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Racconti onirici narrati da voci profonde e lontane. Fiabe esoteriche mimate con lo sforzo di chi gesticola in grande senza fare rumore. Filastrocche cantate al buio con il ritmo lento che asseconda la discesa dei sogni. Storie raccontate a tarda notte da una coralità di poeti e prosatori che affascinano i sensi di chi ascolta l’ultima selezione di Late Night Tales.
La favola comincia ogni volta che uno degli artisti più straordinari del momento viene invitato dall’etichetta indipendente Late Night Tales, appunto, a “scavare in profondità nelle proprie collezioni”, ovvero in tutta la musica che in qualche modo ha influenzato il suo approccio alla composizione, per raccogliere i brani più significativi in un album capace di divenire manifesto della cultura e della sensibilità musicale dell’artista stesso. Si è creata così un’incredibile serie che racchiude, sottoforma di sonorità eccezionali, la memoria di grandi compositori contemporanei. La lista dei nomi eccelsi invitati a tenere l’esclusiva lectio magistralis è entusiasmante e comincia con Fila Brazillia, nel 2001; sono poi saliti in cattedra artisti come Groove Armada, Jamiroquai, Four Tet, Air, Arctic Monkeys, Trentemøller, MGMT, Bonobo e tantissimi altri.
È una collezione di sonorità introspettive, dove i battiti sono solitamente quelli leggeri del downtempo e l’atmosfera è intima e assume le tinte desaturate proprie dello stile ambient. È immediato e naturale, dunque, chiamare in causa Jon Hopkins: il genio dell’artista inglese si adatta perfettamente all’essenza pacata e magica della serie, e il suo apporto è meravigliosamente prezioso, dato il vastissimo panorama di generi che lo hanno influenzato. L’album Immunity ha confermato un talento molteplicemente sfaccettato: ha regalato magie con i ritmi intensi della techno come Open Eye Signal e plasmato sogni delicati con melodie leggere come Sun Harmonics; del resto ha avuto un maestro d’eccezione come Brian Eno, e Jon si è rivelato un allievo prodigio.
Per mettere insieme la sua collezione, il compositore britannico ha riscoperto le gemme più pure delle profondità impalpabili della sua memoria, e ha raccolto 21 tracce in un flusso naturale e scorrevole, una sequenza armoniosa di momenti di ipnosi e sogno, legati tra loro da qualche nota di piano o qualche secondo di synth, sempre in un equilibrio perfetto ma continuamente mutevole. È una favola intima, il cui carattere introspettivo è subito definito dal brano di apertura: un inedito di Ben Lukas Boysen (aka Hecq) in cui il pianoforte vaga in una melodia leggera e gentile. Senza compromettere la fluidità narrativa entrano le nenie psichedeliche dei Darkstar, che annunciano la tensione del sample di Grace Jones, presente in Yr Love di Holy Ghost. La mente viaggia, sostando in una pagoda insieme a Teebs e attraversando la terra di ghiaccio con Jonsi & Alex; nel frattempo un pezzo più marcatamente vocale come I Am Daylights rappresenta un elemento nuovo, che si inserisce senza creare disturbo. I battiti aumentano come in un sussulto con i Letherette: After Down è energia pura, in perfetta sintonia con un irriconoscibile e fascinoso remake di I Remember degli Yeasayer, che è una sorta di quiete dopo la tempesta. L’apice emotivo è raggiunto dall’incontro sublime tra la voce e la chitarra di Alela Diane in Lady Divine; con un sibilo e un canto di bambino si accede alla dimensione spirituale di Four Tet. Passando per il ritmo sostenuto del remix che Gold Panda fa di Before Tigers degli Health ci si avvicina alla fine, dove i battiti rallentano fino a raggiungere la stasi. Come da tradizione la chiusura consiste in un brano recitato: dopo una serie di nomi autorevoli, tra i quali ad esempio Benedict Cumberbatch (per Friendly Fires, Django Django, Royksopp e Bonobo), questa volta la voce è di Rick Holland, storico collaboratore di Eno, che mette il punto definitivo alla favolosa narrazione.[/column]
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Il background di Hopkins è certamente vastissimo, ma questa raccolta ne delinea qualche tratto fondamentale: è innegabile la sua affinità elettiva con il pianoforte, che è capace di unire ai suoni sintetici con sorprendente naturalezza; inoltre lavorando sulla memoria dei sensi l’artista mostra di trarre maggiore ispirazione da alcune etichette discografiche particolarmente di spicco: su tutte Erased Tapes, con Nihls Frahm, Peter Broderick e A Winged Victory For The Sullen, e Warp, con Bibio e Darkstar, ma che annovera nel proprio carnet anche i signori Eno e Holland.
A far da cornice a questo morbido lavoro sono le bellissime parole firmate da Bill Brewster (dj, è anche uno dei due autori del libro Last Night A Dj Saved My Life), che paragona l’opera di Hopkins ad una requiem, “magari in un posto a metà tra l’inferno, il paradiso e l’acqua alta”, ma anche ad un viaggio attraverso gli stati più effimeri della coscienza, che si possono raggiungere semplicemente stendendosi su un materasso soffice e lasciandosi trasportare dalla musica.
Esistono molte altre parole in cui potersi perdere per esprimere tutta l’ammirazione per l’opera e tutta la stima per l’artista, ma l’idea che persiste è una: questo album è una meraviglia, un sogno, un’innegabile capolavoro del suo genere.[/column]
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