Dicembre, il tempo di guardare dallo specchietto retrovisore i mesi trascorsi e di fare un bilancio dell’anno che sta per concludersi è arrivato. Da qualche giorno DLSO sta tirando le somme dell’intera annata di musica attraverso le classifiche di preferenze redatte dall’assemblea dei suoi collaboratori. Abbiamo anche pensato di farvi una bella sorpresa chiedendo ad una delle firme più talentuose, influenti, e perché no, polarizzanti del giornalismo musicale italiano di raccontarci le proprie impressioni riguardo a quanto ascoltato nel 2014. Per la seconda volta su queste pagine virtuali, e con un certo orgoglio, diamo la parola a Christian Zingales:
Nel 2012, in occasione dell’uscita del tuo libro “Techno” abbiamo avuto la possibilità di intervistarti ed una delle domande che ti feci riguardava la cosiddetta, presunta o meno, “morte” del suddetto genere. A due anni di distanza stiamo vivendo invece quella che viene definita la sua “rinascita”, per lo meno dal punto di vista della sua popolarità. Che ne pensi a proposito?
Proprio un paio di anni fa si vedevano i prodromi di quella che potenzialmente sarebbe potuta essere una rinascita, ma dal mio punto di vista quello che viviamo oggi è un fenomeno effimero, legato al trend e poco alla sostanza. C’è un ritorno a tutto quello che è old-skool, nell’house trovi produttori nuovi che ricalcano i primi suoni di Chicago e New York, sulle prime apprezzi la divertente operazione artigianale, ma quando vedi che si prendono e sono presi sul serio capisci che tempi poco stimolanti viviamo. In ambito techno c’erano stati dei segnali positivi legati soprattutto a pochi nomi, uscite o etichette, ma tutto è rimasto in un limbo, nel mare magnum della frammentazione più irreversibile. Come fenomeno old-skool e quindi espressione storica e linguaggio ancora legato a un’idea di “verità”, c’è grande domanda di techno oggi, ma solo come corredo, per aggiungere una tacca in più a curriculum da hipster, con l’approccio di chi usa brandelli di storia per poter indossare qualcosa di ok. Da qui questo rumore indistinto e generico, molto anonimo in definitiva, che attualmente viene spacciato per techno.
Pensi che gli innesti di attitudini più sperimentali, di sonorità più noisy e cupe, mutuate dall’industrial ad esempio, possano rivitalizzare il genere?
Quando ho visto il filmato di Surgeon, che ha avviato questo filone a metà anni ’90, aprire il live di Lady Gaga, non mi ha colpito la cosa in sé, lei fa pop e lui techno, che male c’è a vederli su uno stesso palco? Certo, Gaga fa pop raffazzonato, all’inizio della carriera un paio di canzoni interessanti e poi non ha avuto tenuta, si è messa a vomitare. Invece Surgeon come produttore ha creato e crea ancora cose di pregio, ma è stato un modello applicato male da tanti, ha un po’ la responsabilità per quell’enfasi timbrica che si sente nelle ultime produzioni techno. C’è un’inarrestabile ondata di bordoni un po’ noise un po’ dub un po’ industrial un po’ ipercompressi un po’ no. Un grigiume. Surgeon è organico a certi ambienti in auge ma nessuno vuole criminalizzarlo, e poi i suoi dischi continuano a distinguersi. Certo, vedendo quel filmato del live viene da pensare “ma che palle questa techno”…
Berlino ed il fenomeno di massa Berghain. Cosa ne pensi?
È qualcosa che comunque porta avanti la baracca, e in definitiva c’è bisogno di un traino, di un meccanismo industriale che spinga la scena avanti, anche se in una direzione imprecisata. Non mi esalta il concetto piuttosto impiegatizio di underground virato brand, sono felice invece perché è un posto che sfama molti artisti che ci vanno a suonare, anche se spesso si tratta di artisti che non fanno felice me con le loro produzioni. Mi è piaciuta molto la Berlino del primo boom a inizio 2000, quando Jochen Schmalbach produceva i Tiefschwarz, c’era un bel fermento creativo e un suono ancora in gara con il tempo.
Vedi con favore uscite discografiche come la ristampa Transllusion su Tresor? Ed in generale le re-releases di classici, meno classici ed oscurità musicali varie?
Dio benedica tutte queste ristampe, soprattutto in un periodo così vuoto di novità. Auspico il proliferare più sfrenato di antologie sul catalogo di questa o quell’etichetta, e ristampe di album fuori catalogo, e in generale tutto quello che porti su CD le infinite meraviglie old-skool sparse su vinile. Non ditelo agli hipster ma il CD è il più bel formato da che esiste la musica incisa.
