Il 4 Aprile scorso è uscito il nuovo disco di Godblesscomputers, “Veleno”. Qui puoi leggere l’intervista fatta a Lorenzo, mentre sotto trovi lo streaming ed il track by track dell’album.
What we’ve lost è la storia di un amore concluso da diversi anni. E’ un pezzo che mette in relazione il presente col passato, che parla di ricordi, parole, rimpianti e paure. E’ un pezzo sull’incapacità umana di guardare il passato in modo oggettivo.
Icry è un brano scritto di getto e concluso nell’arco di poche ore in un grigio pomeriggio invernale dopo una lunga camminata tra le campagne romagnole. Quando lascio Bologna e ritorno in Romagna dai miei, adoro fare lunghe corse e camminate tra il silenzio e la solitudine dei campi coltivati. Tutto questo mi rigenera e mi da gli stimoli per scrivere musica nuova.
Nothing to me è la colonna sonora di un viaggio tra gli scorci e i volti delle città e dei luoghi nei quali ho vissuto. E’ un pezzo da ascoltare nelle cuffie dell’ipod mentre cammini tra bottiglie rotte, locandine di concerti strappate e i graffiti di Blu.
Seventh Floor è un pezzo scritto guardando fuori dalla finestra del mio studio, al settimo piano. Da questo luogo privilegiato vedo le automobili che sfrecciano sulla strada principale, le industrie, le campagne, gli orti sociali, la vita di quartiere. Ovunque mi concentri scopro un microcosmo a se, che ho cercato di descrivere con repentini cambi ritmici e arrangiamenti.
Collapse è un brano molto liquido ed evocativo, forse quello che rappresenta meglio il conflitto tra uomo e natura presente nel disco. Se chiudo gli occhi vedo un uomo sotto la pioggia incessante che cerca disperatamente di districarsi tra i rami e gli arbusti di una jungla velenosa.
Yaun è un diario di viaggio fatto con lo zaino in spalla in Asia centrale. Ho utilizzato registrazioni di campo e sample provenienti dalla Mongolia.
Orange. D’inverno, quando torno in Romagna, insieme agli amici di una vita ci ritroviamo in una vecchia casa di campagna a fumare, bere vino e mangiare castagne cotte sul fuoco. A fine di una di queste serate ho riempito una busta di bucce di castagne e arance che ho portato in studio da campionare. Mi piace l’idea che nei miei pezzi siano racchiuse piccole storie di cui solo io sono a conoscenza.