Immagini di Fabio Di Cecca
Apri uno dei quattro browser che questo inizio millennio ha scelto per te, e uno dei modi in cui potrai raggiungere le notizie è scegliendo dalla tua barra dei preferiti/top sites quali voci ascoltare nella tua rassegna stampa giornaliera. Quello che ti si porrà davanti agli occhi saranno migliaia di bigliettoni investiti in front end, dalle testate nate assieme al Paese fino a quelle di moda che hanno visto la luce negli ultimi anni. Questo se sei nella fascia d’utenza a cui piace ancora vedere una bella homepage con gli highlights dallo schermo del tablet. Nel caso tu attinga esclusivamente da feedreader, home di Facebook e altri account social secondo le tue preferenze espresse e caratterizzanti, la rete ti offrirà l’equivalente degli urlatori della nostra epoca, con catchphrase in ogni titolo.
L’acquisizione delle notizie in questo modo comporta un punto di incontro tra lettore e medium sulla superficie social, un nodo labile incastrato tra un mare di altro contenuto generato dagli utenti e gratuito per presupposto. L’esperienza che il lettore farà della notizia o della fonte è fortemente appiattita dal contesto digitale. Dall’altra parte del confine, le testate stesse, che siano specializzate o grossi contenitori generalisti, tendono a voler incontrare un pubblico distratto ad ogni costo per mantenere alto il traffico, frammentando linee editoriali e banalizzandosi da sole. La peculiarità della voce di ogni singola rivista o giornale è compromessa. La fruizione con Flipboard o con il neonato Paper fa in modo che l’unico legame preesistente tra un contenuto e l’altro sarà solo il continuum spazio temporale del mondo.
In questo bukkake di informazioni che sopraggiungono da ogni angolo del web l’uso di filtri si fa necessario, che siano raccolte dei migliori vine della settimana o tumblr con le foto dei kiwi aperti più somiglianti a dei culi di babbuino. Su altri lidi la necessità di catturare l’attenzione del pubblico online affetto da accidia porta a scelte inconcepibili fino a 12mesi fa. La HBO ha scelto di mettere in streaming su Youtube le prime due puntate della terza stagione di Girls. Vedere un network via cavo sconfinare su un’altra piattaforma è spiazzante per gli analisti media, soprattutto perché la tendenza è proprio quella opposta. Realtà nate su internet stanno decidendo di approdare alla dimensione fisica, l’unica rimasta che può permettere la user experience totalizzante di scelte editoriali precise.
Pitchfork ha dato vita a The Pitchfork Review, un trimestrale con foto patinate e articoli d’approfondimento decisamente poco adattabili alle soglie di attenzione mantenute in rete.
Il servizio è per abbonati, questo forse per sottolineare che si tratta di un prodotto heritage, prendendo le distanze dai freepress di altri grossi brand. Altro segno dell’inversione di tendenza è VICE che si ritaglia uno spazio sulla sopra citata HBO con un format di news dal mondo, in stile VICE Guide To Travel, per la fetta più giovane di audience del canale via cavo.
La motivazione di queste muscolari virate nella strategia risiede nella battaglia per conquistare un pubblico vasto e omogeneizzato dalla rete, non più fidelizzabile grazie all’abbondanza dell’offerta o alla presenza su più piattaforme. La compliance va solo alla voce avvertita come forte e chiara.