Cosa si può chiedere al proprio artista preferito oltre ad augurarsi che incida bei dischi?
Forse nulla se non fosse che questa mezza giornata passata con Nach mi abbia fatto riflettere sul ruolo dell’artista e del rapper nei confronti di chi lo segue e di ciò che lo stesso restituisce a chi gli ha permesso di essere degno di questa definizione. Mi trovo a Valencia, precisamente in uno dei negozi della catena spagnola El Corte Ingles che in questa bella giornata di inizio marzo è popolata da cappellini New Era, in fila da ore e da ragazzi di tutte le età che aspettano con ansia di trascorrere due minuti con il proprio artista preferito, duranti i quali sarà possibile farsi firmare il disco e scattare una foto con il mito di una vita.
Non sono ancora sicuro che l’intervista vada in porto. Mi lascio scoraggiare dalla fila interminabile e dal nervosismo che mi sta travolgendo. Non ho ancora avuto modo di ascoltare il disco, uscito soltanto 24 ore prima ma mentre inganno l’attesa cerco di prestare attenzione ai primi pezzi mandati on air all’interno della libreria che lo ospita. Dopo circa mezz’ora mi presento al suo socio e storico manager con cui comincio a chiacchierare di DLSO, di come abbia scoperto la musica di Nach, di quanto sia stata d’impatto nella mia vita e di attestati di stima ricevuti da un certo Tiziano Ferro.
Da una posizione privilegiata osservo attentamente Nach, una stazza da playmaker nato, che è già al lavoro e sta chiacchierando con un paio di fans. Non si scompone neanche per un minuto, saluta tutti con gran sorrisi e abbracci sentiti, mai un secondo di cedimento, mai un atteggiamento di finto interesse. Sempre disposto a fare una o più foto con chiunque e sempre con gran coinvolgimento emotivo da entrambi i lati. Esemplare. Chi si è ritrovato in questi eventi caotici in altre occasioni lo sa; non capita spesso. Un atteggiamento che ritroverò anche durante la nostra breve chiacchierata. Mi sembra di conoscerlo da sempre ed è incredibilmente alla mano; è lui stesso a sciogliere il ghiaccio e a chiedermi di come abbia scoperto la sua musica, se e di quanti in Italia si interessano anche ad altre scene europee.
Al termine di questa estenuante attesa tra l’altro è lui ad avvicinarsi e a presentarsi. Uscendo dal negozio incominciamo a ricordare il progetto Diversidad che nel 2010 lo ha visto collaborare e registrare un intero album con rapper e beatmaker di mezza Europa, tra cui il nostro Luchè (Co’ Sang), il rapper tedesco Curse (ne parlammo qui), Mc Melodee, Cookin Soul, Orselsan etc.
Mentre ci avviamo verso l’uscita, passando attraverso un garage, in una cornice che più hip-hop non si può, comincio a fargli un paio di domande. Lo rassicuro che non andrò a infierire ulteriormente.
Sarai stanco morto…?!
Guarda, io lo faccio con immenso piacere e davvero con tutto il cuore ma è stremante.
ndr: Il manager mi spiega che per la “firma del disco” per accordarsi con la libreria di turno, accettano ad una sola condizione: firmare il disco a tutti coloro che sono intervenuti, anche col rischio di chiudere alle 23:00, altrimenti non se ne fa niente.
Il disco purtroppo non ho ancora avuto modo di ascoltarlo ma leggendo alcuni dei titoli come El Hip Hop que sé, Urbanologìa o Rap Español mi sembra di intuire che vuoi ristabilire l’appartenenza a questo mondo dopo l’esperienza della poesia orale interpretata che alcuni dei tuoi fan, leggendo anche i commenti sulla rete, sembrano non aver apprezzato fino in fondo…
Sostanzialmente è come hai detto tu, però anche perché fondamentalmente è il genere che amo. Allo stesso tempo però è un mondo pieno di contraddizioni come dico in Urbanologìa e El Hip Hop que sé che è una sorta di dichiarazione d’amore per questa cultura. Per carità, tutto il rispetto del mondo per certe polemiche (vecchia/nuova scuola, credibilità etc) però a me non interessano.
