L’altro giorno mi si è rotto il mac e dato che due mesi fa si era rotto pure il muletto (già sgarruppato da tempo) mi sono trovato a spendere del danaro per un nuovo computer. E quindi prendi i file da una parte e spostali dall’altra e capita che mi accorgo di uno .zip che avevo scaricato e lasciato lì, a maturare sul desktop. Sono dell’idea che ogni tanto sia cosa buona far maturare i dischi sul desktop, dischi che se ascoltati appena scaricati insieme ad altra mille robe non avrebbero lo stesso potenziale di ascolto, anche perché questo degli A Great Big Pile of Leaves finirà molto probabilmente nella mia top 10 di fine anno.
You’re Always On My Mind esce su Topshelf Records, etichetta che quest’anno ci sta dando grossissime soddisfazioni (TWIABP, CoR) e che è in generale una dei maggiori responsabili del grande successo della musica emo-oriented di questi ultimi anni. Gli AGBPOL però non fanno emo, anche se alla fine non sfigurano assolutamente in mezzo al roster della Topshelf. Il cantante Peter Weiland ha quel tono garage rock alla Julian Casablancas, ma a differenza sua si lava i capelli e raramente lo sentiremo sforzare la voce. Per tutto il disco, infatti, Pete canta con un tono blues che definirei caldo e rassicurante. La parte strumentale, sebbene possa essere banalmente riassunta con “indie-rock” (genere per definizione inesistente che da ora in poi chiamerò BANANE CARAMELLATE), presenta strutture a tratti quasi math, ma soprattutto atmosfere surf-folk à la Jack Johnson. Delle volte si sentono pure spruzzi di Costa Rica degli Ex-Otago, tipo nel finale di Flying Fish.
Dicevamo che You’re Always On My Mind è un disco che non sfigura affatto in una label che tratta prettamente emo e questo grazie alla sua capacità di creare una dimensione malinconica da fine vacanze/inizio autunno, grazie ad uno strano riverbero che aleggia attorno a tutta la produzione che pare di ascoltare le canzoni come se provenissero dall’interno di una conchigliona trovata in spiaggia, per i testi che parlano di amicizie, scuola, ricordi e forse anche per le chitarre che spesso si lasciano andare ad arpeggini decisamente twinkle. Questo disco è relax, malinconia e presobenismo tutto insieme e quindi anche voi, ogni tanto, lasciate invecchiare i dischi sul desktop, si sa mai che da quello che sembrava un Moreno possa nascere un Guè Pequeno. No, aspè.