Ancora conferme, ancora tracce, ancora episodi, prove, impronte. Noi è un po’ che “rimeniamo la solfa: la primavera scorsa vedevamo garage dappertutto, ci sbagliavamo? No. Ora quest’anno, alla stessa maniera, vi diciamo che qui è una giungla, una fottuta Saigon di suoni che stanno insieme con un’unica mission, contaminazione, lettura, studio, inspirazione e ancora contaminazione. La leggi, la pensi, la suoni. Ecco perché non c’è da spaventarsi né da stupirsi se nelle nebbiose paludi d’Albione Addison Groove ha mandato i martelli da guerra. Perché, se dalla solida Chicago, ti muovi per tornare in patria a sguazzare nella melma di giungle sudate quali sono le radio, i club, i rave, gli shop di oltre manica conviene andarci con martelli addestrati e affamati, armati di snare frenetici, di kick taglienti, ritmi che vengono direttamente dalla scuola del ritmo (scusate la ripetizione). 50 Weapons, Modeselektor, sono quelli che parano il culo ad Apparat e fanno in modo che non si prenda troppi vaffanculo quando parla (a sproposito). Sample che parlano in slang e vocals che fischiettano pop, armi tattiche vincenti alla guerra del suono e Addison lo sa: ai martelli da guerra delle terre d’Albione devi dare un cordiale di pop almeno iniziale (just you) per mandarli nella giungla. Ancora non ti basta? Bene allora sappi che nel camouflage del sophomore del sergente Addison ci sono linee di confine acido lisergiche, dove il basso si fa dominante a tambur battente e torna a sentirsi più alto, più presente e mai mite. Dimenticata la juke di Chicago? Certo che no, quella ora è l’ogiva di un proiettile stemperato con la techno delle notti Sub:stance. Ci senti tutto e niente, ci vedi tutto e niente… illusioni caleidoscopiche che solo i suoni della giungla possono. Questo è il sophomore di Addison Groove, breccia a segno in un’annata che vive di giungla, ma che punta a direzioni ben chiare e per niente opinabili, si balla tesi, a ritmi tesi, con nervi tesi. Per dormire c’è un’altra vita.