“Yarn” è il primo full lenght dei romani Departure ave. Arriva dopo l’esordio di “All the Sunset in a Cup” ed è uno scorrere lento di armonie delicate, ninnananne d’ovatta, dondolii onirici che mi fanno pensare alle composizioni zuccherine degli High Llamas o a un più classico Brian Wilson, ma un tantino più elettrico.
Streaming qui, disco raccontato più giù.
Saudade
Prima traccia dell’album, è una lenta seduzione che si articola in tre diversi movimenti: il primo, sommerso e sospeso si risolve naturalmente nel secondo, in cui il clarinetto esplora le suggestioni introdotte dal primo cantato. Lo stesso clarinetto accompagna il brano alla sua conclusione nelle aspre note del finale. La frase con cui si apre il disco è “No more surprised faces”.
Nancy S.
È uno dei primi brani scritti durante le sessioni di “Yarn”, probabilmente quello più in continuità con “All the Sunset in a Cup”. Il suo ostinato incedere psichedelico, specie nella chitarra, ci ha in qualche modo riportato alla mente la musica di Nancy Sinatra, alla quale poi il pezzo è stato dedicato.
Everyday
Un brano rock, scuote con decisione l’ascoltatore tra strofa e ritornello, per ripetersi ciclicamente tramite un crescendo dal ritmo tribale e ossessivo. Tutto ciò si riversa nel contraddittorio finale dalle marcate sonorità pop, quasi a esorcizzare l’irruenza di ciò che lo precede.
Miles D.
È il primo singolo estratto da “Yarn”, frutto della fortunata esperienza con Raffaele Casarano, fantastico sassofonista jazz che vanta collaborazioni da Paolo Fresu ai Buena Vista Social Club. Il brano è una piccola filastrocca sull’accettare i propri limiti: la pigrizia, la distanza dagli altri, la solitudine.
Tokyo Blues
È una canzone d’amore metropolitano che si ispira alle suggestioni di “Norwegian Wood” di Murakami. È un brano arioso ed evocativo, segnato da un velo di malinconia: un incontro anelato ma irrealizzabile.
Nyabinghi
È una jam realizzata immediatamente dopo un ascolto di “Peace and Love” di Dadawah, l’unico brano dell’album a non essere mai stato risuonato per mantenere intatta la spontaneità creativa dell’improvvisazione. Il testo, che nel booklet di “Yarn” è descritto come “casual gibberish”, è una lettura estemporanea del coro delle streghe di “Macbeth”, volume che fortuitamente si trovava nella sala in cui stavamo registrando.
Endo
In un’ipotetica tiratura a vinile sarebbe stato il primo pezzo del lato b. Un brano sullo scrivere un brano, concluso nell’arco di una giornata, è l’ultimo pezzo scritto e registrato durante le sessioni di “Yarn”. La festosa coda del finale è un gesto celebrativo e liberatorio.
Leftover
Il brano più ballabile di “Yarn”. Una graffiante chitarra armonizzata e un tappeto di brass ottantiani si posano su una struttura ritmica di basso e cassa che rasenta la disco-dance.
Listen
Un brano dolcemente pacato, che vive dei leggeri silenzi tra i fraseggi musicali di chitarra e piano e la delicata ritmica trip-hop.
All he Could Hear
Un brano cupo, frutto di una tetra e piovosa giornata primaverile. È la fotografia di un luogo silenzioso e isolato, in cui il protagonista sente solo il proprio respiro e battito cardiaco.
Hollow Box
È uno dei primi brani scritti dopo l’uscita di “All the Sunset in a Cup”, l’unico scritto in una sede diversa da quella dell’incisione del nuovo album ad inserirsi nella tracklist. È forse anche l’unico pezzo di cui sia nato prima il testo della musica. La desolazione di una scatola vuota è lo specchio dell’indolenza giornaliera.
Worship
È un brano dal testo fortemente estetico, la musica gli fa da eco con un incedere ipnotico ed elegante. Chiude semplicemente il disco con “sunrise”