Ci sono storie di provincia. A suonare in giro per feste della birra alla ricerca della propria musica. Ci sono storie di provincia, che rimangono chiuse nella propria realtà perché, fare i musicisti costa tanto impegno e porta poche soddisfazioni. Ci sono storie di provincia, con i Palco Numero Cinque protagonisti. Carta Straccia è il primo album ufficiale del gruppo proveniente dal hinterland Bolognese. Un lavoro completo con 11 tracce, che gli ha permesso addirittura di diventare protagonisti di un film.
Ci sono storie di provincia appunto, ma questa è decisamente un’altra musica.
IL PESO DELLA FOLLIA
Pensate all’azione più folle che avreste voluto fare ma che non avete mai osato compiere. Pensate al magone dell’insoddisfazione che montava quando vi siete trattenuti, magari alle unghie che penetravano il palmo di una mano chiusa in un pugno o ai canini che pungolavano una lingua più ardita del nostro buon senso comune. Poi provate a spiegarvi perchè secondo voi fosse qualcosa di così stupido o folle… forse perchè usciva dall’ordinario? Questa canzone è per le gesta istintive, per il presente e non per un calcolo delle conseguenze.. ma soprattutto è per la leggerezza della spensieratezza.
PUNTO DI VISTA
Questa canzone è uscita di getto, vomitata sulla carta come il disagio che provo davanti ai pensieri fissi e immutabili. Che voglia che ho di cambiare, soprattutto mentalità. Ma non voglio programmarla o conquistarla dentro un gioco tanto stretto quanto regolato, mi spiego? Desidero che il mondo, come una caotica forza centripeta, mi scolpisca e chiedo solo di sapere schivare tutto ciò che possa ferire un ragazzo che si rade poco e male.
LA PARABOLA DELLA PALLINA DI CARTA
Non c’è molto da dire. Sono un meteopatico impiantato in un mondo più grigio del canale morto della televisione. Interferenze, come quelle della fantasia col mondo reale. Se l’arte fosse un’azione, credo che sarebbe un urlo. Un urlo che oggi si nasconde nei cassetti. Quante urla possono stare in un cassetto? E in un cestino? Ero stufo di vivere la mia fantasia come uno scheletro da nascondere nell’armadio per evitare che il grigiore lo congeli. Così ho aperto una finestra e ad un sole che non esisteva ne ho immaginato uno artificiale altrettanto capace di scaldare la mia fantasia.
L’INFRAROSSO
Quanto vediamo del mondo che ci circonda? Quanti odori riusciamo a percepire o identificare? Quanti suoni? Quanti colori? È soltanto uno sguardo senza tante pretese di successo su quello che non riesco a vedere ma come si dice: tentar non nuoce!
IL CERCHIO QUADRA
Questo pezzo è sospeso come il suo finale. Come i troppi se e i pochi ma che rendono bellissime le chiacchiere estive, sdraiati su un prato o su una spiaggia. Non parla di molto a dire il vero, ricorda solo di quando ho sospeso una catena di pensieri per una cosa tanto piccola come un bacio inaspettato. La distrazione spesso è la migliore delle medicine e, senza fare attenzione ai percorsi, a volte si può viaggiare più velocemente.
E MI SOLLEVO
Questa canzone si collega al cambio di punti di vista. Ma non è il momento del desiderio o la constatazione del cambio caotico di una prospettiva al centro di questo brano. È il cambio traumatico. È quello che ci fa raccogliere i pezzi di una personalità in frantumi solo per renderci conto che vivendo non faremo altro che romperci migliaia di volte e ricomporre i cocci in un ordine diverso, dalle infinite possibilità.
TI RITROVERAI
Può non sembrare ma sotto sotto sono un ottimista. E questa canzone non è da meno. Roma è un domani indefinito al quale in un modo o nell’altro son convinto che ci arriveremo. Probabilmente non volando come nei sogni dei bambini e, con molte probabilità, anche con qualche rimpianto, ma sicuramente con un sacco di cose da condividere e raccontare.
COMETA D’ACCIAIO
È la canzone di chi è stufo di correre. Di chi non sogna il progresso a tutti i costi e di chi vorrebbe vedere più falchi e meno fusoliere attraversare il cielo. Siamo davvero convinti che tutta questa tecnologia nelle comunicazioni e questa reperibilità 24 ore su 24 abbia giovato alle nostre menti? Speravo che il mito della velocità fosse superato dopo gli anni Venti ma a quanto pare non è così. Opinione personale, nulla di più.
STANCO MORTO
Era obbligatoriamente la canzone che doveva seguire Cometa d’acciaio. La track precedente parla di una corsa insostenibile e questa, invece, di una stanchezza insostenibile. Pura curiosità e semplice caso che le due canzoni si attacchino così bene l’una all’altra, ovvio a parer nostro, ma anche indice di un atmosfera e una sensibilità comune ai membri della band.
NARCISO
Questo è il brano più anziano e, anche se abbiamo cercato di adattarlo all’album, forse si sentono quei due annetti di differenza dagli altri brani. Non parla del mito di Ovidio o del narcisismo. Non normalmente inteso almeno. Non parla di un amore verso se stessi, ma di un’illusione di importanza e superiorità rispetto a quanto ci circonda, che troppo spesso viviamo come qualcosa a nostra disposizione anziché come qualcosa di cui fare parte.
SOGNI
Dunque siamo alla fine. Sarebbe dovuta essere una “ghost track”, ma non lo è stata, quindi non dovrei parlarne e infatti non lo farò.