Il 25 settembre esce “Nobody Gets A Reprieve“, album di esordio di Morning Tea, ossia il progetto solista di Mattia Frenna (ex chitarrista dei Motel 20099). Il disco, che esce per la neonata etichetta Sherpa Records, verrà presentato ufficialmente proprio giovedì 25 al Circolo Culturale Ohibò di Milano (in una serata speciale che vedrà sul palco anche gli Edwood e gli inglesi Matinèe).
Siamo rimasti così colpiti da questo gioiellino folk-pop, registrato all’HM Studio di Milano da Simone Sproccati e mixato al Tempel Studio di Berlino da Matteo Cantaluppi, da chiedere a Mattia di raccontarcelo. Questo il risultato:
PREMESSA: Tutti i temi che tratto in questo disco sono molto personali ma credo al tempo stesso universali, propri di ognuno. Sono problematiche che valicano i confini delle classi sociali, che non guardano in faccia al ricco o al povero, che non risparmiano i vertici. Ho voluto chiamarlo ‘Nobody gets a reprieve’ perché da queste tematiche non si scappa, a nessuno è concessa una tregua e nessuno la otterrà mai. Non mi dilungherò raccontando aneddoti particolari (sia fatta eccezione per la traccia d’apertura ‘Peckinpah’ nella quale mi sembra necessario) perché a me per primo il gossip annoia da morire, cercherò più che altro di parafrasare i testi, di far arrivare i concetti cardine.
1. PECKINPAH – Peckinpah, la traccia d’apertura di ‘Nobody Gets A Reprieve’, un titolo particolare che si porta dietro una storiella. Quando suonavo nei Motel 20099 avevo iniziato un progetto parallelo chiamato ‘Nana Kids’ con Marco, il cantante dei Motel. In effetti il progetto non fu mai niente di più di un progetto da cameretta, due amici che si incontravano per scrivere e cantare qualche pezzo, senza pretese, ‘Peckinpah’ era uno di questi. Io come al solito mi presentai con il pezzo e lo canticchiai utilizzando il solito Na na na (da qui Nana Kids), Marco pensò al testo (in italiano). L’ho sempre reputato un ottimo pezzo, semplice, coinvolgente e mi piaceva tantissimo la frase di chiusura del ritornello: “Pura violenza al ralenti, come nei film di Peckinpah”, così un annetto fa ho deciso di riscrivere il testo in inglese per riadattarlo e renderlo funzionale a Morning Tea. Nella mia versione parlo di una storia che non funziona ma che si trascina per inerzia, per paura, per ostinazione, ‘pura violenza’ appunto, verso se stessi e verso l’altro, ecco perché ho deciso di mantenere il titolo che mi sembrava calzante anche se un po’ ermetico.
2. GREY EYES – Un giro di chitarra ossessivo per un testo davvero oscuro. Di solito quando scrivo un pezzo parto da un canovaccio armonico/melodico più o meno definito, spesso il testo lo scrivo mesi dopo aver buttato giù questo canovaccio e a volte capita che testo e musica non riescano ad esprimere le stesse identiche sensazioni. Non è stato così per Grey Eyes. Doveva essere un momento di vero sconforto, dall’inizio alla fine non faccio altro che raccontare di un circolo vizioso del pensiero, dell’instabilità di quel periodo e di quanto tutto sembrasse non avere soluzione di continuità…il “riff” continuo, martellante, ne è la rappresentazione sonora. Il titolo infine è qualcosa di molto, molto personale, una condizione di sopraffazione totale che porta ad avere una sorta di filtro davanti agli occhi e rende opaco tutto quello che c’è intorno.
3. LAST NIGHT – Una riflessione romantica, su come tutto sia casuale, inaspettato…o forse no…Il pezzo si apre con la descrizione di un sentimento di mancanza, non necessariamente fisica: “last night I was alone in the bed, your cold side said that you were not there”. Ho volutamente lasciato a libera interpretazione la seconda frase, “la tua parte fredda” del letto, o “il tuo essere fredda”, mi piacevano entrambe. Mentre nelle strofe il punto di vista è molto personale nel ritornello diventa tutto più generale, riflettevo sul fatto che anche avendo obiettivi, impegni, scadenze, la casualità è parte integrante delle nostre vite, e ci ritroviamo quotidianamente a vagare come biglie impazzite, a scontrarci, a creare grovigli, e a volte, in qualche modo, a fare dei nodi che non slegheremo mai più.
