È bello poter parlare di un nuovo disco dei Tiger! Shit! Tiger! Tiger! proprio ora. Si, proprio adesso che dalla dannata Italia cominciano a venire fuori progetti validissimi ed esportabili fuori dallo stivale. Bene, le tigri di Foligno sono stati tra i primi a riuscire nell’intento di farsi amare fuori dalla penisola: un paio di apparizioni al SXSW, l’attenzione di numerosi siti e blog stranieri, ed un consenso, forse, più largo oltreoceano che a casa propria. Personalmente so di averli sempre amati sin dal primo ascolto di Crime Wave, brano infuocato che apriva quell’insieme di brani pericolosissimi per l’ascoltatore che rispondeva al nome di Be Yr Own Shit. A distanza di anni quell’amore non ha fatto nemmeno un passo indietro.
C’è di nuovo che adesso il buon Diego invece di gridare, come una volta sapeva fare, ulula, schiacciando la propria voce tra muri di riverberi. L’urgenza, una volta cifra stilistica e punto cardine della band umbra, rimane intatta, seppur affogata ed impastata nella marea sonora che contraddistingue questo nuovo Forever Young. Già perché la rabbia e l’attitudine sono dure a morire e non le sconfigge nemmeno il passare del tempo e gli anni che corrono veloci. Così, infilando nelle cuffie questo disco tutto fiori e bei colori (ma che figo è l’artwork?) si percepisce chiaro e forte che nulla cambierà questi tre ragazzi, che rimarranno per sempre giovani e gagliardi anche tra cent’anni.
Ascoltando il trittico iniziale formato dal title track Forever Young, Golden Age e Twins si capisce immediatamente di avere a che fare con un lavoro di qualità superiore alla media; una serie di schitarrate, il basso di Giovanna che preme sullo sterno, le pelli su cui Nicola picchia che è un piacere e ti senti subito in uno buio locale newyorkese a sudare forte e fumare sigarette oramai inumidite dalla condensa.
Broken, Change e Rage rappresentano il trittico dell’esaltazione della velocità, del tiro dritto e preciso, del furore più acceso. Passano minuti, ore e forse ere intere, ma questo Forever Young si conferma disco potentissimo, non più urlato come in BE Yr Own, o cantato quasi piangendo come in Whispers, ma sempre pieno di un’ altissima carica emozionale e di una maestria, oramai acquisita negli anni, nella stesura dei brani. Questo album ha un sound assolutamente omogeneo, capace di far arrivare la band di Foligno dove le compete: sul tetto di un mondo sotto cui tutti gli altri restano a scontrarsi spalla contro spalla. To Lose La Track ha il vanto di aver creduto in loro sin dal primo momento e di continuare a farlo disco dopo disco, tutori e padri putativi di una band che riesce a far lacrimare forte come poche.