Gli His Electro Blue Voice sono tre ragazzi di Como che con una serie di Ep e singoli pubblicati a partire dal 2007 (e che potete ascoltare sul loro bandcamp) si sono fatti notare anche fuori dall’Italia, fino ad essere scelti dalla celebre Sub Pop Records, etichetta di Seattle “che qualcuno si ricorderà per quei dischi dei Nirvana Soundgarden Mudhoney…” (semi-cit.).
Dopo aver partecipato con un loro brano alla compilation SubPop 1000, uscita per il Record Store Day 2013, gli HEBV si sono chiusi in studio, dedicandosi al loro primo Lp.
Ruthless Sperm è uscito lo scorso 20 agosto e ci ha colpito per la capacità dei ragazzi di muoversi tra il noise, il post-punk e la psichedelia, dimostrando allo stesso tempo di aver ben digerito la lezione dell’indie anni 90 e che si può andare oltre il post-metal (o nu-metal, se preferite) che tanto successo ha raccolto nello scorso decennio, senza riproporlo in eterno secondo gli stessi canoni commerciali.
In concomitanza con l’inizio di un tour italiano (che li vedrà esibirsi venerdì 13 a Perugia, al Kandinsky Pub e sabato 14 a Roma, al CSOA Spartaco), abbiamo chiesto agli His Electro Blue Voice di raccontarci i 7 potentissimi brani che compongono Ruthless Sperm: questo è quello che ci ha scritto Francesco (chitarra e voce della band)…
1. DEATH CLIMB: Partenza in fissa, con il finale più violento dell’ album a quadrupla velocità.
Dare per scontato che tutto sembri portare alla conferma che la fine sia vicina, senza neanche scomodarsi e avere il coraggio di arrivare in cima, per potersi confrontare con un punto di vista alternativo.
2. SPIT DIRT: Garage- Kraut progressivo che si evolve in tre parti sempre sullo stesso riff per 8 minuti.
Ci sono esseri umani che non riescono a comunicare e vengono presi per pazzi o inconcludenti. Isolati e derisi, senza nemmeno che nesssuno provi a capirne il motivo. Questo perché i più, hanno la paura di ritrovarsi faccia a faccia con il fatto che queste persone possano portare al loro interno un pensiero molto più concreto, geniale e delineato di quanto si possa pensare.
3. SEA BUG: Batteria meccanica, chitarre fumose, con aspro, malinconico finale di arpeggini anni ottanta.
Un uomo sembra sognare di stare in fondo al mare, ma si ricorda di essere stato tra gli umani e non volerci più tornare assieme.
4. TUMOR: A braccetto con l’ iniziale Death Climb avrebbe potuto formare un ipotetico breve 7”. Immobile marcia rumorosa, con incroci di sintetizzatori impazziti finali.
Pessimismo e abbandono creano un temporanea mancanza di rispetto, di fidicia, d’ amore e passione per tutto ciò che ci circonda e sostiene. Rimangono solo prepotenza e vizi.
5. THE PATH: Punk-Wave di 5 minuti e mezzo con continui riarrangiamenti di sinth e chitarra sulle continue tre note di basso.
Sogni e ricordi sbiaditi di una grande festa nella natura sulla “Collina dei Ciclopi”, a base di sesso, schiamazzi, escrementi, insetti, donne disponibili, e animali di ogni tipo. Niente uomini e niente musica.
6. BORN/TIRED: Il pezzo più rock mai fatto da HEBV, con una coda conclusiva che fa dimenticare il punto di partenza.
Vite passate, paure e pessimismo odierno, si incrociano per cercare di far luce sul motivo di tutta questa mia stanchezza. Una partenza vigorosa per un finale desertico, isolato, senza più liquidi.
7. RED EARTH: Il pezzo più datato che è stato inserito per ultimo nel disco, come ultima traccia. E’ l unico brano in cui non ci sono urla e dove la chitarra appare raramente. Oscura, batteria che non cambia mai e tappeto costante di sinth. Un altro lato di HEBV da voler mostrare per chiudere il tutto.
Pensieri alla rinfusa, apparentemente senza senso. Loop e giochi mentali da risolvere per uscirne, escono dal cervello di un uomo che forse sogna, addormentato non si sa dove.
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