Dal balcone della mia camera riesco a vedere le montagne. Non so come si chiamino, né in che zona si trovino, so solo che guardando verso il centro quando il cielo è limpido riesco a vederle. Fanno da sfondo a tanti palazzi alti, e ai nuovi grattacieli di Milano. Il risultato è strano, un contrasto quasi surreale, manco fossimo in Giappone.
Uscire presto di casa ultimamente è diventata impresa rara. Con le lezioni che cominciano (quasi) sempre alle 10.30, riesco a svegliarmi alle 9. Questo potrebbe diventare un problema, in particolare per la mia produttività giornaliera.
Mi è capitato di fare strani sogni, in cui sono sempre presenti i miei genitori, anche se le immagini evocate non sono esattamente quelle di un quadretto familiare perfetto e felice. Credo abbia influito anche l’ascolto del nuovo di Sufjan Stevens, e tutto il suo dolore.
Ma il punto è un altro. Il punto è che andando in bici la mattina seguente, mi è venuta in mente la Tunisia e il suo caldo torrido, che mi hanno fatto sudare nonostante il vento algido, benché primaverile della città in cui vivo. Sono stato in Tunisia per 4 volte, senza neanche un apparente motivo, ed i miei ricordi sono inevitabilmente legati alle fastidiose musiche de La Medina, a quelle che vengono sputate dai taxi che sei costretto a prendere, insomma la musica araba da matrimonio che, quando hai 15 anni e vorresti solo tornare sulla nave a fare il filo alla ragazzina che ti piace, ti entra nel cervello in maniera maniacale. Ma il punto della mia gita in bicicletta non è neanche la Tunisia, anzi, si trova a 749 ore di cammino dalla Tunisia secondo Google Maps.
Il punto infatti è Omar Souleyman, siriano, che fa musica che giurerei di non saper distinguere da quella ascoltata oramai 9 anni fa. Il punto è che adesso quella musica sembra piacermi, ed infatti sincronizzo la sua nuova canzone Enssa El Aatab sul mio iPod, e mi incammino.
La giornata è bellissima, d’altronde ve l’avevo detto che non uso mai la bicicletta se piove. Però questa è davvero una magnifica giornata. Il vento forte, forse troppo per girare in bicicletta, ha tirato via tutte le nuvole, protagoniste invece degli scorsi giorni, regalando un tappeto azzurro che puoi scorgere se alzi la testa.
Avendo delle commissioni da sbrigare, mi sono ritrovato ad avere più tempo per ascoltare ciò che mi ero ripromesso, ovverosia Enssa El Aatab, che farà parte del nuovo disco di Omar, che dovrebbe significare qualcosa come “dimentica il peccato”, che è stata prodotta dai Modeselektor. Non saprei dirvi cosa ne penso, e neanche se la distinguerei dal suo precedete album, prodotto da Four Tet. Non saprei neanche dirvi se saprei distinguerlo dalle sue prime cose, quelle che cantava ai matrimoni in Siria e che parlavano, ieri come oggi, di temi scontati, con frasi della profondità di un cantante neomelodico di quelli nuovi.
Eppure piace a me, al mio amico GG, ad alcuni dei migliori producer della scena elettronica europea e mondiale e a tanti festival. Che possa essere davvero solo il grande interesse attorno alla world music a scatenare una reazione del genere? Mentre proseguo il mio percorso, preoccupato di arrivare in ritardo e non portare a termine le mie commissioni, incontro tante persone che classifico come “arabo”. Non sono razzista, mi dico. Saprei distinguere la loro musica da quella di Omar?
La sera precedente ero in Colonne, a cena con il mio ex coinquilino in pausa dall’Erasmus. Mentre passeggiavamo, due ragazzi poco più piccoli di me, arabi (non sono razzista, mi dico) ruttano bevendo birra con la musica che esce dai loro smartphone. E la musica assomiglia tremendamente a Omar Souleyman, potrebbe anche esser il suo nuovo singolo, che il ragazzino arabo ha leakato prima di me.
Per uno strano istinto di superiorità tutto occidentale mi dico che no, non può essere Omar Souleyman. Quella è una roba da esperti. Bianco, occidentale esperto di musica siriana che suona tutta uguale. Rileggendolo, fa più di una piega.
Sono quasi arrivato a destinazione (che nei tristi giorni di preparazione di un esame li legge biblioteca) e avrò ascoltato Enssa El Aataba (ogni volta dura 9 minuti) almeno due volte. Eppure non ho ancora una risposta a quello che credevo di scoprire. Se qualcuno dei miei amici, quelli che non sanno chi è Omar Souleyman, mi chiedesse “Perché ti piace?” io non saprei ancora rispondere. Potrei abbozzare teorie che cominciano dal “Recentemente mi sono interessato alla musica etnica, anche quella etiope è forte” e finiscono nel più banale e insensato “La produzione è una splendida, non senti che melodia?” contraddicendomi perché ascolto qualcosa di cui non capisco una parola, dopo aver decantato per ore e ore digitali l’importanza dei testi, il loro significato, la comunicazione.
Improvvisamente però, mi torna in mente un uomo. Lavora in un locale praticamente sotto casa mia, che la mattina funge da bar, a pranzo e cena da pizzeria/tavola calda, e di fianco ha un kebab, con un unico proprietario. Ci pranzo/ceno spesso, e tra noi si è instaurato quel genere di rapporto che ti fa dire “il solito, grazie”.
Non conosco neanche il suo nome, ma lo rispetto, profondamente. Mi saluta sempre dicendomi ciao caro, e quel viso paffutello mi regala un senso di “casa” che vivendo da solo non sempre riesco ad avere.
Lui è arabo (non sono razzista, mi ripeto). Ho la sensazione che ascoltare Omar Souleyman mi possa in qualche modo avvicinare a lui. Che provare a mescolare oriente e occidente sia bello, oltre che necessario, per sopravvivere in un Mondo che non è più quello di mio padre. Dove il kebab non esisteva, e per ascoltare Omar Souleyman dovevi sposarti in Siria, o andare in viaggio in Tunisia.
Qui puoi leggere la prima puntata, la genesi, di “In bicicletta”.