Quando prendo il treno mi siedo accanto al finestrino e, rivolto verso la coda della carrozza, osservo alberi, case e persone allontanarsi lentamente nonostante la velocità. In queste circostanze ho la sensazione che il tempo sia succube e che possa ammaestrare le sensazioni.
Prendo l’8.48 per andare in università, piazzo le cuffie e inizio ad ascoltare uno degli album che aspettavo di più in questo primo trimestre del 2015: l’omonimo dei Future Brown (ossia Fatima Al-Qadiri, J-Cush, Asma Maroof e Daniel Pineda) che in mattinate fredde e post-pioggia risulta perfetto da ascoltare, come la stessa copertina creata da DIS magazine suggerisce.
Pigio play e parte subito Room 302: i bassi vibrano come quando il treno entra in galleria, Tink parla chiaro e ride di te; stesso discorso per Wanna Party che a suon di campane e risate maliziose ti lascia in bilico tra emozioni contrastanti ed intrecciate, trainate dalle ben strutturate rime rap su layer R’n’B. Da Talkin Bandz a Vernaculo le danze sono spedite e supportate dagli evidenti stilemi del basket, per poi spegnersi lentamente nella traccia più R’n’B del disco, Dangerzone. Qui la presenza algida di Fatima Al-Qadiri appare come una manna dal cielo. In più mi rendo conto che a questo connubio di emozioni si aggiunge poco a poco una nuova variabile: con la coda dell’occhio noto gli alberi sfrecciare e il tronco nudo che si alterna a scorci panoramici sulle Alpi innevate che ricollego immediatamente ai momenti dark alternati a quelli più luminosi del disco; il sole è sorto e siccome la luce accecante fa da teatro per i fosfeni, decido di continuare ad ascoltare il disco a casa.
La seconda parte del disco decido di ascoltarla mentre gioco a Pokemon rosso: mi trovo a Lavandonia e mi sembra che l’ambiente combaci perfettamente con la visione che ho di Speng e Abestos. Viola dalla colonna sonora essenzialmente triste che si intreccia egregiamente con la superficie percorribile nel gioco. Inoltre c’è la torre.
Diapositiva visione
Ogni piano della torre è morfologicamente uguale ma ognuno con storie diverse. Rap (MVP), rhythm and blues (Killing Time, MVP ancora), grime (le sopracitate Speng e Abestos), che salendo portano ad una traccia di chiusura, la vetta della torre, Wanna Party, che apre a suon di campane e risate malefiche della sempre brava Tink. Il featuring di quest’ultima è stato a mio parere fondamentale, anche se penso che gli altri non siano da meno: DJ Victoriouz ed il suo ben noto “sad autotune”, Shawnna con le sue rime penetranti e Kelela in Dangerzone in primis.
È musica che ti prepara al campo da gioco, non importa che tu stia andando ai playoff o allo schoolyard con i tuoi soci. Gli spunti dell’album sono diversi e l’impresa di fare incontrare world music e stile black è stata sfiorata, ma non raggiunta. Pur essendo impossibile, questo disco rimarrà la prova più riuscita. Nel disco si percepiscono diverse falle stilistiche, parzialmente nascoste dalla disposizione omogenea delle 11 tracce.
Ascoltalo in streaming, rigorosamente sudando.