Evil Moods è il quarto LP dei Movie Star Junkies. Sa d’America, di polvere da sparo e letteratura noir. Di piani stretti in sequenza tra il punk, l’hard rock e il blues. Di liriche epiche in sfide a singolar tenzone.
Facciamocele raccontare qui, track by track.
A PROMISE
È un pezzo scritto a due mani con Vinz. Pensando a quanto se l’è vista brutta un anno fa è sempre molto commovente cantarlo insieme. Anche se dal vivo sbaglio sempre la tonalità e lui si incazza come una bestia.
THREE TIMES LOST
Come nei racconti più neri di Dashiel Hammett il brano è la semplice narrazione di un crimine, in questo caso quello di una donna che torna in città per vendicarsi di un tradimento, e fa fuori il marito la compagna e i figli. Il brano si regge su tre strofe e un cambio di atmosfera finale, senza ritornelli.
PLEASE COME HOME
Uno dei pezzi che preferisco suonare dal vivo. Parla di una persona che mi ha aiutato molto in questi ultimi anni di sfighe. Il ritornello è quasi una preghiera. Come abbiamo fatto in passato per brani altrettanto ossessivi (Dialogue between Zachary Swenson and Timothy Leary e Odissey of Jason) il pezzo è praticamente un unico accordo ripetuto all’infinito.
RISING
L’unica ballata dell’album insieme a In the evening sun è venuta fuori suonando con Caio e Vinz in una delle poche occasioni che abbiamo avuto per incontrarci lo scorso anno. Siamo partiti da un giro di accordi di Vinz e il ritornello è saltato fuori così, come se l’avessimo sempre saputo, forse perché il sentimento di rivalsa in quel momento ci accomunava. Durante il mixaggio a Berlino Maximilian Weissenfelds ha sovrainciso un tappeto di marimba.
JIM THOMPSON
Il brano è dedicato ad uno dei miei scrittori noir preferiti, è un dialogo tra un uomo e una donna, una conversazione sul peccato tipica dei personaggi di Jim ma anche di Jim stesso. I suoi romanzi sono capolavori esistenzialisti e la sua biografia è una delle più incredibli che abbia mai letto. L’arrangiamento di fiati di Claudio Jolowicz, Bastian Duncker e Jason Liebert ovviamente dal vivo non ce l’abbiamo, e il brano ha un sapore quasi hard rock.
A LAP FULL OF HATE
Questo, come la maggior parte dei brani dell’album, è un pezzo pieno di spunti autobiografici. Alla fine ce ne sono capitate talmente tante negli ultimi due anni che drammi e tragedie non abbiam più bisogno di cercarle nei libri. Il testo fa riferimento alla vicenda biblica del sacrificio di Isacco, ma in questo caso il ruolo del padre e quello del figlio sono rovesciati. E’ anche il brano usato per il primo video di questo album, girato da Samuele Gottardello vicino al lago di Garda, in una notte di freddo, vodka e vomito.
IN THE EVENING SUN
È la seconda ballata del disco, e nessuno di noi si ricorda chi la abbia scritta, ma è un pezzo che ci piace molto… Anche in questo caso la struttura si discosta molto dalla forma canzone che avevamo raggiunto in Son of the dust, non ci sono cambi o ritornelli e le strofe si ripetono per tre volte uguali. Il testo è una lunga richiesta d’aiuto.
ALL SORTS OF MISERY
Il brano è un inno alla miseria, in tutte le sue forme. Nella prima strofa un uomo canta il suo dolore per aver perduto l’amore, nella seconda per averlo trovato. La parte strumentale di marimba è sempre di Maximilian Weissenfelds.
RED HARVEST
Brano influenzato da vicende personali e ispirato agli scritti di James Cain, altro grande nume tutelare dell’album per quel che riguarda i testi. E’ anche uno dei brani nuovi più potenti dal vivo. I cori ossessivi nel disco sono di Michele Guglielmi e Tato Filippazzi.
MOVE LIKE TWO GHOSTS
Il testo è ispirato ad una poesia di Dylan Thomas. Come per A Poison Tree di William Blake questa poesia sembrava scritta per essere musicata, la sua metrica è perfetta per questo brano e le sue liriche si fondono perfettamente con le atmosfere dell’album.