La metafisica applicata alla musica nel senso più diretto e letterale con uno sguardo a un futuro che sa tremendamente di fantasia. Another Eternity, il secondo lavoro dei Purity Ring, gode di una costruzione salgariana e fantasy applicata all’anatomia dei corpi, all’incedere delle metafore al rincorrere le fughe mentali di amori distratti.
Megan ─qui leggi l’intervista─ costruisce per quest’album un mondo fantastico e dalle quattro mura di una stanza immagina paesaggi, vaste pianure, che altro non sono che spazi mentali in cui arare i teoremi del se. La creazione è mirata a dare risposte sensate a chi all’amore ha preferito il silenzio e talvolta la fuga, trasfigurando la realtà dell’insicurezza in una metafisica fatta di sangue che pulsa e fuoriesce a prendere ancora più vita, ossa leggere e nervi vibranti per descrivere situazioni di vita vissuta quanto mai reali. A tutto questo aggiunge animali fantastici, incendi, esplosioni solari (il bellissimo testo di Begin Again) per incidere e incedere la sofferenza di una donna sicura, forte e pronta all’eternità permanente nello scontro con l’ormai delineata insicurezza di un uomo che nei quaranta minuti scarsi di questo disco appare come insicuro, sfuggente, immaturo, bisognoso di un tumulto nel cielo e nel corpo per riscoprire l’eternità dell’amore.
A difesa di questo mondo fragile, fragilissimo perché basato più sui sogni che su confini reali, il socio costruisce un anello protettivo fatto di energia e ritmo in salire.
Un anello netto, distinto, forte, fatto di wonky, acquacrunk come ai tempi di Glass Sword. Un ritorno energico alla witch house più classica cui aggiunge intelligenti riletture dei versetti satanici dell’edm fatte sempre senza scendere a nessun patto con i demoni moderni che affollano le chart di Dj Mag.
Le percussioni, gli snare più che i kick, sottolineano teatralmente ogni azione e movimento di Megan all’interno del mondo descritto prima. I synth sono profondi e pomposi e si muovono nella moralità delle parole cantate cui fanno da spinta e da sostegno.
L’album è un percorso in salita, affrontata con passo coscienzioso, studiato e preciso, una discussione costruttiva che via via si fa più viva, tanto nell’analisi dei sentimenti che esce dai testi, tanto nel crescere della musica che li accompagna, si parte piano con Heartsigh che è quasi una coccola fatta a catturare l’attenzione, si prosegue salendo sempre in una continua escalation emozionale tra Begin Again, Repetition e Dust Hymn in cui l’album raggiunge il suo apice, per finire con la promessa di un amore fisico e carnale che esce da Stillness in Woe.
E’ un buon lavoro questo dei Purity Ring, una seconda prova superata con studio e maturità e creata senza la fretta del voler fare o dire cose sparando nel mucchio. Chi li voleva spaesati e sognanti forse si sentirà inizialmente smarrito davanti ad Another Eternity, dove l’altra eternità non è altro che una presa di coscienza e un atto di forza per affrontare il day by day. Rimangono i sogni fatti con meno nebbia e colori più vivaci. Venderà tantissimo, piacerà tantissimo, i sogni però, si sa, sono materia volubile e entro fine anno (chissà) potrebbero essere già dimenticati. Non è un male assolutamente, anzi la primavera è alle porte e sarà carica di emozioni. Qualora servisse una buona colonna sonora per viverle o scatenarle, questo potrebbe essere il disco giusto.