Dopo l’esordio di “Therapeutic Portrait” del 2013, i Platonick Dive tornano con un nuovo album “Overflow” che è quasi terapia d’urto al sound etereo del precedente lavoro. Qui la psichedelia si fa più matura e viscerale, l’ipnosi diventa più marcatamente elettronica e sospende l’attenzione tra echi, riverberi e campionamenti.
Lo ascoltate qui, poi leggete il track by track.
Ricordate che il 19 i Platonick Dive si esibiranno al Periferica #artisact.
SPOKEN NOISE
E’ il primo videoclip estratto da “Overflow” e uno dei primi brani composti per il nuovo album. Questo la dice lunga sull’importanza di questa traccia. Uno dei pezzi che meglio rappresenta il nuovo sound platonico.
PLEASE DANCE SLOWLY
E’ stata concepita per essere una traccia su cui danzare lentamente appunto. Intro sognante, beat cadenzato con interventi vocali della cantante soul Claudia Borghesi a rendere il tutto ancor più appetibile.
Nel finale poi però non abbiamo resistito dal distorcere praticamente tutto: synth, bassi, chitarre.
ABOVE YOU
Primo brano in assoluto del dopo “Therapeutic Portrait”. Volevamo subito dare un segnale forte alle nostre intenzioni, senza perdere di vista l’obiettivo. E così abbiamo iniziato a suonare riff di synth e pianoforte come se fossero chitarre. Abbiamo introdotto arpeggiatori ed effetti che non erano mai stati utilizzati nel debut album. E poi la voce, inserita in entrambe le strofe. Una novità assoluta.
FROM SEATTLE TO BERLIN
Questa è il viaggio all’interno di “Overflow”. Intro electro con ritmo spezzato, synth acidi e arpeggiatori. Poi da metà, l’ingresso di batteria con le chitarre noisy- danzanti a fare da preludio al 4/4 finale. Non a caso il pezzo si intitola così: un vero viaggio fra due città (Seattle e Berlino) che hanno influenzato non poco il sound dei Platonick Dive
UNDERGROUND CONNECTIONS
E’ un brano a cui siamo molto affezionati, poiché conserva un po’ nella melodia e nelle strutture alcuni passaggi di “Therapeutic Portrait”. Anche se qua, l’elettronica è lavorata in maniera differente e i giri di synth e chitarre sono più catchy. Finale “wall of sound”. Quando ci vuole, ci vuole. Poche storie.
HIGH TIDE
E’ la cavalcata del disco, anche se dal “drittone” shoegaze finale non si direbbe. Ma la prima parte del brano è un climax strumentale. Chitarre e synth si incrociano e si rincorrono su unica rotta tracciata dalla batteria, che conduce e alimenta sempre più il fuoco del pezzo.
MIRROR
Vera ballad del disco. Malinconica, sincera, pura. Voce in primo piano, come mai avevamo fatto. Un risultato che ci ha soddisfatto. Un piacevole sforzo emotivo devastante.
GEOMETRIC LACE
Probabilmente una delle tracce che più ameremo fare dal vivo, perché ha un intro sognante e un muro di suono durante l’esplosione. Poi finiamo con la casa dritta, perché nessuno se lo aspetterebbe mai dopo un’esplosione così.
REVERB OVERDOSE
Electro ballad cupa, introspettiva, profonda, deep “underwater” bass. Per una stanza oscura, con candele, fumi ed incensi. O magari per sesso tantrico, sensoriale.
BACKING HOME BOULEVARD
Ispirata da un ritorno verso casa, durante un freddo tramonto primaverile. Il cielo era scuro con contorni rosa-arancio. Come se ci fosse ancora una speranza, qualcosa in cui credere davvero. C’è molta melodia in questo brano, come a volerci riparare da qualcosa. Passi sulla neve sopra la ritmica. E poi c’è Burroughs che parla in sottofondo. Apice.
THE BEST IS YET TO COME
Quando abbiamo iniziato a montare questo pezzo ci siamo detti: “Adesso è il momento di fare un bel po’ di casino”. Cercando di farlo con stile e la giusta concezione con cui secondo noi potrebbe suonare il casino nel 2015. Non abbiamo certo tenuto a freno i distorsori e le saturazioni, ma abbiamo cercato di ricreare le consuete atmosfere platoniche “smanettando” considerevolmente anche sulle apparecchiature elettroniche ed effetti vari.
JET-LAG
La traccia era nata come outro poi è diventata una canzone a tutti gli effetti per dancefloor più esigenti. Deep Abstract Dance.