Non so se conoscete quest’espressione, ma sul web è tipo già da un paio di anni che spopola. Sto parlando del “meh”. Meh non ha un significato specifico. Risponde un po’ a tutto. “Hai studiato?”, “meh”. “Vuoi un caffè”, “meh”. “Facciamo sesso anale?”, “meh”. Insomma, è la risposta che non dà una risposta. Tracciare la genesi dell’espressione in questione non è però semplicissimo. Se infatti, almeno in Italia, il meh ha iniziato a rendersi noto solo da qualche anno, all’estero, e negli Stati Uniti in particolare, le origini sono ben più radicate. I primi ritrovamenti, se così si possono definire, vanno rintracciati nell’ampio argomento qual è il linguaggio yiddish, e di cui si è reso fra i principali promotori Ben Sadock, studente di lingue laureato alla Columbia University e iscritto all’albo “Yiddish book center translation Grant”.
Come si può vedere sopra, Sadock ha ritrovato, formulando così una prima interpretazione del meh, la suddetta espressione nel dizionario yiddish-inglese-ebreo ad opera di Alexander Harkavy, datato 1928. Qui la definizione conferita al termine in questione varia dal significato aggettivale “così così” a quello di semplice interiezione “sia come sia”, dando di conseguenza una traduzione abbastanza vicina agli attuali usi del meh. Come si può inoltre vedere, nell’Harkavy troviamo una terza definizione, ovvero quella di “belante”; che in pratica sarebbe tipo un “bah” di origine ovina che fa riferimento alla canzone yiddish “Yidl MITN FIDL”.
Una seconda interpretazione del meh potrebbe essere quella del poeta inglese W.H. Auden, che ha scritto una poesia proprio al riguardo:
“Worth going to see? I can well believe it.
Worth seeing? Mneh! I once rode through a desert
and was not charmed: give me a watered
lively garden, remote from blatherers”
“Vale la pena andare a vederlo? Posso ben credere.
Da vedere? Mneh! Una volta che ho guidato attraverso un deserto
e non è stato affascinante : mi dia un annaffiatoio
vivace giardino, lontano dalle ciarle”
Il suono del “mneh” di Auden è abbastanza simile a quello del “mnyeh” di Rosten; questo è abbastanza eloquente insomma. Per quanto concerne il significato invece, in base ad una raccolta di poesie datata 1973, possiamo ritrovare il sopracitato mneh definito come una esclamazione, ripresa dalla rivista newyorkese Mad. Anche se poi, nell’archivio di Mad, si ritrova unicamente la parola “feh”, piuttosto che meh, mneh o mnyeh. Ma vabbé; anzi: meh.
Tornando seri, ma nemmeno troppo, una terza ed ultima definizione del meh può essere data riferendosi ai Simpson. Simpson che ci giocano spesso su questo tipo di espressioni, creando anche neologismi come il celebre “doh” di Homer, tradotto dallo stesso doppiatore americano come una sorta di “grugno infastidio”. Comunque, il meh ha avuto negli anni diverse apparizioni nei Simpson. La prima risale alla sesta stagione nell’episodio “Telespalla Bob Roberts”, nel quale Lisa si reca allo Springfield Hall of records, cercando di far saltare l’elezione, truccata, del sindaco.
Proprio qui Lisa scopre, parlando con l’impiegato di turno, che il voto di ogni singolo cittadino è stato riportato in un apposito archivio. Sorpresa di ciò, la piccola Simpson dice: “pensavo che la votazione fosse a scrutinio segreto”, per poi vedersi rispondere un un secco “meh” (a questo punto ci andrebbe una battuta su Berlusconi, ma insomma, meh). Successivamente, a partire dal 2001, il meh cominciò ad essere usato frequentemente da tutti i personaggi della serie. A riguardo ciò, John Swartzwelder, fra i più prolifici scrittori dei Simpson, ha affermato di essersi imbattuto per la prima volta nel meh negli anni ’70: «avevo scoperto questa parola conoscendo uno scrittore pubblicitario di nome Howie Cracovia – dice Swartzwelder – che insisteva che meh fosse l’espressione più divertente del mondo». Ringraziamo quindi il signor Cracovia per il suo ruolo inconsapevole nella traduzione del meh.
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