Ciao chitarroni, oggi ci facciamo raccontare “Warsaw”, il disco d’esordio del trio milanese The Gluts.
Distorsioni, voci urlate, atmosfere noise, Varsavia e i Joy Division. Non vi dico altro, li lascio parlare.
“Warsaw” e il suo suono sono frutto di momenti passati insieme ad improvvisare, trasportati da emozioni diverse tra loro; è stato registrato a Maggio del 2013 presso lo Shadow Factory Studio (di proprietà di Francesco Vanni e Davide Galli) vicino a Domodossola.
Abbiamo passato una decina di giorni veramente intensi “dispersi” nel nulla delle montagne Ossolane dove abbiamo avuto la fortuna di lavorare con un personaggio del calibro di James Aparicio, GENIUS sotto ogni punto di vista. Dormivamo in una baita fighissima in mezzo alle montagne, dove la prima sera per paura di dare fuoco a tutto (Nicolò per la precisione) ha spento la stufa a pellet rischiando di farci morire congelati durante la notte. Partiti bene insomma.
Le giornate in studio sono state sempre molto intense. Si iniziava presto la mattina intorno alle 9.00 e non si sapeva mai quando si usciva la sera (tendenzialmente non era mai prima delle 22/23). James, che non ama particolarmente il fumo (crediamo gli dia proprio fastidio fisicamente) era circondato da sigarette ed erba ad ogni ora del giorno. Eroico.
Aneddoti a parte, il percorso che ci ha portato a “Warsaw” è stato impegnativo ma allo stesso tempo stimolante. Erano quasi due anni ormai che lavoravamo ai pezzi del disco in sala prove ed eravamo pronti, eccitati e sicuramente anche un po’ impauriti visto che era la prima volta per tutti (o quasi) che si entrava in uno studio a registrare un disco VERO. Fortunatamente però (ma non avevamo alcun dubbio al riguardo) ci siamo ritrovati a confrontarci con persone che sono riuscite a capire dal principio quello che volevamo e ci hanno aiutato a dare a “Warsaw” una dimensione e un suono internazionale, che era la cosa che ci premeva in modo particolare.
Ora, veniamo al disco:
RAG DOLL
È forse il brano che rappresenta al meglio l’intero “Warsaw”. È energico e riflessivo allo stesso tempo, tocca un tema delicato e purtroppo molto attuale. Come tutti i nostri testi si limita a raccontare e probabilmente a sensibilizzare senza fornire risposte. Il bello della musica e della nostra in particolare è che ognuno può avere poi una sua chiave di lettura.
PLEASE BE PATIENT WITH YOUR DAD
ha rischiato di non essere neppure registrata. Pochi giorni prima di entrare in studio avevamo grossi dubbi su questo pezzo. È finita per diventare un videoclip.
THE THING
È la canzone più vecchia contenuta in “Warsaw” e anche quella alla quale siamo più affezionati. Abbiamo lavorato tanto sulla struttura del pezzo ed è stata scritta per una persona che non c’è più.
ICEMAN
Vuole un po’ essere il manifesto della nostra società consumistica e probabilmente del suo fallimento. Una società della quale chiunque fa parte e che finisce per inghiottirti. È la caricatura di un professore di lettere che inizialmente crede veramente in ciò che fa ma che a causa di logiche controverse diventa quasi un automa, dimenticando la passione che lo aveva motivato inizialmente. Un uomo di ghiaccio senza emozioni.
BAD MAN
È un altro disegno della società e della sua tendenza a non dare una seconda chance. È forse la canzone che abbiamo fatto più fatica ad arrangiare in studio. Ci saranno almeno 5 versioni differenti.
DON’T TEASE ME PLEASE
È il classico ritornello a tratti no sense che ossessivamente ti rimbalza in testa alle prove, quando ancora il testo non ha una forma. È stato divertente giocare con le parole in maniera forzata girando intorno a questo frenetico “don’t tease me please”.
ENEMIES
È la canzone più potente del disco e quella con la quale spesso finiamo i nostri live, è un crescendo di sensazioni e momenti. Di certo il pezzo che più di tutti ci piace suonare dal vivo.
VIETNAM
Il classico pezzo che su disco suona e live fa abbastanza cagare. Vuoi perché c’è sempre qualcuno che dimentica la struttura o forse perché James (Aparicio il nostro produttore artistico) ha particolarmente abbondato di post-produzione snaturando un po’ quella che era l’idea di partenza.
DON’T BELIEVE IN FAIRY TALES
Senza dubbio il brano che ci ha impegnati di più sia in studio che a scrivere il testo. Era chiaro si trattasse di una ninna nanna ma era difficile riportare in testo le immagini che trasmetteva. Chiaramente quando la sfida è così difficile si finisce per dare il meglio di sé. È senza ombra di dubbio uno dei nostri brani preferiti, se non il preferito.