In collaborazione con Irene Papa
Tutto inizia con un caleidoscopio.
Te lo ricordi, no? Quel giocattolo a forma di cannocchiale con filtri colorati. Lo puntavi verso la luce, giravi il tubo finale e iniziavi lentamente a fluttuare. I piedi lievitavano dal terreno, eri altrove. Un’altra rotazione ed in modo ipnotico cambiano le forme e i colori, senza mai ripetersi. Un nuovo viaggio. Our Love suona proprio così, un gioco con mille combinazioni e intrecci, di figure e immagini che si sovrappongono, costruite in modo magistrale.
Prendi Can’t Do Without You ad esempio, un brano potenzialmente infinito, un mantra, o forse una supplica (non posso farcela senza te/non posso farcela senza te) che poi esplode, rivelandosi un roller-coaster coloratissimo di synth tutti da sentire a occhi chiusi. Poi arriva la gommosità di Silver e Dive, e il movimento circolare continua implacabile, come un motore che si scalda e poi si apre in danze e si amplifica innalzando e scaldando i cuori.
Ma Our Love è anche una cartolina di viaggio, è un album che sottintende un Greetings From. È una serie di diapositive che ti riportano alla mente momenti precisi di un viaggio insieme che non farete mai più. Come già dimostrava ampiamente il precedente Swim, Caribou predilige una struttura dei brani a moduli o pattern armonici, device artistico che rende ogni episodio dei dischi assolutamente compatto. Ma è nella capacità di levigare e modificare questi moduli la vera maestria del musicista canadese, un’operazione non dissimile al modellare la creta: il tornio ruota, la materia cambia forma, una pressione minima introduce una variazione. Una cosa simile accade al brano omonimo al disco, dove l’iniziale ritmo rilassato si trasforma in percussioni martellanti. Il cambiamento avviene in modo naturale e fluido, intimo e familiare, ma allo stesso tempo inedito.
Allo stesso modo un punto di svolta avviene, impercettibile eppure presente, dopo Second Chance, brano spartiacque, nostalgico e metamorfico sia nella struttura melodica che nei synth, simili a spazzole rotanti. Dicevamo: un punto di svolta. Second Chance ribalta completamente la promessa della title track: negli ultimi 4 brani l’album si ritira, sfugge, si dissolve, si scioglie. La promessa di un amore salvifico ed eterno si trasforma nella consapevolezza di essere umani fugaci ed umorali. Il disco allora decolla, diventa spaziale, oscilla violentemente. Non più caleidoscopio o merry-go-round, con Mars approdiamo alla dimensione più mandalica dell’universo pulsante, fatta solo di pure immagini e simboli, di percezione. Il decollo, infine il ritorno e la discesa – dolorosi come una doccia fredda o un rifiuto, quando ti sembra di andare due giri più lenti degli altri. Back Home è la sofferta chiamata all’ordine, Your Love Will Set You Free una preghiera dettata dalla separazione: dal noi (Our Love) si passa al tu (Your Love), individuale, soggettivo, personale.
Il destino ha due modi per distruggerci, negare i nostri desideri o realizzarli. Caribou ci insegna con Our Love che esiste una terza strada, che è forse anche la peggiore: è la strada dell’incompiutezza, della dedizione, della speranza vuota. Non sapremo mai se lei tornerà a casa o meno, ci è dato solo aspettare e nell’attesa trovare la bellezza.