A due anni di distanza dal notevole “R.I.P.”, uno dei titoli più acclamati del 2012, “Ghettoville” è l’ultimo – e non solo in ordine cronologico – album del produttore londinese Darren J. Cunningham, meglio noto come Actress, uno dei nomi più interessanti della musica elettronica di questo inizio decennio. Sulla questione “ultimo”, dice tutto il comunicato stampa: “Ghettoville is the bleached out and black tinted conclusion of the Actress image”, e ancora: “A fix is no longer a release, it’s a brittle curse. Zero satisfaction, no teeth, pseudo artists running rampant, but the path continues. R.I.P Music 2014”. Più chiaro di così.
Fatte queste premesse – dovute, dato che il disco si gioca tutto sulla consapevolezza di questa terminalità – posso solo aggiungere una cosa: raramente mi era capitato di ascoltare un album di black music così triste. Triste, non malinconico, una specie di tristezza svuotata, come accompagnata da un senso di fatica fisica, abbandonata ad uno stato di rassegnazione ormai noncurante, sfibrata. In questo Actress è a tratti anche troppo esplicito, i trucchi comunicativi sono messi lì in bella vista, senza ambiguità. Il richiamo alla visione poi non è affatto casuale, questa è una musica dall’altissimo potenziale immaginifico. Ghettoville è infatti prima di tutto un ambiente (lo dice anche il titolo), un ambiente malsano, e lo si nota fin dal primo ascolto. La grumosa stratificazione degli effetti, l’equalizzazione aspra, l’oscura grana sonora, il tutto concorre a creare una musica che la si può vedere, in piena sinestesia. Il brano che chiude l’edizione giapponese dell’album, facilmente reperibile sul web, poi ha un titolo difficilmente equivocabile: Grey Over Blue – che forse ne è anche la miglior descrizione possibile –, l’idea di questa patina visiva grigia, in riferimento al blu, il colore simbolo della black music, a suggerire un ulteriore stadio di malessere.
Prodotto da Werkdiscs, l’etichetta di cui Darren è co-fondatore, in collaborazione con la storica Ninja Tune, l’album esce anche in versione triplo LP, ma probabilmente per il suo carattere monolitico (più di settanta minuti di musica), è meglio la versione su cd o quantomeno in mp3, dato che va ascoltato dall’inizio alla fine senza interruzioni, e sfido io a cambiare per tre volte il vinile senza la tentazione di metter sul piatto un qualcosa di un tantinello più umano. A parte gli scherzi, e per concentrarsi maggiormente sulla musica in sé, Actress dimostra anche questa volta di essere un signor produttore, abilissimo a destreggiarsi su vari livelli e dotato di una spiccata vena comunicativa. Dentro Ghettoville c’è di tutto: techno, house, dub, funk, soul, hip hop. Tuttavia anche qui questo bagaglio di influenze è trattato più in maniera visuale che strettamente musicale. È un’operazione che rasenta la tassidermia: i groove ci sono, sono lì, li senti, li vedi. Però sono svuotati dall’interno, privi di vita, come un animale imbalsamato che mantiene la sua forma ma è privo di anima, e rimane fermo. E non può che trasmetterti un senso di impotenza.
Insomma, quello che Actress voleva dirci con questo disco arriva forte e chiaro. Il messaggio è inequivocabile, il resto poi lo giudicherà il tempo. Rimane solo Darren J. Cunningham. Se e quando deciderà di continuare a produrre musica, lo farà con un nome diverso da Actress, ben consapevole di dover affrontare l’inevitabile paragone. A noi per ora rimangono quattro ottimi dischi e una manciata di Ep, tutti da riscoprire. Aspettiamo fiduciosi.