Se Cecilia fosse americana vivrebbe a Los Angeles, se fosse francese a Parigi. Dietro il suo spirito un po’ freakettone e i capelli fulvi, lascia trasparire poco del carattere, ma tantissimo di quello che le piace. Oggi abbiamo deciso di dedicarle una puntata di Passaporto, dopo tante illustrazioni realizzate proprio per DLSO a firma Mistobosco. Se l’è meritata tutta.
Cosa troviamo in un mistobosco?
Normalmente un misto funghi: finferli, porcini, chiodini, a meno che non si tratti di un mistobosco frutta. In quel caso: lamponi, mirtilli, ribes, more e quant’altro. Preferisco la seconda opzione, i funghi non mi piacciono.
È vietato sorridere nelle tue illustrazioni?
Assolutamente no! Anzi, il più delle volte cerco di farle proprio perché le persone vedendole, non dico sorridano, ma almeno trovino un po’ di pace. A me il disegno e la grafica hanno sempre fatto quest’effetto. Se una cosa a livello grafico mi piace mi sento in armonia, se non mi piace mi sento disturbata o non in equilibrio con il resto.
I tuoi riferimenti culturali sono piuttosto eterogenei: spazi da Simone de Beauvoir a Beyoncé senza soluzione di continuità. Sei così aperta in tutto?
Credo di sì. Soprattutto per quanto riguarda la cultura, credo non ci sia niente che debba essere ignorato per posizione presa. Certo non è facile, alcuni temi ci danno fastidio o non ci interessano, io sono la prima a commettere questo brutto errore. La cultura serva a fare qualsiasi cosa, soprattutto ad orientarsi nel mondo.
Sei una delle poche intervistate che illustra per passione e non per mestiere. Potresti cambiare idea in futuro?
Sì, anzi mi piacerebbe molto. Non vorrei specializzarmi solo in un “mestiere”. Mi piace saper fare tante cose, avere più possibilità e mi piacerebbe moltissimo diventasse un lavoro. Sto progettando di illustrare un libro di favole per bambini e di scrivere/disegnare un libro sulla mia famiglia.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Lo leggevi Passaporto prima di iniziare a scrivere per DLSO?
Certo e mi è sempre stato utile. Trovo che sia un ottimo strumento per restare aggiornati sui nuovi illustratori italiani. Personalmente mi ha fatto scoprire tantissimi artisti da cui prendo spunto in continuazione (e che invidio molto).
Il tuo tratto, più che illustrare, suggerisce. Ti indica una strada da percorrere, ma il percorso che farai come osservatore dipende solo da te stesso.
Questo mi fa molto contenta, credo che per qualsiasi “opera d’arte” (passami il termine) ciò che vale sopra ogni altra cosa è il primo giudizio a freddo dell’occhio che lo guarda, dell’orecchio che ascolta. Le tele di Fontana hanno un enorme valore artistico e storico-culturale da tanti punti di vista: questo ce lo spiegano i critici d’arte che hanno le capacità di descrivere ad un occhio acerbo ciò che lui non può vedere. Ma aldilà di questo, rimane una questione soggettiva. L’arte in generale o piace o non piace, ti colpisce subito o non ti colpisce mai.
Se dovessi aggiungere un’ambientazione ai tuoi disegni, da dove partiresti?
Mi piacerebbe essere più capace nel disegnare i paesaggi e le architetture. Comincerei dai luoghi a cui voglio bene e che ricordo con affetto: le case in cui ho vissuto, i posti a cui sono legata per qualche motivo.
Ci sono paure che non ci abbandonano mai, anche crescendo. Qual è la tua?
Credo la paura di dimenticare ed essere dimenticata. In generale la paura di non lasciare anche solo un piccolissimo segno nelle vite di coloro che ho conosciuto. Cerco di assorbire il più possibile dalle persone che conosco, per renderle immortali tramite la mia memoria.
Una volta, anni fa, ho conosciuto un bambino che mi ha insegnato come costruire un aeroplanino di carta. Ogni volta che mi capita di costruire un aeroplanino rendo quel bambino immortale tramite ciò che mi ha insegnato e che lui aveva imparato da qualcun altro.
Mi sento molto legata alle tradizioni intese come insieme di memorie ed usanze trasmesse di generazione in generazione. Tipo la ricetta del risotto della mia nonna.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?