Prosegue il sodalizio tra Paolo Mazzacani e Luciano Ermondi in arte Tempelhof con la label ferrarese “Hell Yeah Recordings”, dopo i primi due Ep (You K e City Airport) spetta a “Frozen Dancers” dare conferma degli ottimi assaggi che il duo italiano aveva proposto con i primi lavori. Il disco si presenta con un carattere ben delineato, è il frutto di un lavoro interiore, una ricerca esteriorizzata poi perfettamente con una lunga e sapiente esplorazione sonora. Per chi come loro è costretto a dover rispondere alle imprescindibili comparazioni con i “ Boards of Canada & friends” , riuscire a mantenere una dinamica coerenza ed un senso di composta innovazione non è impresa facile, eppure queste 9 tracce hanno saputo delineare perfettamente tutti i progressi di una maturazione stilistica ormai evidente. L’aria gelida generata dal titolo in contrasto con il torpore delle sonorità analogiche produce un piacevole senso di vuoto, sentirsi disorientati costringe a concentrarsi ed offre la possibilità di cogliere con attenzione le perfette proporzioni tra beat meccanici, synth profondi , voci erose dal tempo e suoni fluidi e nostalgici. “Drake” la traccia d’apertura sembra risalire dagli abissi come un ricordo che lentamente metti a fuoco, che man mano si colora, ti lascia il tempo di perderti per richiamare l’attenzione con l’incedere di suoni incalzanti e ritmiche leggere. In “Monday is blue” i luoghi restano gli stessi, destabilizzati però dall’ingresso di beat più inquieti e spettrali linee vocali che tornano e si evolvono con maggiore geometria in “Change” e “Dusk”,ritmicamente più stabili e quadrate. Più riflessive e profonde “Sinking Nation” e “Skateboarding at night”, stuzzicano l’illusione al movimento, perpetuano un’eccitante instabilità in cui con lentezza inizi a galleggiare. Con “Running Dog” termina “l’attimo ghiacciato”, termina che ancora senti in lontananza l’eco dei flussi sintetici con cui l’ultima traccia ti ha attraversato.
In un album dalla struttura dinamica crescente è apprezzabile il sapiente lavoro in sottrazione che ha permesso di far convivere flussi ambient, shoegaze, minimal e IDM in modo sinuoso ed armonico senza sbavature o incoerenze, un disco d’evasione in grado di regalarti anche solo per poco miraggi di libertà.