La scena techno italiana sembra essere in buona salute, andando dalle labels più specializzate che operano su territorio nazionale al fenomeno Stroboscopic Artefacts con base nella già citata Berlino. Per non parlare di realtà non strettamente di genere e di appeal più vasto come i Tale Of Us.
Sì, quelle che citi sono realtà differenti, i Tale Of Us sono su una electro-house, Stroboscopic senz’altro techno. Devo dirti che il 2014 mi ha dato più vibrazioni rispetto all’anno precedente e quello precedente ancora, non è qualcosa legato a un artista o un’etichetta o una scena particolare, e questo da un punto di vista è triste per il solito discorso della frammentazione, che non è un male in sé, ma certo non fa sì che vada a riformarsi qualcosa di solido. E però da un’altra ottica vedo da mille direzioni sganciate l’una dall’altra, e quindi oltre l’Italia e oltre la techno, direi nella dance in generale, tanti segnali di intensità. C’è un grande sfanalare di luci, siamo sempre alla sopravvivenza e però in giro c’è tanta gente che ci crede sul serio, questo si avverte.
Piú in generale, cosa ti ha entusiasmato, o meno, durante l’anno che si sta per concludere?
La cosa che più mi ha entusiasmato quest’anno è “Ex” di Plastikman, album dove Richie Hawtin suona drammatico e attuale più che mai, e fa specie per uno che prima ha fatto la storia e poi è stato in grado di distruggerla, un’emozione aggiunta davanti a un disco che in sé è un capolavoro assoluto e la cosa più autenticamente techno da secoli.
Che te ne è sembrato della hype intorno all’uscita del nuovo Aphex Twin, e soprattutto del disco “Syro” in sé per sé. La montagna ha partorito un topolino?
Sì, com’era successo del resto già nel 2001 con “Drukqs” che era un album tecnico e poco sostanzioso nonostante fosse un doppio, anche “Syro” si disperde in un funambolismo di maniera, in una schizoide instabilità delle strutture che inevitabilmente dopo l’effetto sorpresa diventa stucchevole. È un attimo scadere in uno stanco “lo famo strano” alla Verdone, il rischio è finire candidati al Grammy insieme a Deadmau5. Richard D James è un gigante in virtù di pagine spesso stracapaci di concentrarsi su pochi elementi e sulle atmosfere, non per trick e virtuosismi di cui comunque lo sappiamo maestro.
Il genere house sembra non conoscere crisi. Il suo essere “cinico”, per usare una tua definizione, lo rende resistente ad ogni cambio di stagione e capace di cambiamenti che, se pur minimi, ne fanno qualcosa sempre al passo coi tempi. Anche in questo caso mi piacerebbe sapere ciò che ti ha convinto o deluso nel 2014.
Deluso a inizio anno vedendo come anche il cinismo dell’house rischiasse di venire travolto dall’ondata normalizzatrice dei revivalismi old-skool in carta carbone o ammorbato da generalismi fin troppo generali, poi convinto, alla fine del 2014, dopo aver visto uscire delle trax diverse e perverse e spregiudicate come è buona norma. Insomma, quella mignotta dell’house resisterà anche a questa stagionaccia.
Tu sei anche un grande appassionato di musica italiana. Qui immagino che tu abbia avuto parecchie soddisfazioni. Il ritorno di Franco Battiato per esempio. Ci ho visto giusto? Cos’altro ti ha appassionato?
Quello di Battiato con Pinaxa è uno dei dischi elettronici dell’anno, mentre parlando di canzoni non si può non fare un monumento a Riccardo Sinigallia e Edda, che hanno inciso i loro album “Per tutti” e “Stavolta come mi ammazzerai?” con il sangue, sul serio due artisti di cui l’Italia deve essere orgogliosa.
Per parlare più in particolare del tuo lavoro, nella nostra intervista ci rivelavi di avere in progetto la scrittura di una biografia. A che punto sei con il lavoro e, ci puoi rivelare qualcosa di più a proposito?
La gestazione è diventata biblica per tutto un problema di tempi ed incastri giusti, la biografia piano piano ha mutato pelle in un libro intervista perché ci siamo resi conto che la narrazione aveva un feeling “live” che si sarebbe disperso in forma indiretta, e comunque, a meno non si decida di aggiungere altro al malloppo, dovremmo essere in dirittura di arrivo…
Riguardo al 2015 musicale che sta per arrivare, cosa ti aspetti, o temi, ed invece dall’altra parte cosa ti auguri?
Aspettarsi novità e senso della sorpresa come succedeva quando tutto succedeva forse è troppo, spero però in rinnovata intensità dai tanti cani sciolti che in qualunque genere ancora riescono a fare la differenza.