Il secondo disco dei 7 Training Days è uscito lo scorso Dicembre. Con un po’ di ritardo─ma si sa che il tempo è relativo─abbiamo chiesto ai ragazzi di raccontarcelo.
Gone
Una giro di accordi che risale al 2004 (antecedente dunque anche alla data di nascita della band) e una melodia targata 2009: dieci anni di rincorse per cercare la giusta “forma” da dare a questa ballata folk dalle venature psichedeliche, senza renderci conto che poteva funzionare semplicemente lasciandola correre sulle proprie gambe, senza nessuna forzatura.
Dopo averla gonfiata a dismisura l’abbiamo spogliata di tutto: a volte la cosa migliore ce l’hai davanti agli occhi ma te ne accorgi solo dopo 10 anni. Come è stato per Gone.
You Are Not Me
Sarà il secondo singolo dell’album: uno scanzonato (e sfacciato) ritratto delle annose differenze tra uomo e donna, tra satira e ironia.
Il riferimento musicale è chiaramente quello degli Wilco più “leggeri”, ed è probabilmente il brano che più ci diverte suonare dal vivo.
Life
Oltre ai Low, il faro che ci ha sempre guidato sono stati i R.E.M. (in particolar modo quelli eroici della fase I.R.S.), e il riff introduttivo di questo brano (singolo di lancio di Wires, e non poteva essere altrimenti) li celebra in maniera chiara e ricollega tutti i pezzi del mosaico.
Abbiamo realizzato anche un video per Life, cercando di rappresentare nella veemenza del suo girato la matrice stessa del messaggio e del sound dell’intero disco.
Wires
Troppo spesso non abbiamo alcuna consapevolezza dei fili che ci legano, vincolandoci senza far rumore; partono dal nostro corpo ed esplodono intorno, ancorandosi a una persona, un ricordo, un impegno o un lavoro… altre volte a uno sbaglio, un sorriso, una ferita, uno stato mentale.
L’intero album parla di tutto questo, ma soprattutto racconta come distruggere questi fili, per liberarsi e guardare avanti, vivendo nel presente, aderenti a ciò che si è davvero, nel profondo.
La title-track aveva il compito di farsi portavoce di tutto questo, e abbiamo scelto di evocarlo attraverso delle distorsioni acide e molto desertiche, una ritmica tribale, ed una linea vocale particolarmente intensa.
Pocket Venus
E’ forse il nostro pezzo “pop” per eccellenza, tutto costruito su dinamiche “catchy” e melodie di facile presa. La sezione ritmica si muove sui classici schemi new wave, e la solista rimanda alla mente gli echi del The Edge che fu.
E’ presente anche in “Finale/Forward”, il mini ep “di transito”, uscito tra il nostro primo album (“In a safe place”) e questo.
Down To The River
Ancora Wilco ma anche molti Beatles del periodo “Sgt. Peppers” alla base di questa allegra ballata folk (ma di allegro c’è solamente il sound, dato che le liriche sfruttano delle figure retoriche di natura profondamente sarcastica per raccontare la disgregazione sociale e culturale del nostro Paese).
Wires è sicuramente un album molto eterogeneo, ma Down by the river, in particolar modo, ha una sua specificità che la rende, di fatto, una creazione a se stante.
I Will
Anche in questo caso, come per Gone, le radici risalgono molto indietro nel tempo, ma è un brano (uno di quelli ai quali siamo maggiormente legati) che aveva necessariamente bisogno di crescere con gli anni, assorbire i mutamenti del tempo, respirare aria.
Perfettamente allineata con le tematiche del disco (incenerire quei dannati fili!) si muove attraverso un mood slowcore (Low ma soprattutto Slint) fatto di furiosi saliscendi e di un break centrale del quale siamo particolarmente orgogliosi.
La dinamica è la cosa più importante che ci possa essere in una canzone: I Will è il nostro personale omaggio a questo valore sempre più “dimenticato”.
Something More Clear
Una carrellata di immagini e azioni che cercano di trasmettere un senso quasi buddhista di aria, spazio, momenti sereni. La memoria/moneta è Borges, il vero nome di Dio sono racconti a tema religioso (Il pendolo di Focault), chi conta le onde è Palomar.
Un’invocazione a credere in qualunque cosa permetta di stare bene… ma è giusto questo credo?
To Climb
To Climb è una riflessione sulla felicità intesa come punto massimo di intensità e gioia. Il protagonista del racconto è convinto che la riconoscerà appena arriverà, ma poi capisce che basta un dubbio a toglierle la perfezione.
Come si farà dunque a capire quel momento in cui saremo felici, con la sicurezza che non ce ne sarà un altro ancora migliore?Un testo esistenzialista al servizio di una sanguigna ballata alt-rock con accenti blues.
Eggplant Is The Color
Uno dei pezzi più giovani, terminato praticamente durante le sessions di registrazione del disco, avvenute al VDSS Recording Studio di Filippo Strang, durante tre mesi meravigliosi e indimenticabili. Molto duro lavoro ma altrettanto divertimento e libertà.
Filippo ci ha insegnato che è la verità quella che conta. La verità di un errore che non deve essere corretto, della visceralità di un cantato senza troppi orpelli, del calore delle valvole e dei riverberi naturali, della superiorità dell’analogico, delle menti aperte senza pregiudizi.
The Greater Good
E’ probabilmente, allo stato attuale, il brano più importante del nostro repertorio.
Un pò perchè dal vivo è quello che riscuote maggiori consensi, ma soprattutto perchè ha rappresentato il passaggio alla “fase 2.0” dei 7 Training Days.
Presente anch’esso sull’ep “Finale/Forward” (come Pocket Venus) ha bruscamente rotto gli schemi del nostro album d’esordio gettando il seme per il tipo di approccio (e soprattutto di sound) che è stato poi alla base della realizzazione di Wires.
Una sorta di “turning point”, un modo per guardare oltre.
Overdrive spinto sul basso, chitarra ipnotica, voce megafonata e batteria ossessiva per descrivere quella sensazione di impotenza che si ha quando per cercare di reggiungere scopi nobili si deve necessariamente passare attraverso l’annullamento dei propri principi morali.
Random Heart
E’ stata scritta durante le sessions di registrazione del nostro primo album, e passata poi attraverso un paio di revisioni radicali fino ad arrivare alla sua forma finita, che è questa qui.
Una classica ballata indierock che da molti anni ormai utilizziamo per chiudere i nostri concerti, dato il suo potenziale “catartico” e il suo mood profondamente emotivo ed emozionale.
E’ stata quindi spontanea ed automatica la scelta di collocarla anche alla fine di Wires.