Primitive Art sono Matteo Pit e Jim Nedd – il primo produce e il secondo canta – e “Problems” è il loro primo album, edito da Hundebiss Records, una delle etichette indipendenti più interessanti in Italia, vi bastino la citazione di due piccoli capolavori come “Use Your Illusion” di Dracula Lewis e “Hexplore Superfluidity” di Stargate aka Lorenzo Senni.
Personalmente conosco Matteo Pit fin da quando era piccolo: è uno dei migliori amici di mio fratello, e sempre con mio fratello era parte del duo Calcutta Bubbles, con cui hanno suonato in giro parecchio, e si sono pure tolti qualche bella soddisfazione.
Matteo Pit ha sempre avuto un grande talento, accompagnato da quella predisposizione tipica che contraddistingue chi ha la ventura di nascere artista, senza bisogno di sforzarsi troppo per diventarlo. Detto questo, e avendo ascoltato tutta la sua produzione – fin dai primissimi demo targati Calcutta Bubbles –, riconosco in “Problems” il risultato concreto di un duro lavoro, frutto di un’evoluzione stilistica vissuta in prima persona, senza copiare nessuno.
L’album si presenta subito con un paradosso: di chiama Problems, e nel disegno (bellissimo) di copertina è ritratto Cristiano Ronaldo che piange. L’immagine di uno sportivo multimilionario famosissimo, bello come il sole, in lacrime per la sconfitta della sua squadra, dà una diversa connotazione al titolo: Cristiano Ronaldo è infatti raffigurato come una specie di essere mitologico, e i problemi di un dio, si sa, sono diversi da quelli dei comuni mortali. Questa ambiguità di fondo si percepisce anche nella musica: sporca e oscura, ma rivolta ad una dimensione più spirituale, in una tensione senza compimento.
Il disco è composto da quattro lunghe tracce, ideate fin dal principio nella prospettiva di una stampa su vinile, e proprio il formato vinile dà il valore aggiunto. Non è un luogo comune: la copertina, il suono, la durata, la scrittura dei brani. Su Cd – al di là del feticismo – il risultato globale sarebbe stato molto differente. La musica è invece difficilmente catalogabile. Siamo dalle parti di una specie di dub tribale ed urbano influenzato tanto dall’house quanto dall’ambient: lo ascolti e ti immagini nella savana, poi però ti giri attorno e vedi la vegetazione ricoperta di polveri sottili, e gli animali hanno l’asma, e il manto del leone è grigio antracite.
Come dicevamo i brani sono molto lunghi, tutti omogenei tra loro, e il fulcro è incentrato sulle percussioni e sulla densa stratificazione di samples, synth ed effetti. A cui va ad aggiungersi la voce di Jim Nedd, ulteriore strato, il cui cantato su tonalità basse è utilizzato anch’esso come strumento, più che come linea vocale canonica.
“Problems”, nella sua natura granitica di oggetto-disco, è quindi un lavoro davvero convincente. L’ennesimo strike per Hundebiss, che continua a produrre – e produrre fisicamente – lavori di qualità.
REVIEW BY FILIPPO PAPETTI