Sono tre giorni che ci litigo, tre giorni che ci parliamo poco e ci lanciamo occhiatacce. È arrabbiata e nemmeno ricordo bene il motivo, però so bene che la svolta va cercata in fretta. Tocca accendere una Yankee Candle, preparare una cioccolata, mettere Mark Ronson.
Lei entra in cucina con il suo solito sorrisetto beffardo, guarda la cioccolata e sentenzia: in questa casa ci sono due paraculi: uno sei tu, l’altro sta suonando nello stereo. Mi bacia e si tuffa nella sua cioccolata.
Preambolo finito – ma perché l’hai raccontato?, mi direte voi. E soprattutto perché parli di un disco uscito due settimane fa? Ma è chiaro, Mark Ronson mi ha salvato la vita! Ebbene sì, l’ultimo dei paraculi mi ha letteralmente salvato il culo!
Mark Ronson con Uptown Special è diventato il re di una sfacciataggine piaciona talmente ridondante che è impossibile non adorarlo, inserendosi – ma sarebbe meglio dire “scalando posizioni” -, in una scala piramidale: quella dei paraculi straccia-coulottes, ambito in cui regna incontrastato James Brown. Poco più sotto ci trovi Wonder (presente tra l’altro nel disco di Ronson), Prince, i Daft Punk , Timberlake, Snoop e a scendere decidete voi chi altro.
Gli undici pezzi di Uptown Special sono la manifestazione in salsa funk e pop di intenti ben precisi: seduzione, corteggiamento, conquista. Impossibile resistere ai coretti di chi null’altro ha fatto se non seguire alla lettera la voce del verbo ammaliare già dai tempi di Ooh Wee o producendo una pietra come Valerie con Amy Winehouse. Arrangiamenti deep impact, chitarrina sbarazzina, scale melodiche memorizzabili under the shower e quegli stacchi di batteria fatti apposta per essere mimati da splendide 1.76 cm pronte per il passaggio al trucco alle 19 e 40 di un venerdì sera qualunque in una città altrettanto qualunque. Può valere tutto questo per dare un buon giudizio? E ancora: può valere un pezzo come Daffodils come metro di giudizio su tutto l’album? A parere mio sì. Non parliamo ovviamente di RAM, né tantomeno dei Boards of Canada – sia chiaro – però…perché no?!, ogni tanto il dischetto schiaccia pensieri serve. Per non pensare, per svagarsi, per aumentare il ritmo.
Lo ripeto. Anzi, lo dico proprio a lui: Mark Ronson, paraculone che non sei altro, tu mi hai proprio salvato la vita.