Oggi voglio raccontarvi una favola.
Nel 1996, nove mesi prima che la battaglia tra East Cost e West Coast culminasse con l’assassinio di Christopher George Latore Wallace III, meglio noto come The Notorious B.I.G., usciva un album che avrebbe cambiato la storia del rap americano ricevendo il disco di platino e proiettando nell’olimpo della scena East, al solo debutto, Shawn Carter.
Il suo titolo era Reasonable Doubt.
In quello stesso periodo stava emergendo dalla cittadina di Houston un gruppo di ragazze nato dalle ceneri delle Girl’s Tyme, sestetto che aveva lanciato una giovanissima Beyoncé all’interno del programma televisivo Star Search. Il neonato trio prendeva il nome di Destiny’s Child e debutterà più avanti insieme a Wyclef Jean con No No No.
Tra le pagine di queste storie personali, tuttavia comuni guardando la carriera di molti artisti americani, si comincia però ad annidare una storia d’amore che cambierà i successivi 15 anni della musica pop. Beyoncé e Jay Z sono dapprima amici e poi fidanzati, da quando consegnano al mondo la loro personalissima versione di Bonnie e Clyde. Ma facciamo un salto temporale ampissimo e spostiamoci dritti nel 2014, e precisamente ad appena qualche giorno fa.
A dispetto di tutti i rumors che vedevano la coppia sull’orlo di una crisi coniugale infarcita di starlette e tradimenti, Jay e Bey portano a termine la scorsa domenica, dopo 21 date, l’On The Run Tour nella magnifica cornice dello Stade de France. Per chi non conoscesse bene la città di Parigi, lo stadio è situato nella banlieu nord, all’altezza di Saint Denis, dove si è storicamente formata la scena Hip Hop del capoluogo francese. Il concerto apre con oltre 60 minuti di ritardo rispetto all’orario segnato in cartellone e l’attesa diventa sempre più febbrile.
L’arrivo del duo è annunciato da un claim tanto banale quanto efficace, che troverà poi una soluzione alla fine dello show: THIS IS NOT REAL LIFE. Tra le immagini in bianco e nero della coppia che scappa a bordo di una Pointiac GTO, cominciano le prime note di All i need is me and my girlfriend, seguite a ruota da Crazy in Love. Una dichiarazione d’intenti che è la quadratura di un cerchio tratteggiato già molti anni prima, nonché apertura di uno dei concerti più emozionanti a cui abbia mai assistito nella vita.
Se in un primo momento la scena sembra dominata da Jay Z, che ha in canna le cartucce di Niggas in Paris, Clique e 99 Problems, verso la metà dello show l’attenzione è tutta su Beyoncé. All The Single Ladies, Love On Top, una versione mozzafiato di Partition ballata live invece che cantata. Cambi d’abito continui che passano da completi di jeans firmati Nicola Formichetti alle greche oro di Versace, passando per il pizzo nuziale confezionato dall’atelier del debuttante Michael Costello. Ma il vero colpo di scena è l’arrivo di Nicki Minaj: le due bad girl si contendono lo scettro sulle note di Flawless, dimostrando come la perfezione di cui parla la canzone possa prendere forme differenti e diversamente belle.
Segue un momento in cui si rincorrono Bang Bang di Dalida e i The XX, per poi culminare in un arrangiamento live di Holy Grail: Beyoncé sostituisce il falsetto di Justin Timberlake, Jay Z incalza con Momma please just get my bail I know nobody to blame mentre i Nirvana fanno il resto. L’alchimia è palpabile, è un’intesa d’amore che si esprime in versi.
Sul finale la coppia non sorprende, eppure abbaglia: completamente bardata in una bandiera americana in b/w, Queen B intona Forever Young side by side col marito. Nonostante non abbia mai trovato la cover degli Alphaville particolarmente felice, in quella cornice tutto assume un senso: la traccia è accompagnata da immagini rubate dal loro album di famiglia. Viaggi in paesi neanche troppo lontani, la fatica di un parto, i riccioli di una testolina nera che fa le flessioni sulla schiena del padre, e una sola, banalissima conclusione che troneggia sui mega schermi: THIS IS REAL LIFE.
Lo show di Mr e Mrs Carter non è solo uno spettacolo che vale tutti i soldi del biglietto, è la fiaba contemporanea per eccellenza su cui nel 1997 nessuno avrebbe osato scommettere: è la storia di Oscar Pistorious senza il finale triste, è la storia di Whitney Houston senza la droga, è quella di Diana senza l’incidente in auto. È una parabola fatta di fortuna, di talento, di costanza, di prudenza e di intuito: non sempre l’eccesso è la chiave, a volte celebrare il “normale” e renderlo spettacolare è il messaggio che apre tutte le porte.
Die in Love e Live Forever: che stacchino pure gli strumenti sul palcoscenico, il vero spettacolo di Jay Z e Beyoncé è quanto di più lontano da Bonnie e Clyde la musica americana abbia mai concepito.