Ci si potrebbe interrogare sui motivi che hanno spinto gli Esperanza a cambiare nome e cominciare un nuovo progetto con il nuovo moniker di Dead Heat. Al netto delle risposte che potremmo avere, nessuna sarebbe realmente importante; almeno non tanto importante come ciò che può dirci la loro musica.
Le due tracce originali, Bosco e The Dam, suonano come due tracce complementari eppure così diverse, risvolti differenti di uno stesso sentimento; bianco e nero che si fondono per creare nuove sfumature. Rispetto al passato rimangono quell’impronta mentale e le atmosfere rarefatte che caratterizzavano il progetto precedente. C’è un piano a fare da linea di continuità tra i due singoli, una tratto, scrittura che unisce i due brani rendendoli complementari nella loro differenza. Bassi incalzanti a disegnare il ritmo, a farlo crescere quando la stasi sembra farla da padrona. Se Bosco è il lato nero e pretty sad dell’ep, The Dam si presenta invece come viaggio mentale in cui le chitarre si fanno languide disegnando scenari ampi e spazi aperti, meno asfissianti ed ossessivi del brano d’apertura.
A corredare le due tracce originali, troviamo due remix a firma Lucy (su Bosco) e The Field. Il primo, producer e resident del club berlinese Berghain, esalta il carattere incalzante della bassline e lavorando su drum sporche ed insistenti crea un trip techno, riscrivendo la propria personale versione della titletrack. Lo svedese, invece, trasforma The Dam in un brano fatto di soundscapes e loop cerebrali creando un’atmosfera che tiene sospeso l’ascoltatore in un limbo cosmico da cui risulta difficile uscire.
Il debutto su Life and Death segna la strada di quello che sarà il mondo dei Dead Heat, non resta che attendere un lavoro più ampio per capire se buio e luce continueranno a fondersi ed essere parte della stessa realtà o, piuttosto, cominceranno a combattere per il primato.