Nuovo appuntamento con lo Spring Attitude, più difficile sicuramente rispetto a quello dello scorso anno perché un qualcosa già c’era e toccava confermarsi, anzi, migliorarsi. Due giorni con tanto di pomeridiana e molta, moltissima attesa. Sulla carta una line up di assoluto livello e tutti i presupposti per lasciare un segno indelebile nella memoria dei partecipanti. Il racconto del festival attraverso le parole di Mirko Carera e le foto di Alberto Blasetti.
Venerdì 23 maggio
Mi stacco poco dalla transenna sotto palco del main stage. Suonano Cosmo (meglio live che su disco, dal vivo percepisci quella potenza che nell’album è solo accennata; show che fa star bene occhi e orecchie), Com Truise, Gold Panda, TEED, Egyptrixx (che picchia come se non ci fosse un domani).
UP
Go Dugong,
suona a ora tarda nella saletta piccola, un movimento di musica ondeggiante. Machweo me ne aveva parlato molto bene e ha ragione, fa un figurone. Suona la sua musica senza fronzoli e la suona BENE. La gente si diverte, balla e ondeggia. Il ragazzo merita tante tantissime attenzioni e magari anche un palco più grande.
Gold Panda
Attesissimo e bravissimo, uno scricciolo indiavolato con un concetto di sound infinito: si parte con un suono minimo e ogni 8 battute ne entra uno nuovo fino al diluvio. È quasi sciamanico, porta tutto il pubblico in un rito collettivo che lui stesso non vorrebbe mai chiudere con buona pace della line up prefissata.
TEED
un fascio di nervi furbacchione suona Dark beat by Oscar G and Ralph Falcon, un pezzo di dieci anni fa che fa risalire tutto al pubblico più attempato (sono vecchio? Sì) e non dimentica Bad kingdom dei Moderat. Scherzando tra tech house e uk funky chiude con il suo pezzo più famoso conquistando un pubblico che vuole ballare e ogni tanto cantare un ritornello in maniera sconnessa.
DOWN
Com Truise
Lo aspettavo davvero e pure tanto, ma figlio mio tu stai andando a suonare allo Spring Attitude mica al disco pub di zio Checco, controllalo il computer! Il set salta due volte, computer dice lui / colpa tua dico io. Sarà questa la colpa di un set così piatto? Senza cuore, poca enfasi e una sensazione di disagio nell’ascoltare i suoi brani più fighi serviti mosci con big Mac menù. Delusione. Sei allo Spring Attitude amico, hai da spaccà.
Sabato 24 Maggio pomeriggio La Pelanda Spring Attitude Day.
Suonano Fabrice Esu (con pargoletta al seguito che fa spuntare gli occhioni dalla consolle─se hai suonato anche solo un set in vita tua, quell’immagine ha commosso anche te). Popolous (inizio timido, colpa di un check non fatto, finale in apoteosi, dove spazza via tutti i dubbi con sicurezza), PlanningToRock, Jolly Mare, Illum Sphere (fa il minestrone mischia tutto e lo fa con i vinili, con una tecnica monster, peccato che io mi aspettassi la sua musica e che non appena ti abitui al genere il bastardello cambia, ma lo fa molto bene).
UP
Jolly Mare
È lui il vincitore morale e non solo di questo Spring Attitude. Se suonerà al SONAR prima di mr. Dam-Funk, il motivo è spiegato in questo caldissimo pomeriggio. È un’assoluta macchina da guerra votata all’andamento funk, i bassi non sono mai monotoni e cullano anima e cuore, dentro butta due re edit a nome Franco Califano e Pino Daniele. Si muove preso bene, si diverte e ci diverte e stiamo parlando delle 18 di sabato pomeriggio. È quasi un peccato vederlo finire.
Permettetemi una digressione,
signori il nostro bel paese sforna eccellenze, basta sapere dove cercarle. Nessuno di quelli arrivati qui sbava, anzi, presenza ottima e timidezza zero. Avanti così. Fabrizio, ci vediamo al Sonar (guarda tra il pubblico sarò lì con maglia di dlso a fare il matto)
DOWN
Uno solo, ma vi rimando ad un discorso più ampio che vi faccio dopo. Il pomeriggio non c’è davvero nulla che non vada bene: il posto è figo, c’è il sole, ci sono i posti fuori per socializzare. Si parla, si ride e si scherza molto, come dovrebbe davvero essere un pomeridiano.
Sabato 24 maggio sera
Suonano Trust (mio idolo assoluto suona e canta bene un bellissimo album), Om Unit, Jon Hopkins, Four Tet, George Fitzgerald. Purtroppo per questa sera devo fare una scelta o in main room o in saletta, spazio per muoversi ne rimane pochissimo, scelgo il sotto palco a destra e rimango lì.
UP
Om Unit
Ve lo dico ok? Per tutto il pomeriggio mi chiedo ad alta voce che cazzo suonerà questo? perché il disco è una bomba, ma siamo sul lento con stile, un’unica possibilità: suonare Jungle. La “ggente” mi guarda con faccia storta, la GIUNGLEEE? Alla fine ha ragione lo zio Mirko. Primo pezzo, Rude Boy. Ed io impazzisco. Ballo e balliamo jungle e un filo di bass music per tutto il set senza sosta né compromessi. Inaspettato e divertentissimo.
Jon Hopkins
Sono quasi tutti lì per lui e c’è un motivo se questo assoluto e divino producer è cosi atteso: un diluvio di suoni e immagini. Si parte lenti per poi scatenare la belva. È un viaggio con picchi altissimi e discese ripide. Presi per mano, vale da solo il prezzo del biglietto.
DOWN
Four Tet
E tu? Tu saresti Burial? Live non porta nulla del suo giochetto sono non sono Burial, non una fascinazione delle sue, non un brano anche solo in 2 step (che obbligatorio non è, ci mancherebbe, però…). Si piega al volere di una piazza particolare come quella di Roma che vuole solo che si spacchi e suona il suo compitino precisino e francamente noioso anche se ben fatto. Non convince, anzi delude e non è la prima volta.
Le defezioni
Un peccato quella di Saint Pepsi, pagliaccesca quella di Actress che pacca a pomeriggio già iniziato e non c’entrano nulla gli organizzatori e il povero Andrea Esu che ci mette la faccia sempre e comunque e stampa a tempo di record un triste cartello per annunciare la defezione.
Cari “artisti”, se avete le vostre cose e chissene dell’Italia, non ci venite. Ne abbiamo di più bravi e più professionali a pochi km. Si scelgano questi.
Varie ed eventuali per cui questo festival sarà indimenticabile
Il boss di dlso che fa la trottola anche lui per non perdersi nulla e rischia di perdersi tutto perché non gli regge (dilettante, t’insegna Mirketto tuo). Lo stare in transenna e conoscere tutti e vedere di tutto: le tipe che si auto ipnotizzano per non vomitare dopo che si sono bevute Tevere e affluenti; le hipster annoiate che non conoscono nessuno della line up, ma che vengono con turbante in testa perché bisogna esserci─fa nulla se dici loro che quello che sta suonando è Jon Hopkins mentre c’è ancora Om Unit e loro ci credono; i buttafuori provoloni che ti lasciano fumare basta che non rompi i coglioni; le luci da festival rock; i visual che ti mandano ammale; la terrazza dove vai a far vedere che ci sei; quelli che limonano come non ci fosse un domani e un senso di gioia che ti fa subito andare a vedere quando lo spring tornerà l’anno prossimo.