Alessio Mariani è il professore del rap Italiano. Nasce dall’underground più profondo fino a raggiungere la stima di tutti i suoi più acclamati colleghi. Figura cult nell’arte dello storytelling, questo 2014 è riuscito a consacrarlo non solo all’interno di una scena in cui è nato e cresciuto, ma soprattutto fuori, dove non si ascolta solo hip hop e dove le storie vengono prima di tutto. Qualcuno diceva che le parole non dette sono come le parentesi nelle conversazioni, altri invece si innamoravano dei momenti, ma quello che conta, forse, è semplicemente lasciare qualcosa all’interlocutore.
Spiegami la tua ascesa. Dopo anni a gravitare nell’underground più profondo (lo ammetto il termine underground mi ha sempre fatto cagare) ora è arrivata, alla soglia dei 40 anni, una piccola rivincita non trovi?
Sì, effettivamente è così e si tratta certamente di un concorso di fattori. Io ho sempre avuto un grande amore per l’hip hop e per il rap e l’ho sempre declinato in modo molto personale attraversando fasi e soluzioni diverse. Negli ultimi anni forse ho trovato una formula più efficace nell’equilibrio fra il mio gusto e quello degli altri. Fondamentali sono stati i contributi dei miei soci de La Kattiveria e la visibilità offerta dai mezzi che prima non esistevano.
Per chi non lo sapesse, chi è Alessio Mariani, ovvero Murubutu?
Prima di tutto è padre di due figli splendidi poi tante altre cose fra cui un insegnante, un appassionato di narrativa e filosofia, un buon attaccante a biliardino nonché un rapper pedante e prolisso.
Una domanda che rivolgo spesso, soprattutto a interpreti del mondo hip hop è quella sulla separazione fra artista e persona. Tu credi a questa cosa?
È un discorso molto relativo, dipende da chi e come. Per quanto mi riguarda questa separazione non esiste complice anche il fatto che nei testi parlo raramente di me stesso. Penso comunque che in ambito artistico questa separazione sia comprensibile.
Un curioso episodio circa 1 anno fa, ti ha reso protagonista delle cronache, non solo artistico/musicali del nostro paese. Forza Nuova e il comunicato stampa contro di te, come hai reagito? Hai ringraziato per la pubblicità gratuita?
I militanti bolognesi di Forza Nuova sicuramente non volevano essere artefici di tutta la pubblicità che mi hanno fatto con la loro piccola polemica gratuita.
Come mai hai deciso di fare hip hop e non altro? Murubutu è anche musicista o solo poeta in cattedra?
Io ho frequentato l’istituto musicale della mia città per tre anni mentre facevo le scuole medie, ho studiato solfeggio e clarinetto dopodiché gli insegnanti mi hanno consigliato, penso anche giustamente, di smettere. Molti miei compagni di corso sono stati incoraggiati e hanno continuato a studiare. Ora faccio più concerti io che tutti loro messi insieme! …a parte questa provocazione, ho cominciato a fare hip hop perché era un genere che sentivo mio e perché mi dava la possibilità di esprimermi direttamente e immediatamente senza conoscere la musica o uno strumento.
Molti tuoi colleghi, anche più affermati, hanno una forte stima nei tuoi confronti. Come potresti spiegarla?
L’unico merito che penso di avere è di aver voluto dare un approccio letterario al rap, ripulendolo da tutti i cliché e gli stereotipi che lo caratterizzano come musica adolescenziale, senza renderlo per forza cervellotico o criptico. Una complessità fruibile.
Com’è cambiato il mondo hip hop rispetto a quando hai iniziato tu, e soprattutto quanto incide sulle persone nella società contemporanea?
Quando ho cominciato l’hip hop era legato alla politica, ai centri sociali, all’hard-core, inizialmente era un fenomeno molto più circoscritto ma intrinsecamente solidale. Era più impegnato, più sloganistico ma anche più autentico. Oggi è un fenomeno di massa, nel bene e nel male.
Trovi un certo fattore educativo nel rap, figlio di un target comunque molto giovane, soprattutto oggi?
Trovo che il rap abbia una grande potenzialità educativa, per le caratteristiche e la diffusione che ha presso gli adolescenti. Penso che più che mai in questo periodo, gli artisti più esposti abbiano una influenza oggettiva sui ragazzini che li ascoltano e come tali una responsabilità forte. Mi pare che questo fattore venga spesso ignorato o snobbato per fini personali ma penso che tutti ne siano consapevoli.
Della querelle Fedez, inni politici, Fabri Fibra, primo Maggio e in sostanza del rap come messaggio legato a contenuti extra musicali cosa ne pensi?
Molti artisti del mondo musicale si sono sempre espressi anche in senso politico. Se un genere e quindi i suoi artisti sono molto esposti in un determinato periodo è fisiologico che la loro opinione venga più ascoltata quando non richiesta. Il rap non fa la differenza.
Domanda superflua, ma doverosa: che musica ascolti?
Varie cose oltre all’ hip hop: raggae, dance hall, molto cantautorato italiano, musica etnica, metal. Ultimamente ascolto spesso Norah Jones.
Mi ha colpito molto la tua intervista su Rumore e in particolar modo le risposte alla domanda sulle influenze nella scrittura, perché non hai citato alcun artista rap?
Ci sono artisti rap che mi hanno molto influenzato musicalmente (Lou X su tutti) ma nella scrittura guardo a riferimenti più alti.
Murubutu farà rap fino a 60 anni oppure ha già in testa quando lasciare il testimone? E poi, essendo tu abile osservatore hai per caso notato qualcuno che sta seguendo la tua scia?
Penso che in un paio di anni mi estinguerò. Non mi pare ci siano dei proseliti, nel senso di storytellers sistematici o nuovi rappers strettamente narrativi. Tuttavia ci tengo a segnalare il bel progetto di Mauro Marsu “La famiglia Rossi” e le promettenti nuove leve della mia Reggio Emilia.
Progetti imminenti e futuri?
Nel 2015 usciranno i nuovi album solisti dei miei soci: Il Tenente e U.G.O.. Per l’estate uscirà il mio nuovo mixtape che raccoglierà featuring e inediti.