Ci sono tre vie di fuga da Roma: la droga. Unica nel suo genere, è una via di fuga veloce e indolore, non dà dipendenza e ti aiuta a sovrastimare le moltitudini con cui quotidianamente ti rapporti. Ne parlo con cosciente cognizione di causa perché a Roma ci vivo e soprattutto perché mi drogo. Che c’entra la droga con Roma? Ok, altra domanda. Che c’entra la droga con “1994”, l’album d’esordio dei 12 Inch Plastic Toys? C’entra perché è un album che ti porta alla dipendenza e allo stesso tempo ti regala una più che degna colonna sonora per i tuoi viaggi dopati. L’album scorre con un ritmo feroce, pachidermico, a tratti anacronistico, tra beat ossessivi post-dubstep e rumori bianchi garage-ambient. Dalle tracce poi esce così poca luce che a metà ascolto hai già le occhiaie di Benico Del Toro dopo una maratona di seghe e valium. Il merito è tutto di Lorenzo e Andrea, due pisqui romani al soldo di mama White Forest Records (dio la benedica!), che da tempo ormai bazzicano stabilmente la scena elettronica italiana. Se vi servono coordinate musicali, leggete alla voce Burial, The Haxan Cloak e Zomby. Per dirne tre. L’ascolto è consigliato, fortemente consigliato (ci piace sottolineare con estremo piacere i non pochi riferimenti a famosi titoli letterari nei nomi delle tracce, tipo Winnegan’s Fake, Dart of Hearkness e Fuck Le Berry Hinn) da consumarsi preferibilmente dopo droghe (per un ascolto ottimale eh, poi va all’amor proprio, perché la droga fa male, l’ha detto anche Veronesi e un paio di volte Joe Vanardi). Ah, poi ci sarebbe un’altra via di fuga da Roma: la fica.