Testo: Filippo Papetti
Illustrazione Michele Papetti
Ricorre oggi il centesimo anniversario della nascita di Sun Ra, una delle personalità più eccentriche della storia del Jazz e non solo. Compositore e direttore d’orchestra. Poeta, filosofo e mistico. O meglio: poeta, filosofo e mistico come poteva esserlo uno che si presentava sul palco invocando lo Spazio, agghindato in tuniche sgargianti e bizzarri cappellini. Pioniere dell’afrofuturismo e dell’autoproduzione – aveva un’etichetta indipendente quando era semplicemente impensabile che un musicista di colore potesse averla –, è stato anche uno dei primissimi nel Jazz ad utilizzare i sintetizzatori in maniera creativa, preconizzando quindi molta della musica elettronica che ascoltiamo oggi. Insomma: uno dei grandi irregolari del Novecento, che è quantomai doveroso tributare.
Herman Poole Blount, questo il suo vero nome, nasce il 22 maggio del 1914 a Birmingham, in Alabama, una delle città con il maggior livello di segregazione razziale degli interi Stati Uniti. I primi anni della sua vita sono stati per lungo tempo oggetto di mistero, sistematicamente occultati dallo stesso Ra nel processo di creazione della propria mitologia, e ricostruiti solo in parte dal pur ottimo lavoro dello storico ed antropologo John Szwed, autore dell’unica biografia ad oggi esistente: Space Is The Place: The Lives And Times Of Sun Ra, da poco disponibile anche in italiano grazie a Minimum Fax.
Il suo percorso umano ed artistico è stato qualcosa di unico, difficilmente ripetibile. Una storia che inizia da ragazzino quando il fratello maggiore gli fa sentire i dischi di Duke Ellington e Fletcher Henderson, giganti dello swing e due dei più importanti bandleader di sempre. Sonny allora inizia a suonare il pianoforte, ad orecchio – com’è tipico dei grandi – e, cosa più rara, impara a leggere e scrivere la musica da autodidatta. Parallelamente a ciò, scopre l’altra sua più grande inclinazione: lo studio. Per tutta la vita sarà infatti un lettore onnivoro, arrivando a collezionare anche una discreta biblioteca (una stima parziale è contenuta nell’ultima edizione della sua raccolta di poesie, The Immeasurable Equation). Dopo aver terminato le scuole e aver ottenuto l’abilitazione all’insegnamento, arriva la chiamata alle armi. Sonny fa obiezione di coscienza, e viene perciò imprigionato per cinque mesi: renitenza alla leva. Al suo ritorno a Birmingham però qualcosa dentro di lui è cambiato, ed è probabilmente in questo momento che atterra sul Nostro Pianeta un alieno di nome Sun Ra.
Si stabilisce a Chicago nel 1946 – durante quella che viene chiamata The Second Great Migration: cinque milioni di afroamericani che si trasferiscono dal Sud al Nord – e si guadagna da vivere suonando dei club, tra gangster e prostituite. Nel frattempo però continua a studiare, legge di notte – pare non dormisse praticamente mai –, divora una quantità incredibile di testi oscuri, principalmente di esegesi biblica e letteratura esoterica. Cerca una propria identità altra, le questioni razziali lo tormentano, si domanda del perché la vita delle persone di colore debba essere così dura, e trova nei libri una visione alternativa, una diversa interpretazione, un’interpretazione che restituisce dignità al popolo afroamericano.
In questo senso l’Antico Egitto è la via. Ma è un Antico Egitto ancora più antico di quello che conosciamo. Secondo Sun Ra – e secondo una letteratura molto in voga all’epoca, ad alcuni livelli confermata anche a livello scientifico – l’Egitto è la fonte primigenia della cultura greca, quindi occidentale, quindi bianca. È una rivelazione. Herman Poole Blount diventa allora Le Son’y Ra – nuovo nome legale, abbreviato in Sun Ra –, ma non si tratta di un semplice soprannome, è una vera e propria nuova identità, che lo costringe moralmente a fare abiura della prima, troncando ogni rapporto con la sua famiglia e la sua città natale, arrivando anche a cancellare i propri documenti.
Quello che accade dopo è storia molto più nota. Un breve elenco: dirige per quasi quarant’anni la sua Arkestra – l’ultima grande big band della storia del Jazz, attiva ancora oggi –, fonda la El Saturn Records, produce più di centocinquanta dischi, diventa una delle figure più importanti del Jazz d’avanguardia, porta il suo spettacolo in ogni angolo del globo, eccetra eccetra. Ma mi sono voluto concentrare su un aspetto che molto spesso viene ignorato, per non dire completamente trascurato. Sun Ra non era (solo) il pianista-mezzo pazzo che faceva musica incomprensibile vestito da faraone spaziale. Sun Ra è stato principalmente un grande intellettuale che è riuscito ad incanalare tutte le sue esperienze di vita – musica, poesia, dolore, gioia, arte e sapienza – in una vera e propria estetica dell’esistenza, una roba da fare impallidire a Foucault. Per questo va tributato, perché nonostante le condizioni sfavorevoli ha comunque continuato a portare avanti il suo messaggio, che è un messaggio di liberazione e di anelito verso condizioni di vita migliori – il richiamo allo Spazio è tutto qui –, non solo per il popolo afroamericano, ma per l’umanità intera. Quindi Space is still the Place, tanti auguri Sun Ra.