4. THE FREE WORLD – The Free World è una provocazione, volevo che ogni singola frase suonasse come uno slogan. Racconta di una società feroce, competitiva, dove la felicità viene spesso sostituita con qualche oggetto e ci si rende conto dopo anni e anni che le cose belle, quelle davvero importanti, sono gratis. E’ il perdere di vista l’obiettivo, essere parte di una macchina, è il pensare che tutto quello che non dà profitto sia inutile, è l’illusione di essere liberi e anticonformisti, questo è “il mondo libero”.
5. A PLACE LIKE HOME – Questo è uno dei testi più “leggeri”, parla del fatto che tutto cambia e oggi come oggi mi vien da dire meno male! Quando l’ho scritto però avevo una visione un po’ più malinconica della cosa, basta citare il ritornello per riassumere il concetto cardine: “But I know your leaves will lose their colour, but I know what I wish will fade tomorrow”, so che le tue foglie (l’albero è nel brano l’entità in cambiamento) perderanno il loro colore, so che ciò che desidero svanirà domani. Un concetto forse banale ma sicuramente universale, un sentimento che provano tutti alla fine.
6. IT’S NOT TOO LATE – Anche a me, a volte, capita di essere positivo. It’s not too late l’ho scritta in uno di quei momenti lì, c’è della malinconia, ricorre il sentimento di instabilità che ha caratterizzato gli ultimi anni della mia vita (e che mi sembra mai come adesso un sentimento davvero comune), ma c’è anche un po’ di speranza, diciamo la consapevolezza che per strappare la pagina ed iniziare da capo la storia “non è mai troppo tardi”.
7. TO ALEX – Alex è una ragazza, Alexandra per l’esattezza, non è italiana. C’è stato un periodo in cui eravamo molto vicini pur non essendolo fisicamente e ci siamo sostenuti l’un l’altro. Mi risulta tuttora difficile comprendere certe dinamiche che portano due persone ad avvicinarsi e a creare dei legami di un certo tipo (i grovigli di cui parlo in “last Night” appunto), dinamiche casuali, o forse no, ho voluto mettere nero su bianco in ogni caso.
8. NEON LIGHTS – Neon lights è una specie di sogno, di incubo forse: “where we go we don’t know maybe nowhere, the lights fade away and we’re guided by what we don’t know yet”, dove andiamo non si sa, come non si sa che cosa ci guidi quando le luci si spengono…e poi come finirà? cadremo di nuovo? Il sogno è illuminato da queste luci al neon che improvvisamente i protagonisti si trovano a “navigare” e le loro parole, svaniscono come le nuvolette di condensa che producono ansimando al freddo. Si chiude con un ritornello in cui il narratore risponde, dicendo semplicemente, “noi sappiamo com’è, lo sappiamo” riferendosi alla sensazione di vuoto, al cadere appunto.
9. ASH IN THE MORNING – Un testo piuttosto convenzionale, non amo in genere la complessità stilistica, non è immediata. In Ash in the morning racconto la rottura tra due persone e quei piccoli gesti, quelle consuetudini che mancano come l’aria quando non ci sono più: “A smile in the morning, brightened my days”, un sorriso al mattino, rischiarava le mie giornate. Chiudo l’ultima strofa chiarendo che quella era storia passata, senza possibilità di ritorno: “you’re walking on a way, before the rain fell down, before, it was my way”, stai seguendo un percorso che, prima che piovesse (in senso metaforico), era anche il mio.
10. IF THERE WAS A START THIS COULD BE THE END – Ho voluto chiudere il disco con questo pezzo a cui tengo molto, diciamo che il titolo mi sembrava particolarmente adatto. Non sempre creare legami è una cosa buona, spesso possono diventare un circolo vizioso, un limite, una costrizione, ci vuole tempo per riflettere, per elaborare la propria situazione, per prendere distanza ed osservare. Al termine di un processo simile ho scritto “if there was a start this could be the end”, “se c’è stato un inizio questa potrebbe essere la fine” appunto. Era un momento in cui ero felice di tutto questo, del traguardo…però rimane comunque una domanda: se c’è stata una scintilla, un qualcosa, ci deve essere stato un motivo, ci deve essere qualcosa da difendere…oggi so cos’è quel qualcosa, è l’affetto che rimane, l’esperienza, è la vita vissuta.
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“NOBODY GETS A REPRIEVE” RELEASE PARTY (GIOVEDì 25 @ CIRCOLO ARCI OHIBO’, MILANO)