Con colpevole ritardo mi appresto a scrivere le mie impressioni su questo evento che un po’ aspettavo da sempre. Come ogni cosa bella che si lascia attendere avevo rimandato il mio incontro con un live del duo inglese, più volte avevo dovuto rinunciare a vederli, anche quando nel 2010 me li ritrovavo a due passi da casa mia grazie ai ragazzi di Flussi. Sapevo però che prima o poi sarebbe successo, e che avrei potuto finalmente chiudere quel cerchio apertosi nel lontano 2009 con l’ascolto di Maybes.
Quando arrivo al cinema Odeon di Firenze, luogo scelto dall’organizzazione del Nextech come sede dell’evento, riesco a fumare un paio di sigarette prima di entrare e sedermi comodamente in attesa del live. In apertura al duo formato da Kai Campos e Dominic Maker c’è Stargate, moniker dietro cui si cela Lorenzo Senni, tra le altre cose membro di O – One Circle progetto torinese che comprende anche A:R:A e Vaghe Stelle; il set di Senni è un live marcato da suoni acidi, voci riverberate che il pitch deforma all’infinito. Come sempre Lorenzo si muove sinuoso, non mascherando affatto il suo passato da dancer nei club. Il set è ben strutturato, pieno di synth e arpeggi che spingono forte, forse la location crea un attimo di distacco con il pubblico che trova difficoltà ad entrare in quel mondo fatto per muoversi nervosi e senza freni. Ascolto gran parte del set per poi bere qualcosa prima del live dei Mount Kimbie cercando di smaltire la tensione che, già insita in me, aumenta con il passare dei minuti.
Quando i due ragazzi britannici salgono sul palco con Tony Kus alle pelli inizio a sentire un senso di benessere liberarsi, un po’ come se fossi un bambino il giorno di Natale a cui arrivano proprio i regali che aveva chiesto. Il bello di questo live è che insieme ad una miriade di controller e macchine controllate da un pc accuratamente nascosto, i tre si esibiscono alternandosi alla chitarra ed al basso a seconda dei brani, con Kus a percuotere la drum creando sovraccarichi di ritmo sui brani del duo londinese. Com’è giusto che sia sono i brani dell’ultimo Cold Sping Fault Less Youth a farla da padrone, con l’esecuzione di Home recording, Blood and Form, Break well e Made to Stray che creano un’atmosfera al tempo stesso intima e vibrante. I Mount Kimbie però sono al tempo stesso consapevoli di quanto i loro brani passati siano ben radicati nella mente di chi ascolta e cominciano così a tirare fuori brani dai loro precedenti lavori; così anche quel capolavoro che è stato Crooks & Lovers trova spazio nell’ora di live che il duo inglese performa, tracce come Carbonated o Before I move off danno, in questa dimensione live, sensazioni uniche, creando persino momenti di isteria in alcuni degli spettatori accorsi. Quando i tre scendono dal palco per farvi ritorno dopo pochi brevissimi attimi ciò che comincia è un mini after fatto di cassa in 4 e suoni di rara potenza che costringono gli astanti, fino a quel momento ben composti nelle loro poltrone, ad alzarsi e scuotere i propri corpi. Quando alla fine del set qualcuno invoca a gran voce King Krule, naturale ci scappa un sorriso quasi incredulo.
Alla fine del live esco dal posto estremamente felice per l’aver assistito ad uno di quei set che ri-definiscono il concetto di live electronics, in cui l’aspetto umano ha la meglio sulla macchina, creando qualcosa di unico ed irripetibile. Così, con il cuore colmo di gioia io ed il caro compagno di merende SpinOff andiamo a dare due boccate di allegria mentre i ragazzi di Radioeco realizzano questa bella intervista con Kai Campos che trovate qui sotto. Attenti che dentro c’è anche una bella sorpresa:
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R – Can we have a chat?
MK –Yeah, sure.
R – Oh, a recorded chat!
MK –Yeah, why not?!
R – Com’è stato suonare davanti ad un pubblico così immobile stasera?
MK – Molto strano. Quando abbiamo iniziato un pubblico calmo sarebbe stato perfetto perché facevamo cose che erano molto lente e ambient. Poi abbiamo cambiato, abbiamo provato a fare in modo che il live potesse essere adatto ai festival. E adesso quando capita di suonare in posti come questo (il Teatro Odeon di Firenze, ndr) è molto difficile perché abbiamo passato tutto questo tempo cercando di infondere molta energia in una musica che è abbastanza ambient. È stato molto bello in realtà, ed è rilassante, di tanto in tanto, la sensazione di avere delle persone che davvero ascoltano.
R – Perché il feedback del pubblico…per esempio se vedi gente che balla, puoi pensare “ok, sta funzionando”, oppure lo stesso se vedi persone che davvero stanno ascoltando…
MK – La gente balla qualsiasi cosa e te puoi urlare qualunque stupidaggine e ti rispondono con “yeeeaaaa!”…spesso dici idiozie solo per sentire il “woooo!” della gente, che non ha nulla a che fare con dove siamo. È solo uno strano urlarsi a vicenda, ed è bello anche non farlo.
R – State facendo un tour massiccio, non avete un day off.
MK – Per il momento stiamo facendo i festival, siamo partiti presto, abbiamo fatto di peggio, questo è abbastanza rilassato.
R – E come sta andando con il nuovo album?
MK – Penso che stia andando bene. Penso che, rispetto al primo, sia un album più difficile da entrarci dentro. E quindi un sacco di persone, nell’ultimo paio di settimane, mi dicono di averlo capito solo ora, invece che subito dall’inizio. E per me è davvero una cosa ottima, sono davvero contento che abbiamo fatto un disco che ha bisogno di un po’ di tempo…
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