Sarà la complicità di Earth. Home. Destroyed di Dream Koala che sto ascoltando mentre scrivo, ma le illustrazioni di Alina Vergnano mi trasmettono un senso di pace nel cuore come pochi altri disegnatori sanno fare. Alina illustra l’introspezione e l’umanità e lascia da parte i mostri della mente. Non importa che superficie le diate, un foglio di carta o un muro di periferia, le sue donne con gli occhi chiusi che ricordano le graphic novel di Marjane Satrapi vivono ovunque.
Come si passano le giornate nel freddo di Göteborg?
Disegnando molto, bevendo grandi tazze di caffè e accendendo candele che rendono il buio fuori un po’ meno ostile.
L’inverno di quassù è perfetto per concentrarsi sul lavoro in studio che per qualche mese diventa un piccolo rifugio accogliente dove ispirazione e creatività prendono davvero il sopravvento.
Marjane Satrapi: quante volte ti hanno paragonato ai suoi lavori e quanto c’è di vero?
Eheh, è vero, è successo diverse volte, ma devo dire che non ho mai capito a fondo il paragone! Cioè, dal punto di vista stilistico ci sono sicuramente degli elementi in comune, come la predilezione per il bianco e nero, il tratto netto e spesso e l’ accento posto sui caratteri femminili, ma le atmosfere, così come la tipologia di personaggi rappresentati, sono completamente diverse.
Inoltre il lavoro di Marjane, che tra l’ altro mi piace molto, è assolutamente narrativo, spesso politico e in generale più vicino al mondo del fumetto e della graphic novel, mentre il mio è più introspettivo e psicologico e principalmente focalizzato sulla creazione dell’ immagine singola, del disegno.
Quando hai imparato la parola thaumatropical? Io l’ho scoperta poco fa, scrivendo questa intervista.
Conoscevo l’esistenza di un oggetto che sulle sue due facce riporta due diverse immagini e che, se fatto girare su se stesso con velocità, ha il potere di far comparire una terza immagine che è il risultato della temporanea sovrapposizione delle prime due… E questo concetto mi affascinava moltissimo.
Mi è tornato in mente quando eravamo sul punto di cercare un nome per il nostro progetto editoriale e a quel punto ho scoperto che qell’oggetto aveva un nome: Taumatropio, in inglese Thaumatrope. Thaumatropical è l’ aggettivo che descrive il questo fenomeno, scientificamente detto persistenza della visione, ma che per me evoca qualcosa di magico più che di scientifico.
Avete delle aspettative economiche su questo progetto?
Thaumatropical è nato come un piccolo ed interessante progetto collaterale alla nostra professione di artisti, creato per approfondire una comune passione per l’hand-craft e per le edizioni limitate, nel loro essere oggetti d’arte accessibili ma allo stesso tempo unici e preziosi, e per essere una potenziale piattaforma per creare i nostri libri e con il tempo iniziare a collaborare con artisti che reputiamo particolarmente intriganti. Non è un idea da guadagni facili e veloci, ma un progetto in crescita e con, speriamo, potenzialità interessanti.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Come mai le tue donne hanno quasi sempre gli occhi chiusi?
In verità ultimamente mi sto trovando a disegnare sempre più donne con gli occhi aperti ma per me gli occhi chiusi rappresentano fondamentalmente un momento di auto-isolamento, introspezione, connessione con se stessi. Ad occhi chiusi ci si guarda dentro, si rivolge l’ attenzione al proprio mondo interiore, quando si aprono entra in gioco il rapporto con il mondo esterno e con le altre persone. E così si spiegano i diversi sguardi che caratterizzano i miei personaggi quando aprono gli occhi, spaesati, sicuri, seri, languidi, a volte un po’ persi.
Sono donne che ti somigliano o rappresentano il tuo esatto contrario?
Mi assomigliano molto credo. Ma in un certo senso vogliono essere anche uno specchio in cui chiunque possa riflettersi e instaurare una specie di dialogo silenzioso, intimo, interpretare a proprio modo uno sguardo o un gesto. Inoltre rappresentano sensazioni mie, ma anche molto umane, nel rapporto con se stessi e con il mondo esterno.
Visivamente parlando, ti infastidiscono le persone con una silhouette abbondante?
Ah, che strana domanda. No, non direi proprio!
Se ti riferisci al fatto che le donne che disegno hanno tendenzialmente una silhouette longilinea è perché al momento non mi interessa tanto rappresentare la specificità fisica degli individui, quanto più quella psicologica.
Rappresento spesso donne perché in quanto donna mi viene più facile dare corpo a una sensazione o ad un idea visualizzandola e facendole prendere forma in un corpo femminile, che spesso effettivamente risulta quasi androgino.
La femminilità è qualcosa che mi interessa più dal punto di vista emotivo in quanto parte di quella stessa sfera emotiva che abbiamo in comune come esseri umani, al di fuori di ogni stereotipo o cosiddetta differenza di genere.
Come funziona la tua relazione lavorativa con Mattia?
Direi che la particolarità di questa relazione lavorativa è il suo essere anche affettiva e siccome condividiamo casa, lavoro, molte idee, gusti e svariati interessi, ci piace arricchire il tutto condividendo anche progetti!
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?