L’EP degli ZEMAN fu una folgorazione. Ne parlammo qui e siamo ben felici di presentarvi il primo brano appartenente al nuovo disco che uscirà per To Lose La Track. La traccia si chiama “Il momento giusto” ed i ragazzi ce la presentano in questo modo.
“Il momento giusto” è il momento in cui capisci che qualcosa deve cambiare.
Ricordo con esattezza la mattina in cui ho dovuto rinunciare a comprare l’ennesimo personaggio dei Masters. Una decisione quasi forzata: per i miei genitori ormai ero troppo grande. È chiaro che per me aver lasciato la nuova versione di He-Man sullo scaffale del negozio di giocattoli di fiducia sia corrisposto al tragico ingresso nell’età adulta.
Nell’età della consapevolezza, invece, ho fatto il mio tardivo ingresso il 20 luglio 2001. Mia madre piangeva al telefono mentre le sirene e i fumi dei lacrimogeni di Genova saturavano i miei sensi. Ricordo la rabbia di quei giorni, quella contro i black bloc e quella contro lo stato di polizia in cui eravamo capitati. Sicuramente l’abbiamo dimenticata. Ma quella rabbia è l’unica benzina che può alimentare il motore della nostra coscienza, riempito di sabbia da coloro che fanno sì che la nostra gavetta finisca a quarant’anni, se va bene.
Oggi il momento giusto tarda ad arrivare. Dovrebbe essere il momento in cui puoi cominciare a fare progetti per il futuro, quando capisci di poterti prendere responsabilità importanti. Ma qualcuno ha deciso che non è ancora il nostro tempo. È ancora il LORO tempo. Perché LORO, e solo LORO, hanno idea di come funzioni il mondo.
“Il momento giusto” è la terza track di “Fame”, il nostro primo full lenght in uscita a gennaio 2015.
La storia è semplicissima. Non tanto tempo fa in una provincia lontana lontana, uno di noi si è trovato ad inserire un tipico annuncio di lavoro, con un tipico title che suonava bene – ma saziava poco – per conto di una tipica azienda italiana. Dopo pochi minuti oltre trenta persone erano disposte a macinare chilometri per sostenere un colloquio. Perché? La risposta è stata “Fame”. Ecco noi ci sentiamo vicini a quelle persone, o meglio, siamo quelle persone. Nel senso che, sbiadito il ricordo di una coscienza di classe, in questa società che ha la forma di un social network, siamo tutti accomunati dalla costrizione ad agire in base alla molla della fame. Non stiamo parlando di un piatto vuoto. Siamo tutti perennemente a dieta, scattiamo dieci volte la stessa foto e nove volte la censuriamo perché staggarsi è una rottura di palle. Stiamo parlando di una situazione di endemica precarietà e mancanza di orizzonti di lungo periodo, in cui spesso si riesce a programmare solo il prossimo respiro. Si arriva ad avere fame d’aria. Quindi spesso si continua per inerzia su un binario già scritto che almeno ha il pregio di permetterti il lusso di non riflettere. Forse abbiamo scelto di intitolare Fame il nostro primo album proprio perché, in realtà, non la vediamo così nera. Da buoni rivoluzionari da salotto amiamo il lato romantico della fame. Quello che non ti permette di accettare tutto, ti rende irrequieto e irrisolto. Magari ti fa mordere. Perché l’importante è questo: tendere al massimo il guinzaglio e mordere.