Ho sempre saltato le introduzioni. Quelle dei romanzi, quelle dei capitoli di storia e quelle delle partite, tutte. Quando cresci però, cominci a renderti conto che le introduzioni sono utili. Ma non per il motivo per cui vengono spacciate, no. Le introduzioni sono utili per garantire contatto con la realtà, sono utili nel loro essere àncora con il mondo, prima di entrare in un universo totalmente diverso: il tema centrale.
L’universo, quantomai parallelo, in cui vi accompagno oggi è quello di un safari notturno, e di tutti i suoni che esso produce. Io mi fermo alla porta, dentro ci sono Andrea Mangia e Stefano Cuzzocrea. Andrea, che dovreste conoscere con il nome di Populous, con quei suoni ci ha fatto un disco, “Night Safari“, che, con meravigliosa banalità, è bello. Stefano è una penna molto raffinata.
Insieme, in un’inedita edizione di DISCO RACCONTATO, vi spiegano l’ultimo lavoro del producer pugliese, da lui definito (in un’intervista a DLSO di qualche tempo fa) “il mio personale modo di interpretare la world music”.
Himalaya reel to reel
Andrea: Un ragazzo scala l’Himalaya solo con un microfono e un registratore a bobina. È l’inizio della scoperta di nuovi scenari, nuovi panorami, nuovi colori.
Stefano: L’intro è come il petting: si sa che il desiderio è quello di restare coinvolti intimamente, ma si inizia prima ad annusarsi e all’essenza ci sia arriva per gradi.
Fall
Andrea: Una pagoda nella foresta.
Stefano: Il confortante rapporto col pop è la porta che si apre, è l’accesso dei sensi in un territorio nuovo che la voce riesce a tramutare in familiare, in casa, ovunque ci si trovi.
Vu
Andrea: Il suono di un rito voodoo nel 2080.
Stefano: L’istinto animale che lega noi alle viscere e la passione al mondo reale, in un moto primordiale che nello schema delle ottave consente di non perdere totalmente la bussola, di restare solo corpo e un po’ d’anima, complici urla che profumano di libido e pura natura.
Dead sea
Andrea: Una spiaggia nera e desolata, il mare liscio come l’olio. Il suono del vuoto, rintocchi di campane e frequenze così basse da non essere quasi udibili.
Stefano: Ed ecco le carezze, il contatto con la dolcezza dei fluidi che ci scorrono dentro, il sillabare suoni dolci, in un contatto tra la contemporaneità e la realtà sospesa di un amore in fieri.
Quad boogie
Andrea: Siamo in Marocco e sulle dune di un deserto illuminato da una luna troppo grande per essere vera c’è un quad che corre senza meta.
Stefano: E finalmente arriva un pezzo tamarro che inficia l’idea di perfezione e mette l’album in una condizione d’imperfezione e umanità, non che suoni poi male ma peggio del resto almeno sì: meglio il legato culturale e sensuale con l’Hyperdub che quello sudaticcio con Major Lazer
Honey
Andrea: Una ragazza cammina in un campo di fiori e si chiede se l’umanità sarebbe veramente a rischio se ci fosse l’estinzione delle api.
Stefano: E torna il romanticismo. Dopo la furia, arriva un soffice rapporto con la realtà e un sussurrare al mondo la voglia di esserne parte.
Agadez
Andrea: Una kasba, Il mercato, un punto d’incontro di commercianti, artigiani e compratori dove non c’è confine tra legale e illegale.
Stefano: Ed ecco il momento più cupo dell’album. Il ritmo della realtà che non riconosce la ragione. Come se certe domande sul poi, sul noi, sul sarà diventassero schegge impazzite, cariche di dubbi dai quali uscire solo dimenticando tutto e muovendo il corpo, lasciando oscillare i pensieri tra i bassi.
Water temple
Andrea: Un sub-woofer in un tempio indiano.
Stefano: Ed in questa danza primordiale torna la lingua madre a scandire versi che affascinano come l’incomprensibile, lo sconosciuto, l’avventura, tra le radio private di Londra e una festa immaginaria, di quelle tanto ambite quanto pericolose, nel terzo mondo.
Brighton pier
Andrea: Due artisti di strada stanno improvvisando con clarinetto e mbira. Le note fluttuano nell’aria, sovrapponendosi al garrito dei gabbiani.
Stefano: Altro momento di riflessione. È una sorta di outro che separa la parte esplicativa del disco e delle sue implicazioni passionali dall’epilogo finale. Un passaggio ulteriore verso la consapevolezza di sé.
Night safari
Andrea: I safari più emozionanti sono quelli notturni, un’esperienza multi-sensoriale. Nell’oscurità della savana i rumori riecheggiano amplificandosi, gli odori sono più intensi e gli animali finalmente liberi di cacciare.
Stefano: Il titolo è un chiaro richiamo agli Air. Ma quanti anni sono passati? Certi amori non vanno via e restano sotto pelle come cicatrici o tatuaggi. Ma il moto adulto del sound riesce a stabilire un contatto con l’evoluzione, come l’uomo con il proprio passato, lasciando che non sia passato invano e che anzi pare abbia reso l’amante ora più che all’altezza della situazione. Questo safari è una rivincita che sconfigge la notte e cavalca vittoriosamente le luci di una nuova alba.
Brasilia
Andrea: A Brasilia sta quasi per albeggiare. Sono seduto su una collina e in lontananza sento ancora le percussioni e i carillon onirici di un carnevale che forse è solo nella mia testa.
Stefano: Brasilia è il sole, il risveglio, quell’attimo di felicità che capita quando si comprende che è tutto vero, che il peggio è passato, che il mondo è grande e che vale la pena viverlo tutto, nella sua meravigliosa e giocosa poesia, come nei percorsi più bui e solitari che ci si lascia alle spalle. Un po’ come l’amore, no?