foto di Christelle De Castro, Dan Wilton, Anthony Blasko
La skyline di Manhattan vista da Brooklyn
Hai mai provato a raccontare cosa hai sognato la notte prima? Sarai partito tipo: <<Praticamente ero li insieme a…e poi siamo andati… e c’era… d’un tratto siamo finiti lì… fino a che… ehmm…>>, procedendo per immagini senza avere un riferimento temporale preciso. Nei sogni infatti il tempo non esiste; un giorno, un mese durano entrambi un anno, oppure un attimo.
Ecco, se mi chiedi di raccontarti dell’Academy e del tempo trascorso a New York mi ritrovo piùo meno nella stessa situazione: ricordo di essere arrivato li alla fine di aprile, di essere ripartito un mese dopo, e nel mezzo di aver fatto tanta musica, di essere andato in giro quanto in tre anni della mia vita normale, e fra le altre cose di aver visto con i miei occhi personaggi che pensavo esistessero solo nella fantasia o sulle copertine dei dischi. Non so dirti cosa sia venuto prima o dopo, o se quello che sto per raccontarti sia successo per davvero. Per questo motivo per fare ordine mentale ho deciso di dividere quest’articolo in diversi paragrafi, e grazie all’aiuto di tre super fotografi che hanno documentato tutto cercherò di mettere insieme un po’ di quello che è accaduto in questo breve e lunghissimo tempo.
L’Academy
In buona sostanza l’Academy è una serie di eventi e workshop che si svolgono ogni anno in una località mondiale differente, un edificio viene allestito per l’occasione ed i locali più importanti della città ospitano gli eventi serali. Protagonisti dell’Academy sono un piccolo numero di giovani talenti provenienti da tutto il mondo selezionati da un team di esperti del settore. New York ha ospitato l’edizione di quest’anno, quello nella foto sotto è il main studio. Se volete saperne di più, la cosa migliore da fare è andare su www.redbullmusicacademy.com dove potete trovare tutte le informazioni del caso, lo streaming delle lectures e tanta ottima musica da ascoltare.
Caleb al lavoro nel main studio
Auditorium
È il centro di ogni Academy, ogni giorno ospita esponenti di spicco del panorama musicale mondiale che raccontano le loro esperienze artistiche e di vita. Sempre nell’auditorium, sul famoso divano ogni partecipante me compreso si è presentato al resto del gruppo; tanti talenti, ognuno diverso dall’altro e con una visione musicale originale.
Sul mitico couch
Quando è arrivato il mio turno abbiamo parlato ovviamente di frutti di mare, del legame stretto ed insidioso che c’è tra la musica e la matematica, della mia dipendenza da Ableton Live. Nel mentre Flying Lotus seduto nell’angolo se la rideva, ho scoperto più tardi che condividiamo lo stesso “dramma”.
Rakim, Stephen O’Malley, Masters At Work, Nigel Goldrich, Bernie Worrell, Brian Eno, Malcolm Cecil, Todd Roundgren, Herb Powers, Kim Gordon, Tom Moulton, sono alcuni dei nomi che seduti su quel divano hanno parlato della loro carriera, dei loro successi ed anche dei loro fallimenti, che è poi il bello delle lectures perché ogni tanto, se sei fortunato e se l’artista è ben disposto, viene fuori il suo carattere, gli aneddoti, quel lato umano e vero che pochi hanno la fortuna di conoscere.
Rakim
Mi viene in mente Rakim che è arrivato con l’aria di quello che voleva fare brutto e poi invece si è sciolto parlando di quanto vuole bene alla sua mamma e di quanto tosare l’erba (si ho detto tosare) del suo prato sia utile per fargli tornare l’ispirazione, oppure Tom Moulton che ha raccontato di aver combattuto con le fisime di una giovane Grace Jones. Ora noi ci sentiamo degli eroi se facciamo musica con skype, i Masters at Work producevano le loro tracce al telefono ciascuno nel suo studio. E poi Malcolm Cecil, costretto dalle telefonate di Stevie Wonder a correre in studio a lavorare nel pieno della notte.
Con Herb Powers, un sogno che si avvera
Merita una menzione speciale Brian Eno, artista la cui aura leggendaria è in grado di riempire da sola una stanza nonostante il fisico snello, che durante la sua lecture è riuscito a parlare per due ore di musica, senza mai parlare di musica.
Volendo scegliere la mia lecture preferita, sicuramente risponderei quella di Bernie Worrell, pianista e tastierista dei Parliament Funkadelic, braccio destro di George Clinton. Nelle due ore di rito ha ripercorso con umiltà la sua carriera senza mai enfatizzare i tanti traguardi del passato ed evitando categoricamente di parlare dei tanti artisti che campionando la sua musica e senza dichiarare i samples sono diventati milionari. È stata una vera emozione ascoltare “Mothership Connection” in sua presenza e sentirlo suonare l’hammond dal vivo, tra citazioni classiche, jazz, riff funk e filastrocche per bambini con la naturalezza di chi sa che la musica viene bene solo quando è un gioco.
Bernie Worrell suona l’hammond per noi
Studio Time
Fra una lecture e l’altra il tempo è stato dedicato ad improvvisare, produrre, smanettare con l’hardware sparso in giro ed imparare un po’ di tricks da Flying Lotus, Thundercat, Patrick Pulsinger, Fout Tet e Morgan Geist che sono stati i tutor tecnici del mio term. Ognuno di noi partecipanti aveva le chiavi degli studi e ci siamo ritrovati spesso tutti lì anche dopo gli show serali per lavorare fino a notte fonda.
