“Plants are a part of nature, but walls are a part of culture.
They provide us with an artificial protection from the eyes of the world. Inside, they conceal what we’re hiding; outside, what we’d like to see.
Which probably explains this odd habit we have of trimming our hedges just like we cut stone or cast reinforced concrete.”
Sto in piedi al centro sella stanza, ho questa canottiera senza le spalline che scende morbida, il vento fresco che entra dalla finestra spalancata mi fa il solletico e la pelle diventa tutta a puntini come le arance o i mandarini. Mi guardi con quegli occhi grandi di chi vorrebbe veder volare via la maglietta con la corrente, di chi non si accontenta di gustarsi solo le ossa sotto il collo e poi stop, fermo. Respiri forte che si sente fino a qui, tra il rumore dei grilli d’estate. Penso alla striscia blu in alto sul vetro della macchina, alle tende della doccia e a tutte le cose che ne coprono altre. Mi sento come una casa di Alexandra Davy, con la siepe davanti, puoi vedermi solo il tetto e contare quante tortore ci hanno fatto il nido. Sono coperta soltanto da una linea verde. Segui il profilo della grondaia come segui i miei capelli che cadono sulle spalle, pelle. Ti siedi e aspetti che arrivi l’autunno, le foglie diventeranno gialle e poi marroni e poi saranno tutte a terra e ci sarà spazio tra i rami per guardarmi dentro.