripetendo il verso Right Now, I Need Right Now, chiaro riferimento alle liriche di Stronger, brano in cui i Daft Punk figuravano solo come sample e non produttori. Citazione di se stesso, riciclo d’idee o continuità artistica, il concetto ritorna spesso ascoltando Yeezus, e si fa fatica a capire quale accezione attribuire al singolo richiamo. In Hold My Liquor la presenza di Justin Vernon continua il discorso affrontato ampiamente in My Beautiful Dark Twisted Fantasy, mentre Guilt Trip è ricamata per terminare in una raccolta pausa strumentale che fa eco alla sensibilità di 808’s & Heartbreak. Bound 2 invece conserva quella maniera che ora siam soliti associare all’hip hop di Chicago, codificata da Kanye lungo i primi tre album della sua carriera basata sui campionamenti di vocals pitchati e riordinati a regalare un gusto gospel alle produzioni. Send It Up torna ad essere la traccia impregnata dell’influenza del compositore ospitato, nel caso specifico Gesaffelstein. Nonostante tra i production credit appaiano anche altri nomi come Hudson Mohawke, Daft Punk e il giovane Arca, il brano mostra il chiaro stampo della tecnica tornita dall’aristocratico francese, techno in downtempo con incisive e regolari scansioni che donano ad ogni suo lavoro un’aria ansiosa e soffocante dall’estrema personalità tenebrosa, ma incastrata senza fatica nei continui richiami a strutture raggae-dub di cui l’album è colmo. In Blood On The Leaves l’ossessione di Kanye per i campionamenti, nel caso specifico la voce di Nina Simone, incontra la brevettata trap apocalittica dei TNGHT, ai quali la produzione è affidata, riadattando il loro già noto brano R U Ready, per dar così vita alla speranza che tutti abbiamo nutrito di poter ascoltare una collaborazione tra i tre, ma che in realtà suona in ogni modo come TNGHT featuring Kanye West. L’ascolto dell’intero Yeezus scivola via in poco più di 40 minuti ed è un percorso impervio tra buie proiezioni di scenari tormentati, popolati da grottesche figure e macabre scene disegnate dalle laceranti strumentazioni. Nessun eufemismo, è la nuova opera d’arte che una mente come Kanye ha scelto d’imbrattare con la sua personalità in continuo spasmo. La presa per il culo sta nel fatto che il materiale offerto è ancora una volta innegabilmente oro, Yeezus è un fiume d’idee rigurgitato su di un tappeto nero, è un bronzo scolpito con furore, ma Kanye ha voluto montargli intorno una ridicola impalcatura su cui si è erto con un megafono per urlare il copione dell’artista ribelle. Sarà contento ora, ora che Justin Bieber indossa solo pantaloni in pelle nera.
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