Francesco Tristano è un musicista fuori dall’ordinario. Prova ne è il fatto che il suo essere virtuoso del pianoforte lo abbia portato sin da giovanissimo ad essere acclamato concertista, compositore e contemporaneamente produttore con una carriera che in parallelo si è sviluppata senza soluzione di continuità e senza timore referenziale nei confronti delle regole sia sui binari della musica classica che su quelli dell’elettronica virata techno. DLSO ha avuto l’onore di intervistarlo brevemente in occasione dell’uscita del suo nuovo EP “Piano, Hats & Stabs” su Get Physical. Ecco il resoconto:
Data la tua carriera diamo per scontato il tuo amore infinito, nato già in giovanissima età, per la musica classica e pianistica. Per questo vorrei chiederti come è nato invece il tuo amore per la musica elettronica e la techno, quando hai cominciato ad interessartene ed in particolare attraverso quali dischi ed artisti?
Credo che “Around The World” dei Daft Punk sia il brano che per primo mi ha intrigato. Era la struttura musicale, il minimalismo, che ho trovato tanto interessante. Ho cercato di capire come funzionasse e per quello ho cominciato ad interessarmi di produzione. Dopo poco ho scoperto la techno di Detroit e credo che sia ancora adesso quella che mi appassiona di più. Il suono dei sintetizzatori comunque mi ha accompagnato da sempre visto che sono cresciuto ascoltando non solo musica classica, e dunque acustica, ma anche musica di artisti come Pink Floyd, Jean Michel Jarre, Weather Report…
In una delle tue interviste hai dichiarato ”La musica classica è morta”, in particolare in relazione alla musica classica contemporanea. Un opinione per altro condivisa anche da altri esperti del genere. Partendo da questa tua affermazione mi piacerebbe sapere come viene visto il tuo non essere convenzionale dagli addetti ai lavori e gli appassionati del genere classico (per usare un termine che anche tu hai usato nella stessa intervista), dall’ “elite”? Hai mai incontrato ostilità?
Quello che intendevo dire è che c’è la vecchia e la nuova maniera di comporre. Ci saranno sempre artisti che comporranno alla vecchia maniera ma prevedo che questa andrà via via scomparendo. Ho visto molti compositori amici miei riconvertirsi alla nuova maniera negli ultimi 15 anni. La differenza è che mentre la vecchia maniera definisce il compositore come un autorità che scrive musica alla sua scrivania, la nuova maniera vede il compositore anche nelle vesti di esecutore attivo e di produttore. Per rispondere alla tua domanda, per quel che mi riguarda non c’è contrapposizione per il semplice motivo che è una cosa che non mi interessa. Lo stesso vale per i famosi confini di genere. Il mio lavoro consiste nello scrivere, produrre ed eseguire musica e non quello di indulgere in esercizi di estetica con il fine dell´auto-esaltazione.
Quale è il tuo lavoro discografico che in ambito classico ha avuto più successo e riconoscimenti? Trovi che la tua voglia di sperimentare venga alla fine premiata da quel tipo di pubblico?
Non sono sicuro, forse dovresti chiederlo al manager dell´etichetta… Comunque credo che “bachCage” (Deutsche Grammophon, 2011) abbia avuto un certo impatto. È stato tra l´altro il primo disco di musica classica prodotto da un artista elettronico, Moritz von Oswald. L’album in sé è stato la prova che c’è ancora spazio per nuove idee e progetti e che il pubblico ne ha bisogno. Non faccio distinzione tra pubblico di livello alto o basso, infatti il pubblico no deve essere mai sottostimato. Forse la musica classica non è morta dopo tutto…
Per quel che riguarda l’apertura mentale dei tuoi ascoltatori, immagino che ci sia più disponibilità da parte di chi ti conosce per i tuoi lavori più vicini all’elettronica a seguirti nei tuoi esperimenti rispetto al pubblico legato tradizionalmente alla classica. Cosa ne pensi a proposito?
Con tutto il dovuto rispetto, tendo a dissentire a riguardo. Ci sono puristi da tutte le parti (anche quelli sono della “vecchia maniera” immagino). Di nuovo, non credo che abbia molta rilevanza categorizzare quando si tratta di differenze tra i tipi di pubblico.
I tuoi arrangiamenti di classici techno come “Strings of Life” sono sicuramente il motivo per cui un pubblico più ampio ha avuto modo di conoscerti ed apprezzarti. Ci potresti raccontare come è nata da parte tua la voglia di confrontarti dal punto di vista pianistico con quel repertorio?
È stato un gesto, una strizzata d´occhio per cosi dire. Non sono interessato nel suonare versioni pianistiche di classici techno per sé. “Strings of Life” è un bellissimo pezzo musicale e la mia versione ha portato un po´di persone a scoprire una label di Parigi nel 2007… e questo è tutto. La musica techno è stata una grande ispirazione per me ed ha trovato la sua via nelle mie composizioni. Si può considerare “Strings of Life” come un mio omaggio al genere.
A questo punto è impossibile non invitarti a raccontarci qualcosa riguardo alle tue collaborazioni con due giganti dell´elettronica come Moritz von Oswald e Carl Craig. Come li hai conosciuti e come hai iniziato a lavorare con loro?
Ho incontrato Carl in un club in Olanda circa quindici anni fa. Un paio di anni dopo ci siamo re-incontrati attraverso un amico comune e dopo poco tempo abbiamo iniziato a collaborare. Lo stesso Carl mi ha presentato Moritz e ci siamo uniti sul palco per la prima volta in occasione del progetto orchestrale Versus.
In questi giorni è in uscita un tuo nuovo EP per la label Get Physical. Cosa ci puoi raccontare a proposito?
È la mia ultima installazione nel mio percorso di ricerca di una simbiosi tra il pianoforte acustico ed i synths sia analogici che digitali ed i sequencers, una serie che ho iniziato nel 2010 con “Idiosynkrasia” (su InFinè). Il processo di produzione ha avuto luogo in diverse città durante un periodo di 9 mesi e sta ancora andando avanti. È anche la mia prima uscita su Get Physical e la cosa mi rende molto felice.
Sarei molto curioso di sapere quali sono stati i tuoi dischi o artisti di elettronica preferiti durante il 2014?
Ho paura di non essere molto al corrente sulle novità. Se ho ascoltato della musica registrata nel 2014 è stata “La Passione di San Matteo” di Johann Sebastian Bach, non esattamente la più nuova delle releases. Vorrei avere più tempo per la nuova musica di altri ma vengo così coinvolto in quello che faccio. Forse non è una buona cosa.
Ci racconti quali sono i tuoi progetti per il 2015?
La mia collaborazione con Edoardo Pietrogrande (anche conosciuto come P41) sta continuando. In arrivo presto ci sono anche un po’ di EP techno. Inoltre siamo in trattative con la Deutsche Grammophon per la realizzazione di un nuovo album pianistico.