“Kanye Omari West.”
Mesi fa rispose così Velous, producer di All Day legato alla Coke Boys di French Montana, quando gli domandarono se il nuovo pezzo appartenesse più al Kanye di Yeezus o al Ye di Late Registration. Ed è così. La performance della scorsa notte ai BRIT Awards è l’ennesima prova della contraddittoria, controversa superiorità di un artista che sa sempre quello che sta facendo. Talento sui generis e fama soffocante lo rendono più personaggio che persona. Unica soluzione, ovviamente, l’ipercreatività. In un mese, ha lavorato con Big Sean, Travi$ Scott, Rihanna, Sia e il Paul di quei quattro capelloni di Liverpool. Poi ha presentato la sua collaborazione con Adidas alla NYC Fashion Week, accogliendo con criptica indifferenza la disapprovazione di molti e sorridendo alla carezza di redenzione da parte dell’eterno mentore Ralph Lauren. Dopo aver presentato Wolves sdraiato a terra con Sia e Vic Mensa all’anniversario di SNL -autotune e ululati di tre voci inaspettatamente compatibili su un beat meschino di Cashmere Cat e Sinjin Hawke– ieri è saltato su un tavolo di Nando’s a Londra per permettere a tutti di farsi una “fucking picture” con l’eletto. Chi non l’ha mai fatto, insomma.
Kanye sale sul palco londinese accompagnato da decine di individui, in rigoroso all black everything. Tra le fiamme, alcuni dei nomi più caldi del panorama grime britannico: Novelist e Stormzy ridono per l’adrenalina; a fine strofa Ye lancia addirittura un saluto a Skepta, già introdotto al pianeta pop da Blood Orange e recente collaboratore dell’A$AP Mob.
Chicago e Londra sono distanti, diverse, ma è certo che Yeezy ritrovi nel grime la fame di novità e sincerità che lo ha portato fino a quel tavolo di Nando’s. La produzione è violenta e, neanche a dirlo, moderna: il beat aggressivo di Velous incorpora il prezioso tocco di Kanye, di cui si riconoscono i synth acidi. Yeezy racconta ciò che per lui e per nessun altro è quotidiano, in un testo che ai tempi del primo leak definì “molto più Jay che Kanye, ma qui Jay non c’è”. Può rifarsi uno scurissimo e costosissimo guardaroba invernale a maggio, per poi schernire nel modo più plateale chi cerca di vendere a sei zeri le Nike da lui stesso disegnate. Il ritornello è affidato ad Allan Kingdom, giovane “northern gentleman” sotto l’ala di quel Plain Pat che scoprì Kid Cudi. Affezionato ai riverberi esagerati, è comprensibilmente a suo agio nei suoni giganti di All Day: il suo tono ricorda l’energia di Assassin in I’m In It, e asseconda il disprezzo per il denaro sbraitato sin dal primo verso. Sul palco, ogni oscura presenza si lascia trascinare, compreso Teophilus London, di cui Kanye è stato produttore esecutivo l’anno passato. Negli spalti, l’amichetta Taylor Swift capisce che deve ballare, ma non sa come, mentre Lionel Richie è visibilmente intimorito dagli anni che passano.
Se un uomo che si autoproclama “Walt Disney, Shakespeare e Google tutti in uno” non rappresenta l’era della comunicazione ossessiva nella sua forma più dannatamente sublime, nessuno lo fa. È al posto giusto al momento giusto, tutto il giorno. Se vi capita di cliccare repeat a fine video, non preoccupatevi: significa solo che Yeezy vi ha insegnato bene.