Dance Like Shaquille O’Neal, come si intuisce dal moniker, tratta spesso anche di basket. So che tu hai giocato per anni e hai dedicato un pezzo e tante strofe a questa passione. Ti capita ancora di allenarti ? Segui l’NBA, la liga spagnola etc?
Purtroppo per giocare mi rimane pochissimo tempo. Ultimamente mi capita di organizzare qualcosa nei ritagli di tempo con un gruppo di amici con cui mi diverto da anni. Quando tornerò dal tour (in Sud America, ndr) sicuramente ricomincerò a giocare perché è una cosa che mi libera un sacco. Seguo molto la NBA e il basket universitario che in qualche modo pregiudica poi la storia del campionato maggiore e soprattutto la scelta dei rookie che come sai è importante per capire chi arriva e in che maniera arriva.
Cosa stai ascoltando ultimamente ? Anche dischi che non hanno nulla a che vedere col rap…
Negli ultimi mesi, durante la scrittura del disco ho ascoltato un sacco di rap, soprattutto perché mi serviva come ispirazione. Più americano che spagnolo. Soprattutto il rap underground Termanology anche se l’ultimo disco risale a qualche anno fa. N.B.S. che è un gruppo di Boston. Reks che è potentissimo. Apollo Brown…
Mi sembra di capire che un Drake o un Kanye West non siano proprio tra i tuoi preferiti…
No, non mi piacciono molto a dire il vero. Anche roba alla Future non mi fa impazzire anche se ogni tanto mi può capitare di ascoltarla. Poi certo, se parliamo di rap spagnolo il disco di Rapsusklei (Reality Flow, ndr) dello scorso anno era una bomba. Fuori dal rap mi piacciono un sacco di cose, ho ascoltato parecchio in questi ultimi anni Maria Bethania che è una cantautrice brasiliana. Ecco, spesso cose non proprio recenti ma che in qualche modo mi sono rimaste più di tante nuove uscite…
A traves de mi (Attaverso me) è l’ottavo album di Nach. Un lavoro che sembra quasi un best of di inediti in cui l’Mc di Alicante ripercorre le tappe della sua ormai quasi ventennale carriera. Il disco apre con un pianoforte che funge da ponte tra l’esperienza dello slam poetry e il “ritorno” al rap attraverso il mood epico della strumentale di Khaibeat e il crescendo di fotta nel primo singolo estratto, Leyenda.
Si passa dalla critica all’omaggio della scena hip hop spagnola (Rap Español, el Hip Hop que sé) alla critica della stessa (Ellos y yo) fino ad arrivare al manifesto del disco, rappresentato dagli 8 minuti di Urbanologìa. Un crescendo di intensità e di rime incalzanti che dimostrano ancora una volta la sua capacità di trovare sempre nuovi stimoli e nuovi incastri. A far da tappeto un beat post-apocalittico di Baghira con Nach a sciorinare un interminabile flusso di pensieri. Un classico della sua discografia.
L’atmosfera malinconica e molto personale di Abrazate, Gratis e Viviendo evidenziano ancora una volta l’umanità di questo ragazzo che non ha paura di scavare dentro di sé e di mostrare sempre la sua vera faccia, senza bisogno di alter ego e caricature. Una scrittura più da cantautore che da rapper, ma con la tecnica e la poesia di un vero liricista.
Riesce a non risultare fuori contesto neanche in un pezzo come Anticuerpos in cui critica lo stile alimentare nella nostra società o Poesia de Guerra in cui si prende il rischio di passare da demagogo con una serie di nomi e invettive contro il sistema politico spagnolo.
Complessivamente un modo di concepire il rap un po’ datato ma sempre coerente. Ha sempre mantenuto uno spessore e una credibilità che lo hanno reso oggi quello che è, ovvero il rapper più popolare e importante del suo paese, riuscendo a crearsi una fan-base anche al di fuori dei confini iberici. Nach non si è mai piegato alle logiche della discografia contemporanea, non ha mai pubblicato un singolo radiofonico e non si è mai adeguato all’evoluzione delle sonorità e del flow.
Un ringraziamento speciale a Fran Cañas, manager di Nach, che ha reso possibile questo incontro e alla disponibilità e l’umanità di Nach aka Ignacio Fornés Olmo.