A parte lo studio principale che non ha bisogno di commenti, quelli che nel gergo dell’Academy venivano chiamati “bedroom studios” tutto erano fuorché amatoriali, visto che dentro potevi trovarci roba tipo un Moog modulare da 50.000 euro, un Prophet 10 o un sommatore della SSL.
Parte dell’arsenale dell’Academy
Farsi ispirare da cotanta abbondanza di mezzi e di talenti non è stato difficile, diverse idee nate improvvisando sono rimaste abbozzate, ho poi finalizzato un pezzo insieme a Thundercat e Rudi Zygadlo.
Studio time
Shows
La lineup messa in piedi per gli eventi serali dell’Academy era da rimanere a bocca aperta, e c’era così tanto da fare ogni sera che dopo l’abbuffata dei primi due giorni ho deciso a malincuore di rinunciare a qualcosa per non arrivare stremato alla fine del percorso ed anche perché volevo avere un po’ di tempo in piu’ da trascorrere in studio.
Uno dei primi show in programma è stato quello di Brainfeeder a Brooklyn, all’insegna del trasformismo con Flying Lotus rapper nei panni del suo alterego Captain Murphy ed Erykah Badu in veste di dj; mentre mi gustavo lo spettacolo tra la gente non ho potuto fare a meno di notare che il suono della stessa musica ascoltato aldilà dell’oceano ed all’interno del suo ambiente naturale aveva un sapore assolutamente diverso.
Il dj set di Erykah Badu
Mi pare un paio di giorni dopo, sempre a Brooklyn in un vecchio teatro è andata in scena l’improvvisazione: artisti leggendari e nuove icone del calibro di ?uestlove si sono succeduti sul palco e se non sempre è scattata l’alchimia che rende magica la performance improvvisata, ci sono stati diversi momenti notevoli, tra cui quello in foto del Bernie nazionale che ha infuocato la platea a colpi di Minimoog.
Bernie Worrell durante “Improvised Round Robin Duets”
Al Le Bain, club situato in cima allo lussuoso Standard Hotel di Chelsea i Masters at Work hanno festeggiato venti anni della loro carriera con un set speciale di tre ore ed un super ospite a sorpresa.
Al Le Bain
Io ho avuto l’onore di suonare in apertura, qui potete ascoltare la registrazione, con in sottofondo un pubblico preso bene come non mai ed una quantità di sirene tali da farmi tornare a casa senza voce.
Enjoy Jolly Mare!
Dicevamo l’ospite a sorpresa: al termine del mio set ho abbassato la musica, si sono spente le luci, la sicurezza ha aperto un varco tra la gente impacchettata nel posto ed inseguito dalla luce di un occhio di bue Roy Ayers si è fatto largo, è salito sul palco ed ha iniziato il suo concerto con “Everybody Loves The Sunshine”. È stata una grandissima emozione.
Roy Ayers al Le Bain
Il set di Moroder non potevo perdermelo, da settimane non si sentiva parlare d’altro ed anche se in prima serata ero al Le Bain, c’era l’aperitivo col dj set di Onra e Q-Tip, intorno alle dieci ho salutato gli amici e sono andato all’Output di Brooklyn. Nel posto si respirava l’aria delle grandi occasioni, pubblico di addetti ai lavori e Francois K ai piatti, tutti in attesa del Maestro Giorgio, che non si è fatto attendere salutando la folla parlando nel suo fidato vocoder.
Pubblico in delirio, io mi sono divertito molto nel vedere quanto era preso bene lui, con la sua sagoma da professore universitario che da dietro alla consolle lanciava effetti dal suo sintetizzatore (non mixava lui ma il suo assistente) mimando di tanto in tanto i gesti del direttore d’orchestra. Stima e tenerezza.
Giovanni Giorgio dirige l’orchestra
L’ingrediente principale del United States of Bass, come dice il titolo stesso, erano le basse frequenze, che nella sala principale del Santos Party House di Manhattan erano così forti da farmi tremare il ciuffo (non è una battuta, dico davvero). Quella sera Egyptian Lover ha regalato come sempre, e gli idoli della bass music (vedi Salva, Drop the Lime, Spinn e Rashad) hanno suonato così tanto bene da farmi venire voglia di mollare le maracas della italo disco e spendere le mie prossime giornate in studio a modellare super bassi.
The Do-Over
Quella sopra è una delle ultime immagini di New York impresse nella mia mente prima del ritorno in Italia: sole estivo, skyline ed il ponte di Brooklyn sullo sfondo. Do Over, il party più preso bene della costa ovest in visita straordinaria sulla est in occasione dell’Academy, ospite del Pier 17. Tanti dj set a partire dal primo pomeriggio fino alla sera, tra cui quello di Shlomo e di Onra con Aloe Blacc al microfono. Aria di festa, benessere e birrette.
Il giorno dopo sono partito, questo me lo ricordo bene: Memorial Day, strade deserte ed un caldo pazzesco. Ho contrattato con il tassista il prezzo della corsa fino all’aeroporto e poi via.
Da allora non ho ancora avuto il tempo di ritornare a fare la mia musica e dopo aver ascoltato, imparato, vissuto cosi’ tanto non ho proprio idea di cosa verrà fuori. “Dopo l’Academy tutto è diverso”, ritrovo le parole di un paio di amici che l’hanno vissuta prima di me. “È una esperienza che ti cambia la vita”… che dire, non posso che dargli ragione.
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